Dl sicurezza, ok del Senato: 163 sì,. 5 M5s non votano. Salvini: «Governo andrà avanti»

Dl sicurezza, ok del Senato: 163 sì,. 5 M5s non votano. Salvini: «Governo andrà avanti»
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Mercoledì 7 Novembre 2018, 12:24 - Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 10:27

Centosessantatre sì e 5 dissidenti pentastellati: poco dopo le 12 la fiducia al dl sicurezza passa con questi numeri al Senato, quindi sul filo rispetto alla maggioranza di cui può contare l'esecutivo, cioè 171 voti. Ma sempre un passaggio chiave, nella strategia tattica dei due alleati di governo, perché permette a Matteo Salvini di sedersi, domani mattina, al tavolo della trattativa sulla prescrizione con il M5S con il suo decreto già incassato. 

Sicurezza, dall'asilo ai rimpatri le misure del decreto Salvini
Prescrizione, M5S: lealtà o il dl sicurezza rischia. E la fiducia slitta a oggi


Mentre Di Maio, nella notte, può «prendere» un suo punticino: l'allargamento del ddl anticorruzione al tema della prescrizione. Tema sul quale, a questo punto, la trattativa tra i due vicepremier riparte da zero con lo stop all'istituto dopo il primo grado di giudizio che continua a vedere il fermo «no» della Lega. 

L'ok al dl sicurezza porta a Di Maio un nuovo grattacapo: i 5 senatori che hanno scelto di non votare la fiducia e che vengono deferiti ai probiviri per il loro «grave comportamento». Dissidenti (De Falco, Fattori, Mantero, La Mura, Nugnes) non fanno traballare neanche per un attimo il sì al decreto sicurezza. I numeri della fiducia non sono ampi ma né FI né Fdi votano contro, a dimostrazione del fatto che, se non fosse stata messa la fiducia, il provvedimento sarebbe stato in qualche modo blindato da Salvini.

«È una giornata storica», esulta il leader leghista certo che il decreto passerà prima alla Camera. Prima, tuttavia, per Lega e M5S c'è da risolvere un nodo che s'ingrossa di ora in ora ponendo quasi un «prima e un dopo» nella storia dell'alleanza giallo-verde: quello sulla prescrizione. Dalle parti del M5S la giornata comincia infatti con un «consiglio di guerra» tra Di Maio e i ministri Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede. E il messaggio del leader M5S è chiaro: sull'inserimento dell'emendamento sulla prescrizione nel ddl anticorruzione si va avanti. Poco dopo, in una diretta facebook, Di Maio lo ribadisce ai suoi militanti. «Quella sulla prescrizione è una battaglia di civiltà», scandisce il vicepremier lanciando l'ahashtag «#BastaImpuniti».

Mentre, dal Nicaragua, arriva anche il «contributo» di Alessandro Di Battista: «sulla prescrizione la Lega scelga se stare con l'Italia o con Arcore», attacca il frontman M5S. «Io sto con i Cinque Stelle non con FI, in Nicaragua c'è il fuso», è la sarcastica replica di Salvini. La giornata, alla Camera, passa così all'ombra della melina sul ddl anticorruzione. I presidenti (M5S) delle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia Giuseppe Brescia e Giulia Sarti accettano la proposta di Pd e FI di chiedere un parere alla Giunta del Regolamento sull'ampliamento del perimetro del ddl, che, con l'emendamento M5S si dovrebbe vertere anche sulla prescrizione (con conseguente slittamento dei tempi). Ma il presidente della Camera Roberto Fico, in serata, «ripassa» la palla alle commissioni.

Domani, alle 8, così dovrebbe essere votato l'allargamento del ddl con il placet della Lega.
Ma con un principio che, in serata, il Carroccio ribadisce: «sul merito dell'emendamento M5S non c'è accordo». Tradotto, sulla prescrizione la trattativa, da domani, parte da zero. Anche perché, l'atteso vertice tra Di Maio e Salvini, tuttavia, per l'intera giornata non vede luce. Tra i due, al momento, resta il gelo nonostante una telefonata distensiva tra il Guardasigilli Alfonso Bonafede e il leader leghista e nonostante le rassicurazioni sulla tenuta del governo arrivino da entrambi le parti. «Non si va al voto a marzo», sottolinea Salvini. Ma, il M5S è intenzionato a non dare più terreno all'alleato. E, anche per questo, è probabile che i probiviri probabile non espellano i senatori dissidenti, che non abbozzano alcun pentimento. «Il dl sicurezza non mi appartiene», spiega La Mura. «Non ho fatto nulla di male», incalza De Falco. E, segretamente, nel M5S più di uno la pensa così.

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