Il laboratorio politico e il salvataggio di Salvini

Matteo Salvini
Matteo Salvini
di Mauro CALISE
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Lunedì 3 Settembre 2018, 16:48
Nell’ultimo quarto di secolo, l’Italia è stato il principale laboratorio occidentale di nuovi partiti. Iniziando con la Lega di Bossi, proseguendo con Forza Italia, passando per il Pd e approdando ai Cinquestelle. Partiti molto diversi, ma che hanno tutti svolto un ruolo chiave nella politica del Paese. Se ne annunciano altri due all’orizzonte. Uno dalle ceneri del Pd, l’altro dall’esuberanza di Salvini. 

Quali caratteristiche avranno? Per capire cosa succederà dei Democratici, la cosa più inutile è leggere le dichiarazioni della leadership. I veri cambiamenti si fanno, e poi si dicono. Per il momento, sono tutti in surplace. Chi dice esplicitamente di volere una cosa nuova, non ha cacciato ancora un’idea su come organizzarla. E senza macchina per correre, le chiacchiere – direbbe Bersani – stanno a zero. Chi sussurra che si potrebbe cambiar nome, forse sta pensando a cambiare molto di più. Altrimenti, sarebbe l’ennesimo inutile lifting, come – purtroppo – ce ne sono stati tanti, fallimentari, in passato. Chi proclama che la cosa importante è ritrovare il popolo e la retta – anzi, la sinistra – via, dice una di quelle ovvietà che non porta da nessuna parte. Nessuno dei partiti vincenti lo è diventato grazie a idee nuove – o vecchie – ma puntando su un leader forte e una organizzazione di zecca. Se il Pd non passa per questa cruna, è destinato a scomparire.

È lungo questa strada che Salvini ha trasformato la Lega nella forza egemone del centrodestra. E oggi è tentato dall’avventura di un predellino tutto suo. L’occasione gliela potrebbe offrire il sequestro delle casse leghiste. Una ipotesi – tra ricorsi e espedienti - ancora tecnicamente lontana, ma sufficiente come pretesto per rimescolare le carte. E dare l’assalto finale a Palazzo Chigi. Le spinte in questa direzione sono forti, ma lo sono anche le controindicazioni.

La spettacolare rimonta della Lega del Capitano, passata in cinque anni dal 4 al 17 per cento, è continuata secondo i sondaggi in modo ancora più travolgente. Qual è la chiave di questo successo che ha surclassato per rapidità perfino quello dei Cinquestelle? Basta scorrere l’attività indefessa del Ministro degli Interni, quasi esclusivamente impegnato a percorrere il Paese in selfie e in largo, per capire che i consensi sono il frutto di una abilissima campagna di comunicazione. Sul piano strutturale in Italia non è avvenuto nessun fatto eclatante. Lo stesso fenomeno migratorio, se si guarda ai dati, ha preso la direzione opposta a quella denunciata a tutto tweet da Salvini. Cosa succederà una volta che il governo gialloverde dovrà fare i conti con i conti, e passare dalle parole ai fatti?

Nessuno lo sa, tanto meno gli spin doctor del vicepremier, che – da bravi professionisti – sanno bene che le bolle mediatiche si sgonfiano con la stessa rapidità con cui si formano. Molto dipende dalla buona sorte – finora, Salvini ne ha avuta tanta. E molto da se e quando ci sarà qualcuno in grado di contendere al leader leghista il monopolio dell’agenda comunicativa che è riuscito in questi mesi a occupare. Ci stanno provando i Cinquestelle, nessuno sa se comparirà – dagli ex ranghi del Pd o di Forza Italia – un nuovo leader competitivo. Ma è un rischio che il vicepremier eviterebbe volentieri di correre.

Ecco perché in molti spingono perché vada rapidamente all’incasso della notorietà e dei consensi che tutti i sondaggi gli confermano. Rompendo l’alleanza di governo, e andando, con un nuovo partito, al voto. Prima che il Pd abbia il tempo di rimettersi in carreggiata. E cogliendo in contropiede i Cinquestelle, che cominciano a soffrire le tensioni tra la leadership di destra e la base più spostata a sinistra.

Rifondare, però, la Lega stravolgendone il nome e la bandiera è operazione piena di incognite. La volatilità impressionante dell’elettorato al tempo dei social media può regalare amare sorprese. Lo sa bene Mattero Renzi, scaraventato in pochi mesi dalle stelle alle stalle. E Salvini sa che potrebbe toccargli una sorte analoga. Meglio, forse, tenersi stretto il potere – economico e statale – su cui sta, insieme ai Cinquestelle, mettendo le mani e i piedi. Dopotutto, a guardarsi indietro, i nuovi partiti di successo non sono stati quelli fondati col vento in poppa, ma con Saturno contro. È la fame che aguzza l’ingegno. Per il momento, la Lega è fin troppo impegnata a banchettare.

 
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