Di Maio: «Sulla gara Ilva ci fu eccesso di potere». Ma Mittal non si ferma

Di Maio: «Sulla gara Ilva ci fu eccesso di potere». Ma Mittal non si ferma
di Giusy Franzese
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Giovedì 23 Agosto 2018, 11:59 - Ultimo aggiornamento: 12:17
Di Maio conferma: il parere dell'Avvocatura generale dello Stato sulla procedura di cessione dell'Ilva è da martedì sulla sua scrivania. Si tratta di 35 pagine - fa sapere con un comunicato - nelle quali si evidenziano «forti criticità e nuovi elementi fondamentali che porterebbero al sospetto di illegittimità dell'atto». In particolare il ministro si sofferma sulla vicenda dei mancati rilanci, nonostante la cordata AcciaItalia (Cdp, Arvedi, Delphin, Jindal) fosse pronta a presentare una nuova offerta migliorativa. «Il profilo più rilevante - continua la nota - è legato a eccesso di potere e cioè al cattivo esercizio dello stesso, non essendo stato tutelato il bene comune e il pubblico interesse a causa della negata possibilità di effettuare rilanci per migliorare l'offerta». Ma non è il solo punto. «Tra le altre cose, l'Avvocatura evidenzia una possibile lesione del principio di concorrenza: lo spostamento del termine al 2023 per l'ultimazione degli interventi ambientali avrebbe dovuto suggerire una proroga del termine per la presentazione di ulteriori offerte». Per cui, conclude il ministro, «in relazione alle tutele ambientali l'estrema importanza di ambiente e salute richiede altri necessari approfondimenti in materia».

A leggere con attenzione il comunicato salta agli occhi come Di Maio scelga la cautela: parla sì di «forti criticità» (che d'altronde erano state evidenziate già dal parere dell'Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone), ma anche di «sospetto di illegittimità». Parole dalle quali si evince che l'Avvocatura non considera automaticamente nulla la gara. Come anticipato ieri da Il Messaggero, quindi, spetta al ministro la decisione se esiste un interesse pubblico attuale e concreto all'annullamento.

LE SCADENZE
Intanto il tempo è praticamente finito: domani scadono i trenta giorni del procedimento amministrativo che lo stesso Di Maio ha avviato il 24 luglio scorso. E a metà settembre scade la proroga per il passaggio delle chiavi ad Arcelor Mittal, il colosso dell'acciaio che aspira a diventare il nuovo proprietario Ilva in quanto capocordata della newco AmInvestco Italy che ha vinto la gara. Finiscono inoltre anche i soldi in cassa a disposizione dei commissari straordinari, come gli stessi hanno ricordato nell'ultima audizione in Senato. Per una eventuale altra proroga a fine anno (ma in molti si chiedono che senso avrebbe, e poi bisognerebbe capire se ArcelorMittal è d'accordo) lo Stato dovrebbe mettere mano al portafogli e effettuare un'altra tranche di finanziamento con un nuovo decreto ad hoc di 132 milioni di euro. Che tra l'altro dovrebbe passare anche il vaglio della Ue.

Nel frattempo che il ministro pronunci una parola definitiva sul destino del più grande stabilimento siderurgico d'Europa e sul gruppo Ilva intero, Arcelor Mittal e tecnici ministeriali non hanno di fatto mai smesso di avere contatti e di affinare alcuni punti delicati del contratto di cessione. A partire da quella clausola di salvaguardia per gli occupati che a fine piano ambientale (2023) si dovessero ritrovare senza un posto e senza alternative di sorta. «Sono stati fatti passi avanti significativi» rivela una fonte autorevole molto vicina al dossier, che sottolinea anche come in questo periodo da Di Maio «non sono mai arrivate comunicazioni di interrompere i contatti».
I sindacati però non nascondono la loro preoccupazione e restano in attesa di una nuova convocazione, che a questo punto potrebbe arrivare già per domani o al per lunedì 27 agosto.
 
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