LeU è rimasta al palo: processo a Grasso

LeU è rimasta al palo: processo a Grasso
di Sara Menafra
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Lunedì 5 Marzo 2018, 08:18
I voti reali arrivano a rilento, ma le proiezioni non lasciano scampo: appena nata, la storia di Liberi e Uguali è già finita. Al Senato e alla Camera entrerebbe per un soffio, rispettivamente col 3,3% e il 3,5%. La mareggiata cinque stelle trascina via i tempi in cui si poteva parlare di un gruppo che contendeva la leadership del centrosinistra al Pd e puntava alla doppia cifra e porta via anche l'ultima soglia psicologica al 5%. Il leader Piero Grasso non si fa vivo fino a notte inoltrata e il comitato elettorale acquartierato non lontano dal ministero dell'Istruzione resta gremito di giornalisti ma vuoto di candidati di ogni ordine e grado. Solo all'una e mezza passata, accetta di sottoporsi alle telecamere l'mdp Nico Stumpo, con una dichiarazione di rito: «I risultati finora riscontrati dalle proiezioni sono al di sotto delle nostre aspettative: quando ci saranno i dati definitivi faremo le nostre valutazioni politiche».

Il risultato è tale che ogni progetto sul prossimo parlamento è archiviato e la scissione è praticamente fatta. Già dai prossimi giorni i naufraghi dovranno pensare a guardarsi intorno, con compagni di viaggio diversi, tanto più se non ci saranno eletti sufficienti a costituire un gruppo parlamentare. La prima testa a saltare sarà proprio quella di Grasso, che non è riuscito a impersonare la leadership di un partito che diceva di puntare tutto sulla lotta alle diseguaglianze. Ma se il tema forte di questa tornata elettorale è stata la guerra all'austerity, erano tutti leader più visibili, a cominciare da Pierluigi Bersani, a risultare inadatti al compito.

IL FATTORE PD
Due, ammette qualcuno dei più vicini ai leader, sono le lezioni da tenere a mente. La prima è che quando la sinistra si divide (in questo caso in tre parti, incluso Potere al popolo), gli elettori tendono a punire tutti i litiganti in egual modo. L'immagine degli eterni accapigliati, che al momento buono concludono poco, si è ormai incollata agli eredi dei partiti storici e ci vorranno anni prima di sconfiggerla. Ad ogni scissione la sinistra perde qualcosa in termini di voti reali e percentuali, il che non impedisce che la volta dopo giunga una nuova scissione. L'altra è che gli elettori che abbandonano il Partito democratico - e stavolta più che mai - non restano a sinistra: scelgono l'astensione oppure corrono verso i Cinque stelle.

LA LEADERSHIP
Sicuramente, nel bilancio finale di Liberi e uguali, se confermato, va inserita la valutazione della leadership scelta. Il presidente Pietro Grasso, ex capo della Direzione nazionale antimafia, non sembra essere riuscito ad interpretare quella nuova sinistra rivolta soprattutto al disagio sociale e concentrata sul tema della disuguaglianza che Leu aveva scelto come asse. Grasso ha cercato di imbracciare la battaglia al principio, parlando di abolizione delle tasse universitarie, ma poi l'agenda dettata dalla discussione sul dopo voto e sulle possibili coalizioni ha finito per trascinare anche lui, fino al misunderstanding, ampiamente smentito, a proposito del governo del presidente alla presenza di Berlusconi. Ma sarebbe sbagliato attribuire le colpe solo al neoleader. In più di un'occasione, l'impressione complessiva è stata quella che la lista fosse composta o capeggiata da esponenti di un eterno e inamovibile ceto politico, per di più con una campagna elettorale giocata da one men show, senza un vero schema di gioco. Un effetto così, però, nessuno sembrava preventivarlo.
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