Se la scienza resta vittima di due “pensieri forti”

di Giovanni SECLI'
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Giovedì 17 Gennaio 2019, 11:49
La piroetta pro-scienza, da parte di Beppe Grillo, inintenzionalmente può trasformarsi in un peana a favore dell’esaltazione acritica della scienza, della sua assolutezza ed esaustività nella comprensione e risoluzione delle problematiche naturali. Rischio in agguato in una fase culturale (o sub-culturale) schizofrenica tra lo scientismo egemone, soprattutto per i prodigiosi progressi tecnologici e in primis dell’informatica, e il rigurgito di irrazionalismo che si manifesta in diversi campi. Basti pensare al paranormale, al settarismo e al fondamentalismo religioso, allo sciovinismo nazionalistico, al dominio di mode effimere, seducenti e pericolose.

Tra due pensieri forti, la vittima è proprio la scienza, intesa come espressione applicata della razionalità laica, nata dal confronto con la natura, libero e metodico insieme, e dal dialogo aporetico; guidata da un'epistemologia che dà consapevolezza dei propri limiti assiomatici e operativi, quindi problematica e non corazzata in certezze assolute.
È la scienza moderna che si è costruita, nella sua credibilità e nella sua autorevolezza - emblematico rappresentante Galilei -, con la rivoluzione emancipatrice rispetto alle due auctoritates dogmatiche: la religione cristiana e la chiesa cattolica, da un lato; dall'altro la scienza ufficiale aristotelico-tolemaica, consolidatasi per l'egemonia plurisecolare e per l'alleanza con la fede, sua rivale. Una scienza figlia anche di altre lotte di emancipazione umana e razionale: la filosofia della natura e la magia come bisogno di osservare, al di là dei limitati e limitanti schemi accademici e delle apparenze superficiali, i segreti della natura per riprodurli; l'alchimia sua applicazione più audace, progenitrice della chimica; l'anatomia e la fisiologia, per secoli imputate di stregoneria.

Dalla pluralità di percorsi di emancipazione culturale contro i poteri forti e dogmatici; passando attraverso l'esaltazione della ragione critica e anche pragmatica, suprema istanza e guida umana nell'Illuminismo; per approdare all'egemonia della razionalità strumentale, che ne è il suo compimento ma anche il suo tradimento: il rapporto mezzi-fini non sempre ne preserva l'equilibrio , spesso ignorando il contesto, gli effetti indesiderati. E' la scienza della civiltà industriale, spesso in deriva verso scientismo, in competizione vincente con la religione, secondo l'assunto positivistico, ma già denunziato da Nietzsche come nuovo mito. Quale il destino della problematicità che ne aveva connotato il dna di partenza? Da ciò, dalla fine del XIX sec è nata la pluralistica istanza di un'accorta riflessione epistemologica: sul senso e le modalità del proprio operare, sulla costruzione delle teorie, sulla corrispondenza o meno - delle leggi alla realtà, quindi sulla loro certezza descrittiva e ancor più predittiva.

Quindi da Hume e Kant, fino a Husserl, Poincairè, Einstein, Popper, Kuhn, Feyerabend, Bohr, Heisenberg, si è dipanato il dibattito in merito, demolendo la pretesa veridicità e assolutezza. Si è invertito il percorso della storia della scienza, rimuovendo il descrittivismo e il determinismo a favore di teorie relativistiche, ipotetiche, complementaristiche, indeterministico-probabilistiche. Un politeismo di paradigmi, con l'esito di sdogmatizzare le teorie e le leggi, rimarcando la ipoteticità degli assiomi, il dovere di falsificabilità verso le certezze, fino a sostenere l'utilità dell'anarchia metodologica per il progresso scientifico. Un processo interno al mondo scientifico, che ne ha ribadito laicità, apertura, fecondità, innovazione; e in parte ha preservato la scienza dalle accuse di unidimensionalità razionalistica, provenienti dal mondo dell'irrazionalismo. Quest'ultimo magistralmente criticato da Kant nella presunzione dei visionari, per lui complementari ai metafisici teologici e scientisti- vive e si giustifica come istanza alternativa al pensiero unico della tecno-scienza, anche se ne scimmiotta talvolta i metodi e ne usa spericolatamente gli strumenti, ad iniziare dalla rete informatica.

Ai limiti metodologici, va unita la critica verso la presunzione di essere la dimensione suprema nella comprensione della realtà e di avere un potere illimitato; infine della validità dei risultati conseguiti, perfino di quelli esaltati. In Strafalcioni da Nobel (Carocci 2018) S. Fuso elenca enormi gaffes scientifiche che pur valsero il Nobel (J. Fibiger, J. Wagner Jauregg, etc) o incoerenze in altri premiati, come L. Montaigner (scopritore dell'HIV) ma teorico della memoria dell'acqua, o il chimico K. Mullis che esclude il rapporto tra HIV e Aids e crede nell'astrologia; predicata e praticata anche da Keplero e Newton!

Oltre che di errori e incoerenze, paradigmi dogmatici poi crollati, il suo percorso è connotato anche dalle teorie ufficiali in tandem con regimi politici e poteri economici. Pertanto alla sfida della piovra irrazionalistica, spesso mercificata, la scienza non può rispondere trincerandosi su presunzioni esaustive. Quindi riconoscere i propri limiti, imparare dagli errori, falsificare le proprie certezze, soprattutto quando non univoche e non sempre reggono al confronto con i fatti, o prescindono dal contesto e dalle ipotizzabili prospettive; ascoltare obiezioni e proposte alternative controllabili, non per diventare democratica, ma più inclusiva ed aperta: ancor più quando si dichiara impotente nella analisi o nella terapia di patologie. Nel 500 - e non solo - stregoni e santoni supplivano alle carenze e limiti dichiarati o meno dalla scienza ufficiale. Infine sostenere teorie o leggi presunte ulltimative (per principio indimostrabili e quindi superabili: lo insegnano Kant e il loro reciproco e successivo sconfessarsi) la fanno scivolare dalla problematicità sul terreno delle verità assolute, in analogia e concorrennza con la sua rivale la religione o l'irrazionale.
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