Il sì dei pm non basta: no del gip, Torricelli resta ai domiciliari

Il sì dei pm non basta: no del gip, Torricelli resta ai domiciliari
di Erasmo MARINAZZO
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Martedì 16 Ottobre 2018, 09:46 - Ultimo aggiornamento: 18:35
No alla revoca degli arresti domiciliari del consigliere comunale dimissionario Antonio Torricelli, 74 ani, di Lecce. Una decisione che respinge la richiesta dell'avvocato difensore, Luigi Covella, ma anche quella arrivata dai pubblici ministeri della Procura di Lecce, Massimiliano Carducci e Roberta Licci, titolari dell'inchiesta sulla gestione del patrimonio delle case popolari del Comune e dell'Arca Sud (ex Iacp).
In pratica è successo che il giudice per le indagini preliminari, Giovanni Gallo, non ha condiviso sia l'istanza della difesa sulla revoca della misura cautelare ed il ritorno in libertà dell'esponente del Pd sia l'attenuazione della stessa misura prospettata dai due magistrati.
Chi ha indagato e continua ad indagare per stabilire se è vero che gli alloggi popolari fossero messi sul piatto della bilancia per creare consenso nelle tornate elettorali, aveva posto delle condizioni per ridare la libertà all'esponente politico finito ai domiciliari il 7 settembre con gli ex assessori del centro destra Attilio Monosi e Luca Pasqualini, il dirigente comunale Pasquale Gorgoni ed Andrea Santoro (quest'ultimo accusato con Umberto Nicoletti e Nicola Pinto, finiti in carcere, di aver pestato e minacciato con due pistole, l'uomo che denunciò le occupazioni abusive): revoca dei domiciliari sì, poiché Torricelli è avanti con gli anni ed accusa problemi di salute. A condizione, tuttavia, che gli venisse applicato l'obbligo di dimora con le prescrizioni di restare a casa dalle nove di sera alle sette del mattino e di presentarsi ogni giorno negli uffici del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza (l'organo di polizia giudiziaria che indaga con la Procura) per mettere la firma al fine di dimostrare che fosse restato in città.
Chi ha il potere di decidere sul mantenimento, l'attenuazione o la revoca della misura cautelare, ha stabilito invece che non ci fossero i presupposti per ripensare le esigenze cautelari. Primo perché il quadro complessivo non è stato considerato mutato: se c'erano il 7 settembre, quelle esigenze cautelari, ci sono ancora oggi. Perché non è stato dato peso alla decisione di Torricelli di dimettersi da consigliere comunale (ultimo in ordine di tempo, dopo Monosi e Pasqualini) e quindi anche da vicepresidente dell'assise, presidente della commissione Bilancio, vicepresidente della commissione edilizia residenziale pubblica ed altro, componente delle commissioni Viabilità, Piano commerciale e Ambiente. Le condizioni di salute precarie? Il giudice ha fatto presente di essere disposto ad accogliere qualsiasi istanza di lasciare i domiciliari per sottoporsi a cure o a visite, purché motivate.
E' stato invece considerato grave il contesto in cui viene inserito Torricelli in questa fase dell'inchiesta: risponde di associazione a delinquere nelle vesti di capo, promotore ed organizzatore, finalizzata all'abuso di ufficio, alla corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, alla corruzione elettorale ed ai falsi: «Forniva l'apporto indispensabile per la realizzazione, unitamente ai sodali (ed in particolare ad Attilio Monosi) delle iniziative strumentali a dare veste legale al sistema di illecita gestione degli alloggi di edilizia residenziale, con particolare riferimento sia all'approvazione del regolamento n. 40/13», recita l'ordinanza.
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