Boom di abusi edilizi nelle marine: 3mila richieste di condono, ipotesi espropri

La demolizione di immobili abusivi a Lecce
La demolizione di immobili abusivi a Lecce
di Stefania DE CESARE
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 2 Novembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 12:12

Marine leccesi terra di abusi. Boom di pratiche di condono lungo la fascia costiera: tra il 1985 e il 2003 presentate quasi 3mila istanze (e molte ancora sono in sospeso). E per il futuro si apre all’ipotesi di espropri degli immobili condonati e non condonati. Almeno quelli a forte rischio di crollo. L’obiettivo è ormai noto: dare un nuovo volto ai 24 km di costa leccese. 

La sfida dell'amministrazione Salvemini

Una sfida ambiziosa per l’amministrazione Salvemini, basata sulla visione “Lecce è il suo mare” che, però, per essere realizzata dovrà fare i conti con i numerosi casi di abusivismo, con ville e case di ogni tipo costruite in barba alle regole 40 o persino 50 anni fa, e pratiche di condono edilizio.

A fornire una fotografia della situazione attuale è stato il gruppo di lavoro formato dagli esperti del Politecnico di Milano che, insieme all’Ufficio di Piano del Comune di Lecce, ha prodotto un approfondimento sul fenomeno dell’abusivismo che negli anni ha attraversato in maniera diffusa tutto il territorio comunale. Una analisi che parte dal numero delle pratiche inviate dai leccesi per sanare un illecito edilizio. “A oggi si contano 7.515 richieste di condono nel territorio comunale, riferite ad altrettanti immobili su un totale, però, di oltre 17mila domande presentate (il team di lavoro ha provveduto a validare le istanze eliminando le sovrapposizioni di informazioni)”. Delle oltre 7mila richieste, 5.245 sono state presentate nel 1985 (prima legge sul condono), 1.299 nel 1994 (secondo condono) e 971 nel 2003 (terzo condono).

La più alta concentrazione a Torre Chianca e Spiaggiabella

“L’analisi ha evidenziato una netta concentrazione di istanze nella frazione di Torre Chianca e Spiaggiabella, seguita da San Cataldo, Frigole, centro storico, Villa Convento e ASI – si legge nello studio -. I dati rilevano come il fenomeno assume una forte incidenza nelle marine a differenza del centro urbano, caratterizzato da istanze riferibili a sole parti funzionali e prestazionali dell’edificato”. Andando nello specifico risultano 2.136 richieste per la frazione di Torre Chianca e Spiaggiabella; 500 per San Cataldo; 320 nel territorio di Frigole. Totale: 2.956. Niente a che vedere, tanto per fare qualche esempio, con le pratiche del centro storico (267) e nella frazione Villa Convento e zona ASI (245). Numeri – quelli riferiti alle marine - non da poco se si considera che molte delle istanze, a quasi 40 anni dal primo condono, risultano non ancora evase: secondo una delle ultime ricognizioni effettuate dall’assessorato all’Urbanistica (febbraio 2022) sono 4mila le domande sospese, con gli uffici chiamati a esaminarle una per una. Per dare il via alla riorganizzazione degli insediamenti costieri, quindi, il primo passo da compiere è proprio quello di chiudere le pratiche in corso. Ma che futuro avranno gli immobili costruiti illecitamente (e magari condonati) sul litorale leccese? Il team propone una serie di criteri per la pianificazione da attuare per gli ambiti costieri di elevata valenza paesistico ambientale (come ad esempio bacino dell’Idume), per gli insediamenti non pianificati da diradare e alleggerire (come la fascia prossima all’arenile di Torre Chianca) in relazione al rischio idrogeologico e per gli insediamenti costieri non pianificati da riorganizzare.

L'ipotesi permuta

Per gli immobili non condonabili ma autodemoliti, l’amministrazione può procedere con la permuta del lotto liberato con uno comunale edificabile e infrastrutturato o con l’acquisizione dell’area liberata. Non è esclusa anche la perequazione urbanistica, un sistema che permetterà agli imprenditori proprietari dei lotti di costruire in altre zone della città, a patto di cedere al Comune l’area da destinare a finalità pubbliche.
Più complicato, invece, “disfarsi” delle strutture già condonate. In questo caso Palazzo Carafa dovrà procedere con un esproprio, prevedendo un indennizzo economico al privato. L’alternativa è procedere con uno scambio con un alloggio di pari valore. Un percorso, quello dell’esproprio, che quasi sempre richiede tempi lunghi – l’amministrazione dovrà avviare trattative con i proprietari di immobili che, come avviene in molti casi, risultano di proprietà di più persone – ma che dovrà subire una accelerazione nei casi in cui gli immobili si trovino in aree da rivalutare con progetti Cis (da chiudere entro il 2027).

© RIPRODUZIONE RISERVATA