«Mezzogiorno più povero
e laureati con la valigia»
Università, politici silenti

«Mezzogiorno più povero e laureati con la valigia» Università, politici silenti
di Oronzo MARTUCCI
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 21 Febbraio 2018, 06:50 - Ultimo aggiornamento: 08:18
C’è scarsa attenzione verso il Sud in generale e verso le università del Mezzogiorno in particolare in questa campagna elettorale nella quale l’unico impegno che i partiti continuano ad assumere per aiutare la formazione universitaria riguarda le tasse, da cancellare completamente per alcune forze politiche, da rivedere e ridurre così da permettere la frequenza ai giovani che provengono da famiglie con bassi redditi per altre. Per la fondazione Svimez il problema delle Università del Sud va ben al di là delle tasse. Nel numero monografico della Rivista Economica del Mezzogiorno che uscirà il 25 febbraio prossimo si evidenzia che su un campione di 46.642 laureati magistrali su tutto il territorio nazionale presi in considerazione dai ricercatori della Svimez, 11.942 si sono laureati in atenei del Sud (un quarto del totale) e tra loro solo il 70% ha trovato lavoro a distanza di cinque anni dalla laurea. Con la sottolineatura che il 30,4% di questi il lavoro lo ha trovato in una regione del Centro-Nord o all’estero. “Oltre la metà del capitale umano formato (30 per cento di disoccupati a 5 anni e 30,4 per cento di emigrati) negli Atenei del Mezzogiorno non contribuisce alla formazione del prodotto di questa parte del Paese”, è la considerazione che sviluppano i ricercatori Svimez..
Nell’introduzione al numero della Rivista in via di pubblicazione si sottolinea la “necessità di portare all’attenzione della classe dirigente e della coscienza collettiva con la necessaria forza ed urgenza,le specifiche gravi difficoltà che, in un quadro di disagio diffuso in tutto il sistema formativo nazionale, investono le Università del Sud”. “C’è il rischio di un progressivo indebolimento di quella funzione essenziale – di vera e propria «leva» sociale ed economica – che anche al Sud l’Università ha svolto e svolge come catalizzatore al servizio dello sviluppo dei territori”. Gaetano Vecchione sviluppa una analisi delle caratteristiche dei flussi migratori intellettuali dal Sud al Centro-Nord e rileva che, in base ai dati Istat il 25% dei migranti che si spostano dal Sud al Centro-Nord è in possesso di un laurea, a volte con master. La percentuale migratoria dei laureati era del 5% nel 1980. Ancora, il 22% degli studenti meridionali immatricolati ad un corso di laurea triennale o a ciclo unico e il 38% di quelli iscritti ad una magistrale, si trasferiscono al Centro-Nord. AlmaLaurea stima che l’80% di questi studenti non rientra nella regione di origine.
Vecchione presenta un modello per misurare i costi/benefici della migrazione intellettuale e stima il costo derivante dal mancato godimento delle esternalità positive generate dall’investimento in istruzione per le regioni del Mezzogiorno nel periodo 2000-2015. Tale costo ammonterebbe a 30 miliardi, con una media annua di circa 1,8 miliardi.
In media sono 50 mila gli universitari pugliesi in giro per l’Italia ogni anno (il 40 per cento del totale). Molti studenti restano a lavorare fuori, dopo la laurea, ma già durante il periodo degli studi effettuano un trasferimento di risorse (delle famiglie) fuori regione per il pagamento di tasse universitarie, libri, vitto, alloggi. Il professore Gianfranco Viesti ha stimato in circa 500 milioni all’anno la spesa degli studenti pèugliesi fuori regione. Si tratta di una cifra che corrisponde allo 0,7 per cento circa del Prodotto interno lordo della regione (che è di 70 miliardi di euro).
 
Negli anni della crisi (dal 2007 in poi) è anche accaduto che il numero degli immatricolati nelle regioni del Sud sia calato fortemente. Le regioni del Mezzogiorno hanno perso in 10 anni il 22,4% dei propri immatricolati residenti. La perdita di iscritti al Sud corrisponde a più dell’intera popolazione di immatricolati residenti in regioni come il Lazio o la Sicilia. Le regioni del Nord invece hanno registrato il calo più lieve di immatricolati (- 3%): circa 3.650 studenti. Gli ultimi dati disponibili (Ocse 2017), evidenziano che la spesa pubblica in Italia destinata all’istruzione terziaria è pari allo 0,8% del Pil (Prodotto Interno Lordo) a fronte di una media Ue 22 dell’1,8%; la spesa media per studente in formazione terziaria è di 7.114 dollari, al di sotto della media Ue 22 (10.781 dollari).
Vanno registrati alcuni segnali positivi per gli atenei meridionali. Nel triennio 2015-2017 si segnala una lieve ripresa dei finanziamenti per la ripartizione geografica Mezzogiorno (+0,24%) rispetto al decremento subito dal Nord (-1,16%) e dal Centro (-2,04%) ed una sostanziale tenuta delle risorse indirizzate ai piccoli atenei rispetto alla lieve diminuzione degli atenei medi e grandi.
Ma il divario tra Nord e Sud continua ad essere molto ampio, come emerge dal fatto che i giovani meridionali corrono verso il Nord. Al contrario si contano in poche centinaia all’anno gli studenti residenti al Nord che scelgono di frequentare università del Mezzogiorno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA