Istruzione, tecnologia e nuovi programmi. Ma manca una vera road map

Istruzione, tecnologia e nuovi programmi. Ma manca una vera road map
di Francesca Esposito
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Mercoledì 16 Settembre 2020, 09:31 - Ultimo aggiornamento: 30 Settembre, 16:49
«In questa doppia transizione, verde e digitale, l’istruzione e le competenze saranno fondamentali. Anche i nostri sistemi d’istruzione e la ricerca devono adattarsi ai tempi nuovi»: aveva ammonito Ursula von der Leyen durante gli Stati Generali organizzati dal governo in giugno. E nel piano “Progettiamo il Rilancio” presentato dall’esecutivo nella medesima occasione si prevedeva proprio l’accrescimento delle competenze digitali e ambientali. Di là delle evoluzioni tecnologiche, infatti, il sistema dell’istruzione e della formazione presenta in Italia problemi strutturali irrisolti che pongono un freno oggettivo alla crescita economica e indeboliscono la risposta del Paese in tempo di crisi. I dati Istat riferiti all’anno 2019 disegnano un quadro nazionale in netto svantaggio competitivo a livello europeo. Solo il 62,2% tra i 25 e i 64 anni in Italia ha almeno il diploma, contro il 78,7% della media Ue.
 

Il quadro

E le disparità permangono anche all’interno del territorio nazionale, con il Sud che registra una quota di diplomati del 54% contro il 65,7% del Nord. Per quanto riguarda l’istruzione universitaria abbiamo già fallito gli obiettivi di innalzamento della quota di 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario, fissati dalla strategia Europa 2020 per una “Società della Conoscenza”: nel 2019 in Italia, come rilevato sempre dall’Istat, la quota di giovani laureati non è cresciuta e nel confronto europeo scende in penultima posizione. Nel complesso è solo il 19,6% della popolazione ad avere un titolo di studio universitario, contro il 33,2% della media europea. E il quadro non migliora se si analizzano le digital skills: secondo il Desi 2020 solo il 42% delle persone tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro il 58% della media Ue e il 70% della Germania. Dati questi che collocano l’Italia all’ultimo posto in Europa e che evidenziano il mismatch fra la domanda e l’offerta di competenze, in un sistema economico che spinge sempre di più verso la digitalizzazione dei processi.


Gli obiettivi

Nelle linee guida per la definizione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) elaborate dal Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (CIAE), l’istruzione e la formazione fanno capolino fra i cluster di intervento, le cosiddette Missioni. Il programma punterà a migliorare gli output educativi, a ridurre l’incidenza dell’abbandono precoce e ad aumentare la spesa per la ricerca agendo sulla didattica e sulle infrastrutture scolastiche e universitarie. Se i capitoli di spesa sono già enunciati, come si intenda concretamente raggiungere i risultati prefissati ancora non è stato definito.
Sarebbe banale ricordare che gli studenti di oggi sono il capitale umano di domani e dunque l’obiettivo primario a cui tendere dovrebbe essere quello di una complessiva integrazione fra sistema dell’istruzione e mondo del lavoro colmando il gap di competenze, garantendo l’aggiornamento formativo dei non occupati e rafforzando la collaborazione fra università e imprese per la ricerca applicata.

Le specialità

 Dovrebbero essere elaborati programmi specifici per le competenze digitali, ovvero digital skills, soft skills, lingue straniere e materie Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) per venire incontro alle esigenze del sistema produttivo, innovando i metodi di insegnamento e soprattutto riqualificando il corpo docente, attraverso formazione e valorizzazione della professione. Si dovrebbe inoltre tendere ad una maggiore sincronia dei tempi familiari, anche al fine di agevolare l’occupazione femminile, garantendo l’accesso ad asili nido e tempo pieno e rimodulando i calendari scolastici per tutto il ciclo della scuola dell’obbligo, adeguandoli all’attività lavorativa e consentendo anche una maggiore continuità nell’apprendimento.
Oltre ad interventi sistemici la scuola necessita anche di interventi strutturali: dalla messa in sicurezza e adeguamento alle nuove esigenze formative delle strutture esistenti, alla realizzazione di nuove, a partire dagli asili nido, fino alla digitalizzazione e alla dotazione di tutte le tecnologie necessarie per avvalersi delle innovazioni in termini di formazione e sperimentazione di nuovi modelli d’insegnamento. Priorità queste già individuate in diversi studi elaborati, approfondite in particolare nel documento della Task Force di Vittorio Colao, e in parte presenti nelle linee guida del Piano nazionale per la ripresa.

Il traguardo

Quanto più si riuscirà davvero a metterle in pratica portando le stesse opportunità in tutto il paese, tanto sarà possibile colmare i divari territoriali che ancora separano Nord e Sud, zone costiere e dorsale appenninica, grandi città e provincia, in termini di opportunità e di sviluppo potenziale. Nella revisione del sistema lo sguardo dovrebbe essere sempre rivolto al mercato del lavoro internazionale, ed europeo in primis, allo scopo di mettere i nostri giovani nelle condizioni di competere. L’istruzione sarà il banco di prova su cui poter valutare e giudicare un reale progetto di riforma da una semplice lista della spesa, perché come ci ha ricordato l’ex presidente della Bce, Mario Draghi, è il campo «dove la visione di lungo periodo deve sposarsi con l’azione immediata». 
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