La parabola nella rete

di Claudio SCAMARDELLA
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Domenica 28 Ottobre 2018, 12:03 - Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 18:57
Se avete un po' di tempo, collegatevi alla pagina pubblica di Fb del ministro pentastellato Barbara Lezzi. L'ultimo post della senatrice leccese, sempre molto attiva sui social con video dagli effetti stupefacenti e con giudizi molto aggressivi contro avversari politici e giornali, come il nostro, che non si sono mai accodati al pensiero unico e al conformismo digitale, riguarda la tragica fine della ragazzina romana nel quartiere di San Lorenzo. Non una sola parola sul via libera del governo a Tap, non un accenno di autocritica su tutto ciò che lei aveva promesso con il guevarista in salsa laziale Di Battista nella recente campagna elettorale (fermeremo il gasdotto in quindici giorni), men che meno l'abbozzo di una richiesta di scuse verso le comunità locali, illuse e raggirate dal M5s sulla possibilità di bloccare l'opera, quando con carte alla mano era evidente da almeno due anni il contrario. Silenzio. Un silenzio assoluto. Imbarazzante. Irrispettoso verso chi ha creduto alle sirene del cambiamento. E, soprattutto, irritante visto che, una volta al governo, si assumono posizioni, vizi e atteggiamenti tanto vituperati quando si era all'opposizione. È accaduto con l'Ilva. Con la xylella. E ora con Tap.
Ma i social, si sa, non perdonano. Non basta tacere per passare inosservati quando conviene. Anzi. Leggeteli i commenti di queste ore sulla pagina Fb della Lezzi al post che non c'è. E capirete perché la sola idea di poter governare processi e fenomeni complessi della società moderna cavalcando l'onda dell'emotività, solleticando la superficialità della rete, alimentando la disinformazione, esaltando l'incompetenza come valore, allevando gli squadristi da tastiera e, magari, invocando la magistratura a risolvere questioni che la politica non riesce a risolvere, era e resta una follia. E capirete anche perché il successo e i consensi costruiti in rete, spesso sulla gratuità e sulla violenza delle parole contro gli avversari, hanno fiato cortissimo. Quanto più veloce e travolgente è la fase ascendente della parabola, tanto più rapida e rovinosa è la fase discendente. Soprattutto se dietro quel successo e quei consensi c'è il nulla. Né competenze, né solide letture, né capacità di analisi dei fenomeni e di studio dei dossier, ma solo like e visualizzazioni in rete, tra l'altro ben orchestrate dal centro unico di smistamento.
Che sia da lezione per tutti, anche per quei sindaci e governatori che fin qui hanno tentato di scimmiottare questo modo di fare politica. Governare è cosa maledettamente seria e difficile. Vuol dire assunzione di responsabilità. Vuol dire essere capaci anche di scelte impopolari. Vuol dire parlare sempre il linguaggio della verità, non prendere in giro gli elettori per ottenere consensi. E di persone che sanno governare, più che smanettare sulle tastiere, il nostro Paese e il nostro territorio hanno un evidente bisogno. Perciò, che sia da lezione per tutti. Prima che sia troppo tardi. 
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