Il neogrillismo di Palazzo e il gusto della mediazione

Il neogrillismo di Palazzo e il gusto della mediazione
di Mario Ajello
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Martedì 6 Marzo 2018, 10:03
ROMA Il Parco dei Principi nel lusso di Villa Borghese, la democristianeria come arte del possibile - «Non ne usate troppa, però, ragazzi», avverte Grillo - che soffia nei ragionamenti e nelle parole come convergenze quasi parallele e preamboli, e tutto quell'atteggiamento incravattato alla Giggino e alla Fraccaro e quel tratto che da contundente s'è fatto forlanianamente avvolgente. La metamorfosi governista, aperturista, inclusiva e neo-borghese di Di Maio e dei suoi collaboratori-scudieri-mediatori e ministri in pectore è lo spettacolo rassicurante che viene messo in scena in queste ore. E che avrà il suo sequel nelle prossime settimane e nei prossimi mesi (l'irruenza della fretta è sparita a sua volta insieme alle grida da Grillo d'antan: «Maledetti bastardi!», «Servi!», «Ammazziamoli tutti!»), a meno che la bonaria rilassatezza dei vincitori non si trasformi in rivolta qualora dovessero piovere dal Colle brutte notizie. Ossia che l'incarico non a Giggino verrebbe dato ma a Salvini. Oddio, no!

MATURITA'
Comunque la svolta della presentabilità, avviata da tempo e rivelatasi fruttuosa, sta avendo in questi frangenti il suo apogeo. Tratta qui, tratta lì, la diplomazia, l'arte della tessitura, un certo ecumenismo, che non è certo quello del Moviola (Gentiloni) ma aspirerebbe a somigliargli in Di Maio, sono in grande spolvero. E nella maturità governista degli ex rivoluzionari che volevano scardinare il Parlamento con l'apriscatole per il tonno non si poteva che cominciare indicando, o almeno questa sarebbe l'idea, un uomo senza spigoli, un mediatore d'eccellenza, una figura che tutti conosce e che tutti conoscono, da destra a sinistra, da questa parte e dall'altra del Tevere, nei media e fuori dei media e in tutti i Palazzi - insomma il direttore Emilio Carelli, ex Mediaset e Sky - come possibile presidente della Camera eleggibile tramite un largo accordo e un'ampia intesa. Come accadde in Senato per Spadolini. Ecco, la rivoluzione è finita, dal sogno si passa alla realtà che non è quella rousseauiana ma quella Fraccaro&Bonafede, e forse Grillo fa bene a preoccuparsi per la sfrenata propensione al dialogo che s'è impadronita dei Giggini e anche il Dibba sempre Guevara resta ma un Guevara cachemirato.

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Ora che il governo lo devono fare loro, non impongono più lo streaming come fecero con Bersani nel 2013, umiliandolo davanti a tutti. E i meet-up? Spariti. La retorica del web? Declinante. L'ansia di fare le leggi sulla piattaforma Rousseau? Sempre meno. Per non dire del «vaffa», perché - parola di Beppe - «non è più l'epoca del vaffa». La mutazione genetica è quella che fa muovere tanti mediatori amici del capo per trovare agganci negli ex avversari e sperare nei loro voti in arrivo per fare una maggioranza. «Hai chiamato Zanda?». «E tu hai telefonato a Michele Emiliano?», «E Speranza? Ma ci serve Speranza? Ma è entrato in Parlamento? E quanti voti ha?». Il tutto magari per un governo della non sfiducia, o per un governo di scopo (lo scopo di far governare Di Maio), o di garanzia (la garanzia che comandiamo noi) o per chissà quali altre acrobazie politichesi e politicanti. E non fa che dire Di Maio: «Io ci credo. Siamo una forza attrezzata per governare. E non faremo come Renzi che è arrivato a Palazzo Chigi con un tweet, poi si è inimicato pure gli elettori del suo partito e ha lasciato un Paese frantumato».

VIA LE SCIE
Intanto guai a chi ancora si attarda a parlare, in questa metamorfosi, di «scie chimiche» e altre fatuità da fase nascente delle stelle. La compostezza istituzionale deve frenare i deliri, e al massimo può essere gioiosamente interrotta per un intermezzo folk com'è la festa paesana che si svolge stasera a Pomigliano d'Arco, dove Giggino è genius loci e tarantelle e tammurriate si prevedono in piazza. Ma poi tutti di nuovo, da mercoledì mattina, al servizio della patria bisognosa del governo che vorrebbe cambiare tutto ma - ecco la novità - non è anti-tutti. Doveva sferzare l'Italia il grillismo per-dimaiano, ora questo invece vuole rassicurare gli italiani, proteggerli, garantirli, coccolarli con il reddito di cittadinanza che, democristianeria per democristianeria, sembra parente di certo assistenzialismo da vecchia Balena Bianca del Sud, e M5S nel Mezzogiorno anche per questo ha vinto. Ma adesso la metamorfosi ha bisogno di concretizzarsi nella piena assunzione del potere. E il rischio è che non ci si riesca.
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