Di Maio pronostica la scissione a sinistra: poi pronti al confronto

Di Maio pronostica la scissione a sinistra: poi pronti al confronto
di Stefania Piras
4 Minuti di Lettura
Martedì 6 Marzo 2018, 09:51 - Ultimo aggiornamento: 09:54
«Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano». Si canta e si scherza sulle note di Antonello Venditti all'hotel dei Principi per non pensare che dopo un'intera legislatura passata all'opposizione del Pd, il M5S prova a cercare le intese proprio lì, nel Pd. E dopo tutto il 19 febbraio 2014 la Rete votò perché Grillo aprisse un dialogo con il Pd e andasse a consulto con Renzi. Finì malissimo. E infatti anche ieri la conditio sine qua non per il M5S è che ora il Pd cambi segretario. Le parole di Matteo Renzi ieri hanno spiazzato i vertici pentastellati che si aspettavano le sue dimissioni senza colpo ferire. Ma così non è stato. Per questo in attesa della «fase congressuale del Pd» il M5S lavorerà sulle presidenze delle Camere. Ma dimenticate lo streaming con Pierluigi Bersani e la trattativa sul governo di cambiamento in cui «sembra di stare a Ballarò», come disse Roberta Lombardi. Sui presidenti delle Camere si gioca la partita post voto più importante per il M5S che non ha certo intenzione di inscenare la fiction con finale già scritto di cinque anni fa. Danilo Toninelli che è diventato senatore parla di una «rosa di nomi» su cui lavorare in modo congiunto con le altre forze politiche. E non sfugge ai pentastellati che una delle presidenze, il Senato che è la seconda carica dello Stato, nei governi di minoranza viene affidata al partito che permette la nascita del governo non votando contro la fiducia.

LEGGI ANCHE: Raggi abbraccia Di Maio: «Dopo Roma un'Italia a 5 Stelle» 

Inoltre si parla di nomi terzi che assicurino massima imparzialità. Altro segnale che il M5S è pronto a confrontarsi e a negoziare, come mai prima, è il fatto che ieri non c'è stato alcun riferimento alla squadra di potenziali ministri annunciati da Luigi Di Maio. In due si sono fatti vedere all'Hotel dei Principi ma «a titolo personale», si precisa. Un modo elegante per dire che la squadra non è intoccabile e che i candidati ministri possono benissimo non essere più candidati ministri se gli alleati Pd che si faranno avanti lo vogliono.
Fonti autorevoli M5S promettono: «Non ci saranno incontri segreti». Una cosa è certa: non ci sarà lo streaming, come detto e nemmeno il voto della rete.

PUNTI PROGRAMMATICI
Lotta alla povertà e tagli agli sprechi, sono i primi due punti programmatici che Luigi Di Maio ha lanciato ieri per irretire il Pd. I pontieri pentastellati vogliono parlare con tutti meno che con Renzi. «Mi dispiace un pò che sia andato via. Se restava ancora un po' lo mandavamo al 10%», ha detto Beppe Grillo uscendo da un ristorante in zona Parioli dove ha cenato con Davide Casaleggio e Luigi Di Maio. In attesa della scissione interna al Pd Di Maio cercherà e proporrà «figure di garanzia che vorremo individuare per le presidenze delle due camere ma soprattutto per i temi che dovranno riguardare il programma di lavori». «Sono fiducioso che il presidente della Repubblica saprà guidare questo momento con autorevolezza e responsabilità», ha aggiunto.
Intanto per allentare la morsa mediatica Luigi Di Maio ha pensato bene di cambiare aria e oggi sarà nella sua Pomigliano D'Arco. Mossa che serve a consolidare la leadership pentastellata e gli consente di avanzare nel processo di personalizzazione del Movimento che nello statuto degli albori alla casella sede recava una dicitura mai vista prima: il collegamento ipertestuale di un sito web. Poi il M5S fu associato a Genova (Grillo), poi ancora a Milano (Casaleggio Associati), solo recentemente è stata aperta una sede legale a Roma. E ora la narrazione impone però di andare nella città di origine di Di Maio, Pomigliano D'Arco appunto, per ringraziare gli elettori che lo hanno preferito a Vittorio Sgarbi con il 64% delle preferenze e per ricominciare la campagna elettorale che sarà soprattutto campagna acquisti per la maggioranza che non c'è. Se servirà una spinta per dare una spallata a Renzi il M5S la offre volentieri. Lo accusano di aver frantumato il Pd, che è quello a cui poi puntano loro. E lo staff comunicazione sceglie di sfoderare la linea urticante rivolgendosi agli elettori ed eletti dem: «Che ne pensate di quello che ha detto Renzi?». E arriva l'occhiolino di Di Battista: «Pensare che io il Pd l'ho pure votato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA