Il ritorno alle urne che nessuno è in grado di escludere

Il ritorno alle urne che nessuno è in grado di escludere
di Mauro CALISE
3 Minuti di Lettura
Martedì 3 Aprile 2018, 16:36 - Ultimo aggiornamento: 16:41
L’assenza di una chiara maggioranza – numerica e politica – in parlamento, amplia la fisarmonica del Presidente. Vale a dire, i suoi poteri nella formazione del governo. Dipenderà, infatti, solo da Mattarella la valutazione se le proposte che i leader politici, di volta in volta, gli porteranno siano o meno credibili. Perché saranno, inevitabilmente, proposte inedite, senza precedenti nella nostra storia politica. Non ci sono, tanto per capirci, ipotesi di destra o di sinistra. E tantomeno aggiungendoci un centro, che in pochi anni si è dissolto. Tutte le combinazioni di cui si è parlato finora sui giornali sono – per usare un eufemismo – ibride.

Metterebbero, cioè, insieme partiti – e leader – che fino a ieri si sono combattuti aspramente. E che, in molti casi, non hanno alcuna esperienza di governo. Quindi, con rischi molto elevati di coesione e di tenuta nel tempo. Naturalmente, la elementare chiarezza di questo quadro di partenza non servirà a risparmiarci le pretese indebite e infondate, come quelle ch e Di Maio ha messo in campo fin da dopo il voto. Rivendicando una investitura a premier in nome di un terzo scarso dell’elettorato raccolto dal suo partito. Pur sapendo che a norma di Costituzione – purtroppo per lui – serve almeno la metà dei seggi. Ma si tratta, ancora, di tattica. La cortina fumogena che serve a nascondere le manovre in corso. E a confondere le carte, e gli scenari. Che, all’osso, si riducono a quattro. Due più semplici, ma molto improbabili. E due più complicati, ma che hanno qualche chance in più.

I due più semplici hanno come perno, e dominus incontrastato, i Cinquestelle. Che raggiungerebbero la maggioranza sia che si unissero al Pd sia che si accordassero con la Lega. Due soluzioni numericamente possibili (anche se alquanto risicate). Ma che appaiono altamente improbabili. Che vantaggio – tattico e strategico – avrebbe Salvini a siglare un patto da solo, rompendo l’alleanza con Forza Italia? Per qualche ministero in più, si trasformerebbe da leader incontrastato del centrodestra in partner di minoranza di un esecutivo a trazione Cinquestelle. Scelta altrettanto autolesionista se a farla fosse il Pd. Che, mettendosi armi e bagagli nelle mani del partito che così aspramente lo ha osteggiato e dileggiato per cinque anni, perderebbe quel poco che gli resta di identità. E di dignità.

Col che arriviamo al terzo scenario, molto gettonato soprattutto tra quanti ne hanno un sacro terrore. Una alleanza tra i Cinquestelle e tutto il blocco del centrodestra. Con Di Maio che accetterebbe di ingoiare il rospo del Cavaliere – che Grillo ha sempre indicato come il simbolo del male contro cui lottare – in cambio della agognata premiership. Numericamente, si tratterebbe di una maggiorana blindata. Ma con quali orizzonti politici? Di fronte a una simile proposta, Mattarella avrebbe difficoltà a non concedere il nulla osta – e l’incarico. Ma non sarebbe, comunque, obbligato. Non senza, cioè, aver vagliato che esista – almeno sulla carta – uno straccio di programma comune con cui presentarsi alle camere. Un punto su cui, malgrado le capriole cui i nostri leader ci hanno abituato, è lecito nutrire qualche dubbio.

Infine, se questa ammucchiata contronatura si rivelasse impraticabile, resterebbe sul campo soltanto il governo di responsabilità nazionale. Con un premier più o meno super partes, e dentro tutti i partiti. O meglio, tutti tranne i Cinquestelle. Perché, piuttosto che confondersi nel calderone e rassegnarsi a un ruolo secondario, Di Maio preferirebbe riprendersi, a tutto campo, l’opposizione. Contando sulla sua sperimentata capacità di aizzare le masse, e sul fatto che una maggioranza che avesse dentro Pd, Lega e Forza Italia avrebbe non pochi problemi a marciare compatta e spedita. Tirandosi fuori, però, i Cinquestelle farebbero – molto probabilmente – saltare il banco. E si ripartirebbe da zero.

Cioè, da quelle nuove elezioni che tutti dicono di volere evitare. Ma che nessuno è in grado di escludere.


 
© RIPRODUZIONE RISERVATA