«Hanno sparato per ucciderci:
rischiamo la vita per mille euro»

«Hanno sparato per ucciderci: rischiamo la vita per mille euro»
di Pierpaolo SPADA
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Venerdì 19 Gennaio 2018, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 11:48

«Ho ancora negli occhi quello sguardo gelido che mi fissa dietro il passamontagna e la canna di quel fucile puntata dritta contro di me. Ho pensato davvero che fosse finita».
Attimi di panico, infiniti. Trema ancora la voce dell’agente che li descrive. Poche ore fa, c’era anche lui nel portavalori blindato di Cosmopol assaltato, tra Lecce e Tuturano, da un commando armato, quand’era l’alba. Il blocco, gli spari, le grida, il “vuoto” e le sirene delle volanti. «È stato come in un film», ripete la guardia giurata, ancora agitata, mentre prova a scandire quel frammento temporale di una ordinaria giornata di lavoro che sarebbe potuta costargli caro. «L’assalto è durato cinque minuti, ma cinque minuti lunghi un’eternità. Ho avuto paura, paura di morire, - racconta il vigilantes - perché hanno sparato ad altezza d’uomo, un colpo da una parte e un colpo dall’altra».
Erano in due sul mezzo e lui era seduto al fianco di chi lo guidava. È stata probabilmente proprio la sua maggiore esperienza e capacità di controllo a evitare che l’assalto sfociasse in tragedia. «È stata la mia freddezza nel non aprire lo sportello a salvare l’equipaggio. Io – spiega l’agente – sono il capo macchina, responsabile dell’equipaggio. Quando siamo stati fermati, ho visto decine di persone sulla strada. Quattro erano armati e circondavano il nostro mezzo. Due colpi sono stati sparati subito ai nostri finestrini. Poi, un uomo a volto coperto è apparso davanti al mio sportello. Mi ha puntato contro un fucile, era un fucile da caccia, una doppietta. E ha cominciato a urlare: “Apri, apri!”, diceva, ma io non lo sentivo, perché l’abitacolo è insonorizzato, riconoscevo solo il labiale. Gridando, ho subito risposto: “Andatevene, andatevene, non c’è nulla, anche se provo gli sportelli non si aprono”. E ci siamo accasciati sui sedili per evitare di essere colpiti». Il respiro si è contratto, gambe e braccia tremavano: «L’autista si è rifugiato nella parte posteriore del suo edile. L’ho visto sbiancare. Sudavo anch’io ma dovevo adoperarmi; quindi, ho allungato il braccio e ho premuto il tasto “alert” che segnala che c’è una rapina in atto e, per fortuna, dalla centrale, il mio collega è stato pronto a rilevare il segnale e ad attivare l’intervento delle forze dell’ordine con le quali sono riuscito a entrare in contatto, a parlare, con la freddezza richiesta dal caso, e a indirizzarle verso il luogo della rapina. Dopo un quarto d’ora erano lì». Ma nell’abitacolo del mezzo Cosmopol quel tempo non passava mai: «Ho cercato di tranquillizzare il mio collega che sembrava schioccato, ho preso il suo visto tra le mie mani - dice l’agente - e gli ho detto che a breve sarebbe finito tutto e che sarebbe tornato a casa: “Stai tranquillo”, gli dicevo, ma, in realtà, anche io ero molto agitato e continuano a pensare alla mia famiglia. Sono momenti incredibili in cui al cuore basta poco per saltare, bisogna stare calmi». 
Dal caos al silenzio, il cambio è stato improvviso. Non avvertendo più presenza nei presi del mezzo, rialzato il capo e rivolto lo sguardo all’esterno del mezzo, il vigilantes riferisce di non aver sentivo più nulla: «Ho pensato che fossero andati via. E, in effetti, sempre con il telefono in mano per indirizzare le forze dell’ordine, sono uscito dal mezzo e ho visto che si dirigevano verso le campagne oltre il guard rail, dove c’era un furgone. Ma, poco prima, ancora, avevo visto una nuvola di fumo che, poi, mi è stato spiegato, era lo zolfo dell’estintore che avevano utilizzato per rimuovere le loro tracce. Per terra c’era una ruota, che era stata smontata, e un crick rotto».
All’arrivo delle forze dell’ordine, sono stati effettuati i primi accertamenti del caso ed è stata organizzata la consegna dei valori trasportati sul mezzo oggetto dell’assalto. Gli agenti rimasti vittime sono stati accompagnati in Questura per le deposizioni. Poi, finalmente il ritorno a casa., dove la famiglia dell’esperta guardia giurata di Cosmopol, che ha ricostruito fin qui l’alba di terrore, era in fortissimo stato d’ansia: «E sì, perché mia moglie stava guardando la televisione e aveva molto tempo prima sentito che un mezzo Cosmopol era stato assalito da un commando armato. Appena sono entrato a casa e l’ho vista, le ho detto subito: “Quel mezzo era il mio, io sto bene, non sono ferito e, per fortuna, ora, tutto è finito”».
Già, per fortuna.

Lo ricorderanno a lungo i malcapitati agenti che, non a caso, vogliono cogliere l’occasione per affermare che «tutti i vigilantes hanno diritto a una maggiore sicurezza»: «Noi eravamo in due e questo è un problema – spiega lo stesso agente che, tra l’altro, per conto di Cosmopol è un Rls (responsabile dei lavoratori per la sicurezza) - anche se il decreto in materia prevede che ciò possa avvenire. Questa volta ci è andata bene. Faccio questo lavoro da 25 anni e ne ho viste e vissute tante, ma non a questi livelli. E’ diverso un inseguimento o un ladruncolo di borse. Con Ugl, stiamo lottando da tempo per migliorare le condizioni di sicurezza nei servizi di vigilanza: le unità sui portavalori devono essere almeno tre e tutti i mezzi devono essere sostituiti, perché sono usurati. Le aziende devono cominciare a investire di pi in sicurezza. Noi rischiamo la vita per mille euro al mese e lavorare in queste condizioni è ingiusto oltrechè inaccettabile».

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