Sentenze su misura: 50 anni a 14 “toghe”

Il presidente della seconda sezione penale, Pasquale Sansonetti
Il presidente della seconda sezione penale, Pasquale Sansonetti
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Domenica 22 Luglio 2018, 20:07
Sentenze comprate e scritte su misura. Nell’alternanza dei ruoli: chi in un processo era giudice, giudice di pace, in un altro processo era avvocato. A parti invertite. Corruzione in atti giudiziari l’ipotesi di reato che ha fatto da guida alla sentenza che ha condannato complessivamente a 50 anni di reclusione 14 imputati nel ruolo di giudici di pace, di avvocati e anche di intermediario.

È arrivato dunque ad un punto di svolta, il processo di primo grado, l’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto di Lecce, Elsa Valeria Mignone (Lecce è competente per i procedimenti penali nei quali è indagato o parte offesa un magistrato di Bari) sugli accordi che avrebbero stretto sottobanco alcuni giudici di pace ed avvocati negli anni dal 2006 al 2008, nei Tribunali di Bari, Modugno, Bitonto, Corato, Altamura e Bitetto.

La sentenza dei giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce (presidente Pasquale Sansonetti) ha riconosciuto anche l’accusa più grave: quella di associazione a delinquere. Di questo capo di imputazione, nonché di quello di corruzione in atti giudiziari, risponde nel ruolo di organizzatore Vito Squicciardini, 53 anni, di Altamura, coordinatore dei giudici di pace di Modugno: sei anni di reclusione, la condanna. «Oggi all’ufficio mio non mi comanda nessuno. Io sono re e padre eterno veramente, io sono re e padre eterno... faccio che c... voglio», una delle frasi intercettate durante l’inchiesta.

Quattro anni a Roberto Cristallini, 54 anni, di Triggiano, giudice di pace di Corato; ed a Vincenzo Sergio, 58 anni, di Bitetto, avvocato. Tre anni e dieci mesi ad Angelo Scardigno, 87 anni, di Bari, giudice di pace di Bitonto ed avvocato; ed a Letizia Serini, 53 anni, di Bari, coordinatore dei giudici di pace di Bitonto. Tre anni e tre mesi sono stati inflitti a Domenico Ancona, 66 anni, di Bari, giudice di pace del Tribunale di Bari; a Gaetano Consoli, 84 anni, di Bari, giudice di pace di Bari; ad Eugenio Di Desiderio, 53 anni, di Bari, avvocato; ad Alfredo Fazzini, 54 anni, di Bari, impiegato del Ministero delle Finanze, nel ruolo di intermediario della Serini con altri giudici di pace ed avvocati; a Luigi Ferri, 75 anni, di Adelfia, giudice di pace di Bari; a Raffaele Mascolo, 53 anni, di Bari, avvocato; a Cipriano Popolizio, 52 anni, di Altamura, avvocato; a Deborah Semidoppio, 43 anni, di Fasano, giudice onorario del Tribunale di Bari; ed a Nicola Stefanelli, 46 anni, di Gravina di Puglia, avvocato.
Assolti Stefano Cea, 43 anni, di Grumo Appula, avvocato; Arianna Giuliano, 41 anni, di Rutigliano, collaboratrice di uno studio legale; Francesco Moramarco, 52 anni, di Altamura, avvocato; e Giuseppina Rucco, 76 anni, di Bari, giudice di pace di Bari.

Inoltre Squicciardini, Serini, Cristallini, Fazzini, Sergio, Scardigno, Stefanelli, Popolizio, Di Desidero, Ferri, Consoli, Mascolo ed Ancona sono stati condannati a risarcire in solido con 50mila euro l’unica parte costituitasi nel processo.
Tre mesi il termine indicato dal collegio giudicante del Tribunale di Lecce, per spiegare perché sia stato ritenuto fondato il teorema accusatorio che imputa ai giudici di pace il dispregio e la totale violazione dei principi di garanzia, imparzialità ed indipendenza. Nel corso della requisitoria l’aggiunto Mignone aveva ricordato il sistema della reciproca messa a disposizione gli uni degli altri: i giudici di pace si sarebbero fatti redigere le sentenze dagli avvocati amici. Con un doppio vantaggio: per far risultare un numero maggiore di sentenze depositate e conseguirne così un guadagno in termini economici. E per favorire la parte, quando la sentenza era redatta dall’avvocato che la rappresentava.
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