La natura si salva solo se impariamo a conoscerla

La natura si salva solo se impariamo a conoscerla
di Ferdinando BOERO
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Martedì 3 Aprile 2018, 16:20 - Ultimo aggiornamento: 17:29
Commentando in altra sede la mancanza dei batteri nella spiegazione di Papa Francesco del funzionamento degli ecosistemi, in Laudato si’, scelsi di intitolare il mio intervento “Cultura senza natura”. Gli ecosistemi non funzionano senza i batteri (non funzioniamo neppure noi).  Ma chi ha sentito il bisogno di esortarci a prenderci cura della casa comune non lo sa. Anche se poi Francesco racconta di come gli organismi più apparentemente “inutili” svolgano ruoli ecologici essenziali. L’amico Antonio Errico ci esorta a prenderci cura della natura richiamandosi a figure poetiche, come quella delle lucciole che non ci sono più, di pasoliniana memoria. E poi ecco altre evocazioni letterarie in cui si parla di natura. Gozzano e altri nomi da “antologia”. Veramente, prima di Pasolini, nel 1962, Rachel Carson scrisse un libro che denunciava la scomparsa degli insetti. Si chiama Primavera Silenziosa. Potremmo parlare del venditore di almanacchi di Leopardi, che promette un futuro migliore, vista la negatività del passato, per poi accorgersi che non si vorrebbe comunque scambiare la propria vita con un’altra, ignota.

Errico finisce il suo articolo avvertendoci che anche la nostra specie è fragile, come quelle che stiamo spazzando via. Tornando al venditore di almanacchi, non è difficile capire che mai la vita è stata così bella come oggi, se si è nati dalla parte giusta del mondo. C’è un dato, uno solo, che dice tutto: la speranza di vita. Non abbiamo mai vissuto così a lungo. Visto che non c’è solo la letteratura italiana, viene in mente il ritratto di Dorian Gray, di Wilde. Non invecchiamo più, ma invecchia il mondo attorno a noi, al nostro posto. Potremmo parlare di entropia. L’ordine che generiamo con le nostre azioni, le città, l’agricoltura, la medicina, tutto il nostro sistema economico, genera maggiore disordine al di fuori dei nostri sistemi. Natta, il grande chimico italiano, premio Nobel, pose le basi per realizzare un nuovo materiale, la plastica. Oggi gli oceani sono pieni di plastica e galleggiamo sulla spazzatura immarcescibile che abbiamo creato. Città di spazzatura, tipo quelle di Calvino.
La letteratura, spigolando qua e là, ci dà indicazioni direi auliche sugli effetti dei nostri atti. Con Laudato si’ ce li dà anche la religione. Le associazioni ambientaliste hanno abbracciato una strategia letteraria, direi. Ci mostrano animali favolosi come delfini, tartarughe, balene, rinoceronti e ci dicono: se non facciamo qualcosa moriranno, salviamo queste magnifiche specie. E la nostra sensibilità è sempre e solo compassionevole poesia. Liberiamo in mare la tartaruga ferita e tutti si commuovono, sentendosi per un momento più buoni, migliori.

La scienza dice altro. Non declama poesie e non mostra figure romantiche. Ma purtroppo il nostro paese non ha molta dimestichezza con la scienza. Il nostro sistema educativo si basa sulla filosofia idealistica di Benedetto Croce che nel “risveglio filosofico e la cultura italiana” scrive: “Gli uomini di scienza… sono l’incarnazione della barbarie mentale, proveniente dalla sostituzione degli schemi ai concetti, dei mucchietti di notizie all’organismo filosofico-storico”. Mucchietti di notizie, non so se è chiaro. E barbarie mentale. Vuoi mettere con l’organismo filosofico-storico? Stiamo distruggendo il pianeta e ci beiamo di supercazzole senza capire niente di quello che ci circonda, se non la patina poetica con cui verniciamo la nostra ignoranza. Come possiamo rispettare quello che non conosciamo? La natura è come la salute: ci si accorge della sua importanza quando non c’è più. Ho già avuto modo di stigmatizzare proposte tipo quella del recentemente scomparso Stephen Hawking che, dopo averci avvertito che stiamo rendendo il pianeta inadeguato alla nostra sopravvivenza, ci dice che l’unica salvezza per la nostra specie consiste nella colonizzazione di altri pianeti.

Solo una direi totale ignoranza di come funziona un ecosistema e di come noi ci poniamo all’interno degli ecosistemi di questo pianeta può portare ad affermazioni del genere. Non è colpa dei poeti o degli astrofisici se non sanno come funziona la natura su questo pianeta, il pianeta vivente. In epistemologia la fisica è considerata la scienza per antonomasia e i fisici pensano di avere le chiavi per capire tutto, visto che i filosofi glielo riconoscono. Gli umanisti, dal canto loro, pensano crocianamente di essere i latori della vera cultura, da contrapporre alla barbarie dei mucchietti di notizie degli scienziati. Il risultato è che allegramente stiamo distruggendo tutto, aumentando a dismisura l’ordine “interno” alla nostra specie e aumentando in misura ancora maggiore il disordine “esterno”, nei sistemi che reggono la nostra specie. Siamo adolescenti viziati che mettono a soqquadro la propria cameretta, senza mai rimettere le cose a posto. La parte della “mamma” la fanno le scienze naturali (dopotutto si parla di madre natura) e esortano a rimettere le cose a posto, a fare ordine. Ma conoscete un adolescente che abbia mai dato retta alla mamma? Le mamme vere, alla fine, mettono in ordine il caos nelle camere di loro figli. La natura, come spiega Leopardi, non è madre, è matrigna: crudele e indifferente. Ci sentiamo al centro del mondo, come ogni adolescente, e abbiamo un’opinione enorme di noi stessi. Ci sentiamo Dio. La scienza smonta questa presunzione, con i suoi mucchietti di fatterelli, ed è per questo che proprio non ci piace. Stiamo andando a duecento all’ora sulla moto che ci hanno appena regalato, non abbiamo neppure il casco, e non la sappiamo guidare bene, non sappiamo neppure come funziona. La strada è piena di curve, e noi ci sentiamo così potenti e così immortali! Non sappiamo neppure che se si frena col freno davanti la moto si impunta e si può volare contro un muro, o un albero, e lasciarci la pelle. Ce lo hanno detto, ma noi abbiamo capito tutto, sappiamo come fare, e quei menagramo non capiscono niente.



 
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