La truffa dei bonus: cantieri mai aperti e soldi spediti in Lituania e Cina per “rientrare” come bitcoin

La truffa dei bonus: cantieri mai aperti e soldi spediti in Lituania e Cina per “rientrare” come bitcoin
La truffa dei bonus: cantieri mai aperti e soldi spediti in Lituania e Cina per “rientrare” come bitcoin
di Roberta GRASSI
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Mercoledì 28 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 29 Febbraio, 15:05

La truffa dei bonus: soldi spediti in Lituania e Cina per “rientrare” come bitcoin. Al centro delle operazioni finanziarie “sospette” un istituto di moneta lituano: la Trustcom Financial Uab, con sede a Vilnius, un ente che opera con licenzia finanziaria della banca centrale della Lituania. Socio unico la Trustcom Ltd, con sede nel Regno Unito e ramificazioni in Scozia, Montenegro, Olanda, Sud Africa. I rferenti principali della società finanziaria, sono italiani. Entrambi coinivolti nella maxi inchiesta condotta dalla Procura di Napoli. 


Ma cosa avrebbero fatto i salentini? Avrebbero acceso conti correnti proprio in quella società, facendo uscire dal territorio italiano «consistenti somme in denaro, motivate simulando pagamenti per prestazioni di consulenza, con fatture false, investimenti immobiliari e societari».

Questo l’ultimo pezzo del puzzle, l’ultimo tassello di un meccanismo che sarebbe partito da una semplice richiesta di agevolazioni per lavori edilizi formulata all’Agenzia delle Entrate per il tramite di Poste Italiane. 


La transnazionalità dell’operazione è stata subito chiara. La prima segnalazione è proprio giunta dalla Lituania. O meglio dalla Fiu, la Financial Intelligenze Unit lituana in ordine a diversi bonifici di importi consistenti effettuati in pochi giorni e provenienti da conti correnti italiani e destinati a tre Iban lituani intestati ad altrettante società. 
«È emerso - spiega il gip nel provvedimento - che il denaro inviato in Lituania fosse parte del provento di numerose truffe commesse in Italia sfruttando la normativa sui bonus edilizia». Sono stati subito emessi due decreti di sequestro preventivo d’urgenza: uno nel febbraio 2022 e l’altro nel marzo 2022. 
Nell’aprile del 2022 parte l’accordo per costituire una squadra investigativa comune tra le procure di Lecce e Napoli, per l’Italia, l’ufficio del procuratore generale di Vilnius per la Lituania e l’ufficio del procuratore generale della Repubblica di Lettonia. 

Operazione coordinata con altre procure


La procura di Napoli aveva già effettuato perquisizioni nella sede di Trustcom. L’autorità giudiziaria lituana aveva arrestato Marco Spinola e Michele Sognamiglio, il primo amministratore delegato della Trustcom Financial Uab, e il secondo socio e membro del consiglio della stessa, colui il quale avrebbe intrattenuto i rapporti con Monsellato. Convinzione della guardia di finanza italiana, che pure ha costituito una cabina di regia con il comandante del nucleo speciale Tutela entrate e repressione frodi fiscali, dello Scico e del Nucleo speciale di Polizia valutaria, oltre al nucleo di polizia economico finanziaria di Lecce, è che le somme dovessero rientrare in Italia tramite investimenti di vario tipo. Inclusi i bitcoin. 

Il focus sul Salento


Si è giunti in Salento, dove i riflettori si sono accesi su una presunta articolazione del sistema. A capo Marcello Giorgio Monsellato, dirigente e finanziatore secondo gli investigatori, avrebbe coordinato la gestione delle pratiche di richiesta dei bonus, e poi reinvestito parte del denaro in attività economiche, finanziarie e speculative. Massimo Giannelli avrebbe procacciato i “beneficiari”. Andrea Marotta avrebbe caricato o fatto caricare le istanze di bonus con lo Spid, codici bancari, o password di accesso; Celestino Andrea Scarlino avrebbe procacciato i clienti e si sarebbe fatto consegnare documentazione e cellulari; Andrea D’Ospina avrebbe consegnato la percentuale spettante ai beneficiari per aver partecipato al presunto raggiro; Donato Lezzi avrebbe gestito il reimpiego del denaro in una società; Luigi Rossetti avrebbe pure gestito le pratiche; Michele Scognamiglio avrebbe messo a disposizione i conti esteri; Giacinto Maffei, avrebbe pure fornito conti esteri e avrebbe pensato a far rientrare in Italia il denaro “ripulito”; Alessio Greco e Romano Michele avrebbero custodito il denaro ricevendono i bonifici; Monica Sansò e Antonio Talema si sarebbero intestati alcune società di fatto riconducibili a Monsellato ricevendo anche loro i bonifici dall’estero. 

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