Conte: Tap si farà, lo stop avrebbe costi insostenibili. Costa: non ci sono illegittimità

Conte: Tap si farà, lo stop avrebbe costi insostenibili. Costa: non ci sono illegittimità
di Francesco G.GIOFFREDI
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Venerdì 26 Ottobre 2018, 16:07 - Ultimo aggiornamento: 28 Ottobre, 10:29

Zero profili d'illegittimità, i costi dello stop «insostenibili», e poi «gli accordi chiusi in passato», le «scelte necessarie», il «metterci la faccia», le mani legate, le maggiori risorse per il territorio e infine - soprattutto - il progetto Tap blindato, senza più spazi per la retromarcia: il frasario sembrerebbe appartenere a un premier Pd o di centrodestra, e invece il marchio è tutto cinque stelle. Meglio: è del premier Giuseppe Conte, intorno alle 19 di ieri costretto a scrivere un finale ampiamente annunciato. E cioè: avanti col cantiere a San Foca, perché così decretano gli accordi internazionali, le autorizzazioni ministeriali, la Valutazione d'impatto ambientale, i costi di almeno 20 miliardi innescati da un'uscita dal progetto puramente politica (dunque non agganciata a macroscopiche difformità autorizzative).
Gli effetti sono duplici: operativi e politici. Primo: già nell'arco della prossima settimana il Consorzio Tap rimetterà in moto il cantiere, dopo la pausa estiva e dopo la frenata dettata da ragioni d'opportunità (tradotto: il filo faticosamente intrecciato col governo, impegnato nell'analisi costi-benefici), pertanto cominceranno a breve le operazioni a mare propedeutiche alla realizzazione del microtunnel. Secondo: il disco verde di palazzo Chigi, agevolato dalla relazione del ministero dell'Ambiente, è una cannonata alle fondamenta del Movimento cinque stelle. Soprattutto nel Salento, dove i pentastellati avevano promesso un agevole e repentino stop all'infrastruttura. «Così vendiamo l'anima alla Lega», mugugnano da Roma le chat dei parlamentari M5s, «il vaffa alla Tap era una nostra bandiera», «intervenga Grillo». La base è in subbuglio e il timore di una mazzata esiziale sui consensi e sul radicamento serpeggia tra deputati, senatori e consiglieri regionali. Sarebbe del resto il secondo inciampo dopo il dossier Ilva, e sempre col medesimo schema. Il sindaco di Melendugno Marco Potì già sfiducia il governo e i cinque stelle, i NoTap chiedono le dimissioni in blocco dei parlamentari pentastellati e i prossimi sviluppi sono un mezzo rebus. «Il ministro Costa - punta il dito una parlamentare pugliese, riporta l'Ansa - ha dichiarato di aver trasmesso le valutazioni sull'opera al premier e di non aver riscontrato profili di illegittimità. Sarebbe stato corretto dare le spiegazioni prima a noi...».
La partita che s'apre, seppur in salita, è ora quella dei ristori territoriali, degli investimenti per il Salento, insomma della pillola da addolcire in qualsiasi modo: «Prometto un'attenzione speciale alle comunità locali perché meritano tutto il sostegno da parte del governo». Non solo, dalle file M5s filtra che «condizioni più favorevoli» sarebbero già state concordate con il Consorzio e «vedrebbero lo stanziamento di decine e decine di milioni di euro per il Salento».
Non basterà per placare gli animi e per attutite la delusione. Così come non può bastare il metodo (l'analisi costi-benefici, il dialogo col territorio) sbandierato ieri dalla nota ufficiale di palazzo Chigi a mo' di consolazione. La comunicazione a firma di Conte arriva poco dopo le parole del ministro dell'Ambiente Sergio Costa: «Mi ero impegnato - scrive il premier - con le Autorità locali e con i rappresentanti delle comunità territoriali, ivi compresi i parlamentari eletti in Puglia, ad effettuare un rigoroso controllo delle procedure di realizzazione dell'opera al fine di verificare tutti i profili di eventuale illegittimità che erano stati segnalati», «avevo altresì preannunciato che se avessimo riscontrato tali profili di illegittimità non avremmo esitato ad assumere tutti i conseguenti provvedimenti», «abbiamo effettuato un'analisi costi-benefici, abbiamo dialogato con il territorio, abbiamo ascoltato le istanze e studiato i documenti», «ad oggi non è più possibile intervenire», «una strada senza via di uscita». Insomma, conclude Conte: «Non abbiamo riscontrato elementi di illegittimità. Interrompere la realizzazione dell'opera comporterebbe costi insostenibili, pari a decine di miliardi di euro. In ballo ci sono numeri che si avvicinano a quelli di una manovra economica. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, non lasciando nulla di intentato. Ora però è arrivato il momento di operare le scelte necessarie e di metterci la faccia». Alla fine non può sottrarsi nemmeno Luigi Di Maio, titolare del Mise e vicepremier: «Abbiamo fatto un'istruttoria per due mesi e verificato tutti gli aspetti di quell'opera e ci sono fino a 20 miliardi di euro di penali da pagare, cioè più del reddito di cittadinanza e di quota cento insieme. È questo il problema. Ma questo non vuol dire che abbasseremo la guardia, noi staremo attentissimi a quello che succederà con quest'opera. C'è addirittura una parte del cantiere sequestrato dalla Procura e non si faranno sconti a nessuno». Chi esulta è Matteo Salvini, altro vicepremier e leader della Lega: «Avere l'energia che costerà meno a famiglie e imprese è fondamentale, quindi avanti coi lavori».

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