Il Sud oltre le oscillazioni
tra Gattopardo e Pulcinella

Una scena del film "Il Gattopardo" di Luchino Visconti
Una scena del film "Il Gattopardo" di Luchino Visconti
di Teresa BELLANOVA
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Sabato 29 Luglio 2017, 16:26
Una visione politica ampia e di lungo respiro, un’azione di sistema capace – al suo interno – di acquisire in modo dinamico e intelligente i dati più significativi in fieri per adattarsi, sempre più e sempre meglio, non solo alle circostanze date ma al paradigma più complessivamente individuato. Se sono questi gli elementi prioritari di un progetto per il Mezzogiorno che non voglia arrendersi né al computo infinito delle lamentazioni né alle strettoie delle tecnocrazie né alla pura elencazione delle cose fatte, credo sia necessario guardare nel modo giusto al Decreto Sud licenziato (con corpose integrazioni) mercoledì al Senato e adesso nuovamente all’attenzione della Camera per l’approvazione definitiva. Tenendolo legato al vasto raggio di azioni che in questi anni, e a partire dal 2014, il Governo ha promosso e che, buone ultime, ma solo in ordine di tempo perché viceversa preziosissime, le anticipazioni del Rapporto Svimez confermano come opportune e corrette.

Un raggio d’azione ampio e tutt’altro che scoordinato: provvedimenti ad hoc, azioni di sistema come quelle afferenti a Industria 4.0, contratti di sviluppo, interventi per le aree di crisi complessa e non complessa, per l’occupazione, per il sostegno al reddito, per il contrasto alla povertà, politiche attive del lavoro, azione sui Tavoli di crisi, rigenerazione urbana, fisica e sociale delle periferie urbane, inclusione.

Un palinsesto intimamente coerente che inizia a dare i suoi frutti in termini di indicatori statistici e che rinvia ad alcune parole d’ordine precise: innanzitutto tenere insieme, e questa è la prioritaria, crescita/sviluppo e inclusione sociale. Quindi identificare nella rigenerazione (sociale, territoriale, economica) un potente driver di sviluppo. Infine, fare pulizia di molti luoghi comuni, il primo dei quali ancora in auge tra settori politici e dell’opinione pubblica, che il sud è una sorta di palla al piede del sistema-paese piuttosto che una opportunità, un’occasione, una sfida.

Ecco, a partire dall’inversione determinatasi con i Patti per il Sud, passando dall’emblematica azione di sistema per Taranto fino ai punti del Decreto Mezzogiorno e, dato recentissimo, al Tavolo Puglia apertosi al Mise martedì scorso anche per sottrarre alla perenzione circa 43 milioni di euro, e ai 22 nuovi contratti di sviluppo, dall’automotive all’agroalimentare, sottoscritti al Mise tra Governo, Invitalia, Campania e Calabria, io credo che la nostra visione delle cose (quando dico nostra intendo del Governo ma anche del Pd, senza ovviamente alcuna sovrapponibilità) sia chiara ed esemplare.

L’abbiamo chiamata crescita a trazione meridionale. Abbiamo detto – e scritto – che “la crisi economica e sociale del mezzogiorno è una priorità della politica” ma abbiamo anche detto – e scritto – che dobbiamo essere in grado di “imparare” dal sud, ovvero guardare, e capire, come si tengono insieme eccellenze ed enormi potenzialità nella manifattura, nell’agricoltura, nel turismo, nei trasporti, nella logistica, nella formazione, e aree di crisi e profonda depressione. Il che non è un’esclusiva meridionale ma sempre di più, e con impatti ancora poco studiati, una dinamica che coinvolge anche il nord del paese e ampie zone dell’Europa, non solo quella della sponda mediterranea.

Nella mia lunga esperienza, sindacale e politica, mi sono sempre fatta guidare da due regole. La prima è che il meglio è nemico del bene (senza per questo smettere di aspirarvi). La seconda è che il dato di realtà è una stella polare solo se lo leggiamo fino in fondo e che un dato è positivo se ti dà la possibilità di capire come renderlo strutturale e di lavorare per potenziarlo.

I principali osservatori ci confermano dunque che la ripresa nel Mezzogiorno è costante e tendenziale, giovandosi ovviamente dell’aumento del Pil su base nazionale. Cresce il tasso di crescita del prodotto interno lordo, il tasso di crescita tendenziale delle imprese attive, il numero delle imprese e il fatturato delle grandi e delle piccole. Cresce l’export a un ritmo più accelerato di quello della media nazionale, cresce l’occupazione. E allora?

Allora, dobbiamo capire qual è il punto. Economisti di pregio hanno detto pubblica amministrazione. Io dico sì, pubblica amministrazione ma non solo. I Patti per il Sud invertivano una tendenza perché chiamavano, governo centrale e istituzioni regionali e territoriali, a un’unica corresponsabilità, un’unica alleanza per governare processi complessi. E dunque ponevano, con grande chiarezza e nitore, il problema della qualità delle classi dirigenti meridionali e quello, non indifferente, della progettazione territoriale. Più leale collaborazione istituzionale meno conflitto da monetizzare elettoralmente nell’immediato. Meno scaramucce, più confronto nei luoghi deputati.

Non è un problema da poco. C’è uno spirito pubblico meridionale che rischia di essere costante preda di due paradigmi simbolici, perennemente in agguato: gattopardo e pulcinella. Saremo capaci di oltrepassarli, liquidando questo eterno oscillare tra due micidiali categorie umane e politiche? Chi ha orecchie per intendere intenda.
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