No Tap, polemiche sulle procedure di identificazione

No Tap, polemiche sulle procedure di identificazione
di Erasmo MARINAZZO
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Martedì 12 Dicembre 2017, 05:35 - Ultimo aggiornamento: 19:34
Una guerra a colpi di fioretto quella aperta sul fronte giudiziario da quella parte dei No Tap colpiti dalla retata di sabato pomeriggio nella “zona rossa” di San Basilio. Se sui social fioccano le denunce contro le forze di polizia accusate di aver usato metodi che avrebbero violato i principi della libertà del cittadino sanciti dalla democrazia e dalla costituzione italiana, i legali di questi manifestanti stanno valutando se e quali articoli del codice penale invocare per presentare un esposto in Procura.
Nessun commento da parte della Questura, ma una sola certezza: tutte le operazioni di identificazione delle 52 persone condotte in gran parte negli uffici di viale Otranto ed il resto nel comando provinciale di via Lupiae dei carabinieri, sono avvenute davanti le telecamere messe in funzione nei rispettivi uffici. Come a dire, c’è la prova video a garanzia di tutti. Dei fermati, come degli stessi operatori di polizia.
Sulle pagine di Facebook si raccontano altre verità. C’è chi dice di essere stato trattato come un criminale, di essere rimasto al freddo per ore senza poter comunicare con i parenti e gli avvocati per via dei sequestri dei telefoni cellulari. Altri sostengono di essere stati ammanettati per restare inginocchiati per due ore. Più in generale si lamentano i metodi piuttosto sbrigativi nel condurre i 52 manifestanti, tre minori fra loro, da San Basilio a Lecce negli uffici della Questura e dei carabinieri. Per restarci oltre cinque ore, per le operazioni di identificazione.
Se questi fatti si tramuteranno in un esposto, lo stabiliranno nelle prossime ore gli avvocati Francesco Calabro e Giuseppe Milli. Anche loro, con i parenti dei fermati ed i manifestanti, fuori dalla Questura di Lecce nella serata di sabato. Il primo passo sarà quello di valutare le questioni giuridiche che saranno richiamate dal pubblico ministero di turno in Procura, Emilio Arnesano, nel provvedimento di convalida del sequestro dei telefoni cellulari: se, prima di ogni altra cosa, gli articoli del codice penale richiamati nei provvedimenti adottati dalle forze di polizia, consentano il sequestro dei telefoni. Si parla di inosservanza di un provvedimento dell’autorità e nello specifico dell’ordinanza del prefetto di Lecce, Claudio Palomba, di divieto di accesso nel cantiere dove si sta realizzando la parte terminale del gasdotto che trasporterà gas naturale dalla regione del Mar Caspio in Europa. Viene contestato anche il reato di accensione di fuochi pericolosi, poiché nella “zona cuscinetto” sarebbero stati lanciati fumogeni. L’ultima violazione riguarda il corteo non autorizzato.
 
Quasi certo il ricorso immediato al Tribunale del Riesame se il pubblico ministero dovesse convalidare il sequestro degli smartphone.
Sequestro probatorio, cioè alla scopo di acquisire una o più prove. Se l’opzione del magistrato dovesse essere diversa, cioè un sequestro preventivo, la convalida toccherebbe ad un giudice per le indagini preliminari. Non è pura accademia, ma si tratta di passaggi delicati e fondamentali nelle strategie dei legali dei fermati.
Non è tutto. Al vaglio degli avvocati anche l’osservanza dell’articolo del codice di procedura penale sull’identificazione delle persone su cui vengono svolte indagini. Per capire, la questione principale, se ci fossero o meno i presupposti richiesti per condurre tutti i fermati da San Basilio a Lecce. E cioè se si siano rifiutati di farsi identificare o abbiano fornito generalità false. Ed anche se i manifestanti siano stati trattenuti “il tempo strettamente necessario per l’identificazione”.
Che è poi quello che si legge sulle pagine di Facebook. Ma un conto è scrivere sui social ed un altro conto scriverlo in un esposto indirizzato alla Procura che apre un procedimento penale. La scelta ai diretti interessati.
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