Aumenti per presidi e prof: fino a 85 euro mensili
ma il contratto resta fermo al 2010

Aumenti per presidi e prof: fino a 85 euro mensili ma il contratto resta fermo al 2010
di Maria Claudia MINERVA
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Domenica 8 Ottobre 2017, 19:52 - Ultimo aggiornamento: 19:53
Il contratto è scaduto nel 2010, sono già sette anni - quasi otto - che docenti e presidi sperano in un “ritocco” del loro stipendio. È vero: c’è stato anche il bonus Renzi di 80 euro, ma solo per chi ha un reddito non superiore a 24mila euro l’anno. E, poi, il bonus di 500 euro annui per la formazione, ma solo per i prof e non per i dirigenti. Ora, però, il governo è al lavoro per la Legge di Bilancio 2018, un provvedimento molto atteso, dato che sarà l’ultimo atto dell’esecutivo Gentiloni prima delle elezioni politiche del prossimo anno. Ebbene, nel documento ci dovrebbero essere anche novità per la scuola.
Di sicuro, sono previsti degli aumenti, soprattutto per i dirigenti: le loro retribuzioni sono molto basse rispetto agli altri manager statali. Non si tratta di cifre stratosferiche ma, comunque, servirebbero a dare un segnale di attenzione ad un mondo, quello della scuola, che da sempre si sente come Cenerentola. Le misure previste dal governo dovrebbero riguardare in particolar modo settemila presidi, che percepiscono mediamente non più di 58mila euro all’anno: sono tra i dirigenti meno pagati nella Pubblica amministrazione. Per tentare di colmare la lacuna retributiva il governo lavora appunto a un’ipotesi di intervento in vista della manovra che sarà approvata tra una decina di giorni.
Altro capitolo il contratto scaduto nel 2010: dovrebbero arrivare 85 euro in più nello stipendio di docenti e presidi. I sindacati sono in allerta, partecipano anche loro alla trattativa, battono i pugni per ottenere di più. «Noi rivendichiamo sia una revisione della legge sulla Buona scuola - incalza il segretario Cisl Scuola Puglia, Roberto Calienno -, ma la nostra è anche una rivendicazione di tipo salariale considerato che il contratto è fermo al 2010, mentre la legge è del 2015. Questo significa che tante figure previste dalla norma non sono contemplate nel vecchio contratto - spiega Calienno - per cui sia docenti che personale Ata si ritrovano con delle incombenze che li tengono impegnati fino a sera, ma senza percepire un euro in più. Urge quindi una revisione globale. Rispetto all’aumento diciamo, invece, che 85 euro sono pochi se rapportati alla vacanza contrattuale di oltre 7 anni, ma se come dice il ministro Padoan le risorse sono esigue ci accontenteremo anche questa volta, a patto però che gli 85 euro non eliminino gli 80 del bonus Renzi e a patto però che il governo prenda un impegno per adeguare via via i nostri stipendi a quelli dei prof europei, che in media percepiscono 600-700 euro in più al mese, altrimenti ci opporremo».
La dote ipotizzata per ritoccare gli stipendi ai dirigenti - in totale non più di 90/95 milioni - potrà garantire aumenti minimi, ma secondo il ministero è indice comunque di un segnale di attenzione nei confronti del personale della scuola e soprattutto si andrebbe a sommare all’aumento da 85 euro in arrivo con il rinnovo del contratto a cui lavora la ministra Marianna Madia. Quest’ultimo riguarderà ovviamente sia i docenti che i presidi. Per quanto riguarda questi ultimi, secondo i dati raccolti dall’Aran, l’agenzia governativa che si occupa delle negoziazioni nella Pubblica amministrazione, i dirigenti scolastici sarebbero i meno pagati di tutti. Eppure la scuola è nelle loro mani: si occupano di fondi e di didattica, ma anche della sicurezza degli edifici. In molti si dividono pure tra due istituti, ma la loro busta paga non è all’altezza dei colleghi degli altri settori pubblici: 57.861 euro lordi che diventano poco più di 36mila netti. E sebbene dal 1998 siano diventati dirigenti della Pa, «a un carico di oneri sempre più pesanti non sono corrisposti altrettanti onori» dicono in coro. Di lavoro da fare ce n’è tanto: i compiti si moltiplicano mentre le risorse sono sempre più risicate. La manovra dovrebbe far lievitare i loro compensi, ma in molti sono scettici: «Ormai siamo sfiduciati, sarà la solita zolletta di zucchero per addolcire la pillola che arriva puntualmente alla vigilia delle elezioni».
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