Inchieste e mazzette/ Oltre gli scandali, la selezione della classe dirigente e l'ordine dei fattori

Inchieste e mazzette/ Oltre gli scandali, la selezione della classe dirigente e l'ordine dei fattori
di Rosario TORNESELLO
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Giovedì 9 Novembre 2023, 13:57 - Ultimo aggiornamento: 17:05

La casualità delle circostanze rende più interessante la contestualità dei fatti. E la lettura degli eventi, senza che questo corrisponda alla volontà dei protagonisti, lontani e distanti, non può che essere incrociata. Da una parte, l’audizione in Commissione parlamentare antimafia del procuratore di Lecce, capo della Dda salentina, Leonardo Leone de Castris, ormai prossimo a esser designato dal Csm alla guida della Procura generale di Bari; dall’altra, il terremoto che da Bari a Foggia scuote per l’ennesima volta la Regione, coinvolta in un’inchiesta su presunte mazzette destinate a una figura apicale, il direttore di Asset, l’Agenzia strategica per lo sviluppo ecosostenibile del territorio. Ultimo caso di un filotto di inchieste con interpreti diversi.

Cos’ha detto il procuratore? Molte cose, e tutte sufficientemente allarmanti.

La criminalità, certo; i rapporti col mondo della pubblica amministrazione e degli affari, dal turismo allo svago, anche; il riciclaggio nell’economia legale di una mole impressionante di denaro sporco, in gran parte provento dell’attività di spaccio, soprattutto. E tra i vari argomenti, questo: un problema evidente di selezione della classe dirigente. La sostanza del discorso: la corruzione è endemica, ma nel nostro Paese stiamo peggiorando. Con casi clamorosi anche nella Magistratura: «C’è chi vendeva le proprie sentenze per comprare armi clandestine», la stoccata ad un collega, già processato e condannato.

Ecco, la selezione della classe dirigente è un po’ il punto nodale. La frammentazione dei contenuti in slogan; la contraddittorietà dei comportamenti; la disinvoltura delle alleanze; la massimizzazione dei consensi al di fuori di un progetto ampio; la ricerca di like a poco prezzo, e avanti di questo passo: tutto porta all’indifferenza di fondo per i risvolti di un agire strategico della politica che smarrisce i connotati – ormai sempre più residuali – di servizio reso alla collettività per diventare esercizio esclusivo del potere per il potere. Se questa è la sostanza, non può essere diversa la forma. Così la selezione della classe dirigente sconta per questa strada un evidente arretramento. Le eccezioni, notevoli, si muovono lungo altri percorsi. E la differenza si vede.

Restano le inchieste: in attesa dei giudizi, con tutte le cautele che questo impone, valgono intanto come campanelli d’allarme. Non sono le prime, non saranno le ultime, soprattutto potranno risolversi in un nulla di fatto. La presunzione d’innocenza rimane una conquista di civiltà. Intanto, le accuse sconcertano: mazzette (nome in codice “caramelle”) con l’obiettivo di pilotare le gare pubbliche per interventi contro il dissesto idrogeologico dei territori o di messa in sicurezza di edifici scolastici. Nell’ultimo caso, poi, emerge anche la qualità del più noto degli indagati, il direttore di Asset, Elio Sannicandro, colpito da interdizione per un anno: era anche – ma chissà se lo sarebbe stato ancora, dopo lo scontro in atto tra governo e Regione – il direttore generale del Comitato organizzatore dei Giochi del Mediterraneo 2026, un evento con progetti in campo per almeno 150 milioni di euro. Non il primo inciampo di un certo peso, in Regione, ripensando allo scandalo in piena pandemia della Protezione civile guidata da Mario Lerario.

Così alla vigilia di una lunga campagna elettorale, che porterà nell’arco di pochi mesi prima alle Comunali e alle Europee e poi alle Regionali, il richiamo del procuratore alla selezione del personale politico e delle classi dirigenti, a partire dai piccoli centri e in un territorio tutt’altro che impermeabile a logiche perverse, non può restare chiuso nell’aula della Commissione parlamentare antimafia. Deve diventare riflessione condivisa. Non è un atto di accusa quanto, piuttosto, la sottolineatura di una tendenza evidentemente in corso. Fatta con autorevolezza da un osservatorio in un certo senso privilegiato. Dove magari non tutto deborda nel penale, senza però che il “non illecito” sia da considerare sol per questo anche buono e giusto. Alla politica serve l’etica prima ancora del diritto. Quando inverte l’ordine dei fattori, il prodotto cambia.
 

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