Conte ad Assisi omaggia San Francesco ma la reddito-card è lontana dal poverello

Conte ad Assisi omaggia San Francesco ma la reddito-card è lontana dal poverello
Conte ad Assisi omaggia San Francesco ma la reddito-card è lontana dal poverello
di Mario Ajello
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Venerdì 5 Ottobre 2018, 17:20 - Ultimo aggiornamento: 19:02

dal nostro inviato
ASSISI
San Francesco non è il padrino né il patrono dell'assistenzialismo. Nessuno infatti lo ha visto festeggiare, insieme ai ministri grillini, né sul balcone né sul barcone. Si autodefiniva «nemico dell'ozio», eppure il catto-pauperismo a 5 stelle che cosa fa? Ringrazia proprio il Poverello d'Assisi per il miracolo del reddito di cittadinanza. Mentre l'omaggio di Luigi Di Maio è soltanto a parole - «Abbiamo messo nella manovra il reddito di cittadinanza che invocavamo nelle marce da Perugia ad Assisi, la città di San Francesco» - quello del premier Conte è anche fisico. Il pellegrino di Palazzo Chigi, già innamorato di Padre Pio, dunque è bigamo tra San Giovanni Rotondo ed Assisi, s'è inerpicato fino alla basilica umbra. E il «governo del cambiamento» è diventato così, con la visita di Conte, l'incarnazione del messaggio francescano che «ci insegna a non avere paura del cambiamento e ad avere il coraggio delle proprie idee, quando l'obiettivo per il quale si lavora è il bene della comunità».

Il saio, più della grisaglia, diventa quindi l'abito dell'esecutivo giallo-verde. O meglio, del solo versante giallo visto che Salvini, pur essendo abituato a sventolare il rosario, è difficile da immaginare nei panni di un frate zoccolante. Grillo e Casaleggio si sono sempre vantati di aver fondato il loro movimento il 4 ottobre, cioè nel giorno natale del Poverello, ma chissà lui che cosa avrebbe pensato di fronte a questi suoi epigoni i quali la povertà vogliono abolirla non per l'eternità ma soltanto per 18 mesi. Non più di tanto durerà infatti la reddito-card ad uso degli indigenti. I quali poi dovranno arrangiarsi, sempre in maniera etica e moralmente corretta però, secondo i comandamenti non di Francesco ma di Di Maio (a sua volta bigamo, considerando la passione che prova anche per San Gennaro).

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FRATEL GIUSEPPE
Ma riecco fratel Giuseppe, ossia Conte, quello appena effigiato trionfalmente (titolo: «Fidatevi di me, questa manovra farà del bene al Paese») sulla copertina di Famiglia Cristiana e che in mezzo ai religiosi con il loro saio dice entrando nella basilica: «San Francesco, con la sua personale testimonianza di vita, ha dato attuazione al messaggio più rivoluzionario mai concepito dall'antichità ai nostri giorni: gli ultimi saranno i primi». Siccome però il grande beato ha lasciato l'opera incompiuta, essendoci ancora i poveri e i derelitti e non i ricchi alla base della piramide sociale, adesso tocca ai frati pentastellati fare la rivoluzione. E la reddito-card, scadenza 18 mesi, è l'arma rivoluzionaria, caricata a salve. Nelle mani di quelli che Grillo nel 2010 definì «pazzi della democrazia» esattamente come i seguaci di San Francesco venivano chiamati «pazzi di Dio».

LEZZI SORELLA LUNA
In tanta pazzia, sempre Grillo si spinse a quest'altro paragone: «Come il santo di Assisi era quello che la Chiesa voleva bruciare come eretico, così anche a noi ci vorrebbero far fare una brutta fine».
E Casaleggio, ancora più francescano di Beppe (la cui curvatura, se vogliamo giocare con l'assurdo, è semmai più da Savonarola), non faceva che ripetere nella sua estasi da sognatore millenaristico: «San Francesco è la figura della Chiesa che più apprezzo». Da qui ad invitare virtualmente il Poverello alla festa del reddito di cittadinanza - a farlo ballare idealmente sul barcone sul Tevere al party 5 stelle dell'altra sera o a immaginare di averlo accanto mentre fa il segno della vittoria sulla balaustra di Palazzo Chigi insieme a Toninelli (Fratello sole) e alla Lezzi (Sorella Luna) - è un bel salto acrobatico. Anche perché per San Francesco il lavoro era simbolo di onestà e rappresentava un valore prioritario rispetto all'elemosina. Anche quella del Cantico delle creature grilline.

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