Test di Medicina, le università innalzino i limiti imposti dal numero chiuso

Test di Medicina, le università innalzino i limiti imposti dal numero chiuso
di Maurizio BIFULCO
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Mercoledì 5 Settembre 2018, 14:58
Anche quest’anno si è registrato un boom di aspiranti matricole per il test di accesso ai corsi di laurea in Medicina e Odontoiatria. Le domande di candidatura per la prova di ingresso sono state ben 67mila a livello nazionale, con un trend ancora in crescita rispetto al 2017 (+0,8%). Un esercito di aspiranti medici che si sono giocati le chance di un futuro da camici bianchi con le crocette dei test a risposta multipla nei 100 minuti messi a disposizione. Alla fine meno di uno su sei riuscirà a farcela: i posti disponibili sono, infatti, poco più di 10mila (9.779 a Medicina, 1.096 a Odontoiatria).

E così, in occasione del test, la complessa questione della regolamentazione dell’accesso al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia torna alla ribalta e si ripropone il dibattito tra sostenitori e oppositori sia del test che del numero chiuso. Con chi li ritiene estremamente selettivi e ingiusti e chi invece pensa che, malgrado tutto, siano l’unico strumento possibile per garantire la formazione di un numero di medici congruo rispetto alla effettiva domanda, ma soprattutto alla sostenibilità del mondo del lavoro.

Solo pochi anni fa, nel 2015, l'allora ministro dell'Istruzione Stefania Giannini annunciava la possibile abolizione del test di ingresso a Medicina e lanciava la proposta, ritirata dopo numerose polemiche, di un modello simile a quello già adottato in Francia, ovvero ammissione libera al corso di laurea in Medicina e sbarramento dopo il primo anno per chi non supera l'asticella di crediti e media voto.

Un meccanismo certamente valido, ma, forse e purtroppo, poco praticabile in Italia, in mancanza di risorse e strutture e soprattutto di personale docente e ricercatore per affrontare l'onda d'urto dei tantissimi studenti che si iscriverebbero al primo anno, e da preparare col tempo e un cambio netto di mentalità.

Chi crede che questo modello possa rappresentare una facilitazione si sbaglia perché secondo le statistiche, solo il 10-20 per cento degli aspiranti medici riesce a superare indenne la ghigliottina di sbarramento e può proseguire gli studi al secondo anno, più o meno in media con il numero degli attuali iscritti che riescono a superare il nostro test di ingresso.

Meglio sarebbe, come affermato anche da Gaetano Manfredi, presidente dei rettori delle Università italiane, aumentare, senza stravolgere il modello, gli ingressi dagli attuali 10mila a 15mila ovvero più del 50 per cento rispetto ad oggi. Sono invece troppo pochi i 700 posti in più concessi dal governo quest'anno. Questa minirivoluzione necessiterebbe di un paio d'anni, per attrezzarsi e organizzarsi mantenendo la qualità didattica e di infrastrutture.

Al momento, dunque, un test di accesso che metta sullo stesso blocco di partenza tutti i candidati, realizzato con procedure trasparenti e adeguatamente monitorato, resta, seppur sicuramente migliorabile - perché, ricordiamolo, nessun test è perfetto - l'unica scelta attuabile al momento. Resta difficile però, al di là dei numeri e della necessità di una selezione in ingresso, riuscire a valutare tramite un freddo test a risposta multipla quelle che sono le qualità fondamentali di un medico, le attitudini specifiche, le motivazioni, la vocazione di giovani che saranno chiamati nella loro professione a confrontarsi quotidianamente con la sofferenza e la malattia.

In un sistema sanitario come il nostro che, nonostante i problemi strutturali e di sostenibilità finanziaria e i disagi cui spesso i pazienti e gli operatori sanitari vanno incontro, resta uno dei sistemi sanitari migliori al mondo e che trova sostegno e nuove energie proprio in quei giovani che ogni anno continuano ad inseguire il «sogno del camice bianco». Non dobbiamo negare perciò ai nostri giovani la possibilità di decidere e costruire il proprio futuro medico, sulla base delle personali attitudini e aspirazioni ma, anzi, attraverso sistemi che lo garantiscano, incentivare e premiare il merito, privilegiando la meritocrazia a fronte della medicocrazia.
Queste sono le azioni fondamentali per restituire a loro ed a noi la possibilità di apprezzare ed investire nel nostro Paese, senza scappatoie, e la speranza di abbattere la disillusione dilagante che rischia di vedere tramontare i sogni di intere generazioni. È questo un nostro compito fondamentale, sociale e culturale.
 
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