La speranza, per il vicepremier grillino, è che la “manina” pronta a infilarsi in ogni atto di governo la smetta di maneggiare e di manipolare. E prima la “manina” che all’Inps aveva manomesso il Decreto Dignità facendo arrabbiare il capo M5S.
E ora la “manina” - la stessa o un’altra? Con il guanto tecnico o con quello lumbard? - che celodurizza la pace fiscale trasformandola da light a strong nel tragitto Palazzo Chigi-Quirinale: ma magari la “manina” può evitare che lungo la strada il decreto precipiti in una delle proverbiali buche di Roma e allora ben venga la “manina”. Anzi, no: la “manina” nel gergo dei grillini è l’eufemismo per non dire manona.
E rappresenta un artiglio del “lato oscuro del potere” (altra espressione di Di Maio) e perciò non può che essere gelida (peggio che nella Bohème) quest’arma al servizio di chissà chi ma certamente distruttrice della “manovra del popolo” e del Nuovo Contratto Sociale. Colpa di Tria o di Salvini? La “manina” è comunque una “manina” ministeriale. Prima c’erano i maneggioni, nella retorica pentastellata, adesso prolificano (chiamiamoli così) i “maninoni”.
Luigi #DiMaio è imprigionato in un episodio della Famiglia Addams: è perseguitato dalla Mano. Manine e manone hanno modificato la Manovra? Denunce in Procura? Ammetta una buona volta che i Cinquestelle hanno dato il via libera ad un condono fiscale a loro insaputa. pic.twitter.com/JeMcxWiHto
— Mara Carfagna (@mara_carfagna) 17 ottobre 2018
Ma Di Maio non sembra sospettare troppo, un po’ sì, di Salvini, anche perché la mano o manona di Matteo, quella destra cioè la più attiva e potenzialmente sospettabile, è infortunata. E gravata da un tutore.
A meno che il vicepremier leghista si sia infortunato non facendo jogging, come si ostina a ripetere, ma intostando il decreto fiscale che per lui è un po’ frou frou, calcando troppo la penna su quel testo. Una pressione che effettivamente può produrre slogature. Magari scambiate per complotti.