L'errore di svendere la vera città per "acchiappare" i turisti

di Ferdinando BOERO
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Giovedì 9 Agosto 2018, 19:58 - Ultimo aggiornamento: 30 Gennaio, 21:22

c'è una tendenza ben precisa per i posti “belli”, in termini di fruizione turistica. All’inizio sono “scoperti” da persone che vogliono fuggire dalla massa dei posti di moda, pieni di turisti mordi e fuggi. Di solito chi vive nei posti “scoperti” non ha piena contezza del valore potenziale dei luoghi che abita. Penso ai villaggi di pescatori, ai borghi contadini.
I primi che arrivano non trovano niente. Ed è proprio quel che cercano: niente! Magari c’è un negozio di alimentari, una trattoria con cucina casalinga, povera. Le case costano poco. Gli affitti sono simbolici. La popolazione locale vive la vita di sempre, esercitando vecchi mestieri. I nuovi abitanti sono accolti come ospiti, non come clienti, magari da spennare. La notizia si sparge e arrivano altri, a seguito dei primi. La domanda inizia ad aumentare e presto supera l’offerta iniziale. Arrivano i soldi. I locali diventano imprenditori, i prezzi salgono. La folla che popola il posto oramai di moda ne snatura le caratteristiche iniziali, quelle che lo avevano reso attraente ai pionieri, a quelli che lo avevano scoperto. Cambiano le caratteristiche dei fruitori, e cambiano anche le caratteristiche dei “locali”: vogliono che i guadagni crescano sempre più, anno dopo anno, e arrivano anche investitori da fuori. Le abitazioni storiche non bastano più e si iniziano a costruire le seconde case, e gli alberghi, i villaggi vacanze. È difficilissimo che le nuove costruzioni pareggino in bellezza e armonia con le dimore classiche, tradizionali. Aprono i negozi per turisti, i fast food e, ovviamente, i posti dove ci si diverte. Le spiagge diventano discoteche, con enormi altoparlanti che emettono ritmi martellanti. La folla ondeggia sulla spiaggia, tra le onde della battigia.
I nuovi fruitori hanno diritto ad una vacanza proprio come gli amanti dei posti “veri”, non toccati dallo sviluppo turistico. La popolazione locale ha diritto di arricchirsi. Gli snob amanti del “niente” sono percepiti come radical chic che odiano la ggggente. Presuntuosi e, diciamola tutta, anche un tantino stronzi.
Ecco, io sono uno di quelli. Quando arrivai a Lecce nel 1987 la città e la sua costa erano “vere”. Se dicevo “Lecce” ai miei amici nordisti ricevevo la solita risposta: Lecce??? con un espressione di sorpresa. Ora dicono: Lecce!!! bellissima. Il che è proprio vero, ma è bellissima quando non ci sono le masse di turisti, per come la vedo io. Nel centro storico ho il mio locale preferito. In una magnifica piazzetta, frequentato da persone che, anno dopo anno, sono diventate i miei amici, assieme ai gestori del locale. Ma se ogni angolo diventa un ristorante, e magari la qualità non è pari a quella del mio locale preferito, dopo un po’ arrivano i guadagni diffusi ma si perde autenticità. La città “vera” diventa una città per turisti, come Venezia, o Firenze.
Tutto bene: aumenta la ricchezza. Ogni dimora diventa un b&b, ogni locale a livello strada diventa un bar o un ristorante, oppure un negozio di paccottiglia. Sono contenti i turisti e sono contenti gli operatori. Certo, il centro storico si spopola. Per fortuna ci sono gli immigrati che aprono negozi di alimentari, altrimenti scomparirebbe ogni possibilità di trovare qualcosa che permetta a chi vive nel centro storico di fare la spesa senza dover prendere l’auto e andare in un supermercato di periferia. Speriamo che questi negozi resistano, perché se gli esercizi sono dei cinesi la paccottiglia impera. E ha grande successo. I clienti ci sono, la legge della domanda e dell’offerta è rispettata.
Noi snob, radical-chic, intellettualoidi da strapazzo, presuntuosi e elitari, non abbiamo altra scelta che andarcene. Siamo una minoranza e, in democrazia, la minoranza perde.
La Lecce di 30 anni fa non era come quella di oggi. Paradossalmente il centro storico era preservato… dalle auto. Entravano da Porta Rudiae e sfrecciavano fino in Piazza Mazzini. Nelle strade non si poteva camminare. Niente ristorantini, niente suk, niente movida. Non pensavo che avrei avuto nostalgia del centro storico con le auto.
Intanto gli snob scoprono i paesi dell’interno, dopo che la “scoperta” della costa ha portato a un abusivismo mostruoso e alla devastazione del territorio. Forse anche quei paesini attraverseranno il ciclo scoperta-crescita-snaturazione. Oppure diventeranno assolutamente elitari. È quello che succede in Liguria da decenni. Portofino è carissima e solo i ricchi si possono permettere di viverci, ma devono essere davvero ricchi. La folla, il rumore, la calca sono altrove, alla portata di tutti. L’apoteosi è la Costa Smeralda, dove la folla va a fare il VIP-watching, contando quanti VIP si sono visti in una giornata. Quel modello è stato proposto qui da Briatore, ma con scarso successo. In effetti, anche quella proposta snatura le caratteristiche dei posti veri. Portofino è fatta dalle case colorate costruite dai pescatori, ma pescatori non ce ne sono più. Ci sono persone che hanno comprato quelle case, non le hanno costruite. Persone che di solito non sono in grado di costruire case così belle, pur con tutti i loro soldi. Quando lo fanno… si vede che sono finte. Chissà se il Salento riuscirà a resistere o se sarà travolto da questa crescita. Ci sono ancora molti posti veri, abitati da gente vera. Ma, da snob, radical chic, intellettualoide, non ve li dico. Ne ho trovato uno dove anche ad agosto si può fare il bagno senza musica e senza avere l’impressione di essere in una colonia di pinguini. A poche centinaia di metri fanno le gare con gli acquascooter. L’assedio si stringe. Tutti hanno diritto di divertirsi.

 

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