Università, gli atenei sono a rischio default: nel 2040 iscritti al -32%

Un dossier su dati Istat e Mur ne profila la chiusura perché economicamente insostenibili. Si salverebbe soltanto l’Università di Bari

Università, gli atenei sono a rischio default: nel 2040 iscritti al -32%
di Giuseppe ANDRIANI
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Lunedì 20 Marzo 2023, 05:00

Il calo demografico metterà a rischio la sopravvivenza di alcuni atenei del Sud. E nel calderone di quelli più esposti alle logiche dello spopolamento rientrano l’Università di Bari, l’Università del Salento, il Politecnico di Bari e soprattutto UniFoggia. Lo studio è di Talents Venture, società di consulenza specializzata in istruzione universitaria. Lo spopolamento di interi territori - con alcune cittadine, in particolare quelle lontane dai capoluoghi, che hanno fatto registrare in dieci anni un calo della popolazione superiore al 10% - rischia di svuotare di contenuti, cioè di studenti, i contenitori, ovvero gli atenei. 

Lo studio, presentato tramite un seminario online, prende in considerazione due fattori: da una parte il calo demografico, tenendo assieme tanto l’emigrazione dei giovani da Sud verso Nord quanto il minor numero di nascite con un trend ormai quasi storicizzato; dall’altra le immatricolazioni alle università. Un quadro che genera allarme e apprensione e che sembrerebbe, almeno parzialmente, andare in controtendenza rispetto a quanto emerso dagli ultimi dati sulle iscrizioni agli atenei pugliesi, che hanno fatto registrare un aumento importante - secondo un’analisi ancora parziale ma più che affidabile - nell’anno accademico 2022/23. Sono infatti stati registrati incrementi del 5% circa sia per l’Università di Bari che per l’Università del Salento. Ma il quadro, secondo Talents Venture, cambierà a breve. E il calo demografico colpirà soprattutto il Sud.

Su questo, tenendo conto dei più recenti dati Istat, gli studiosi sono ormai in larga parte d’accordo. 

Lo studio

Il ragionamento parte, quindi, dalla contrazione del numero di giovani da qui ai prossimi anni: in Puglia nel 2030 i ragazzi nella fascia di età tra i 18 e i 21 anni saranno il 9% in meno rispetto a oggi e nel 2040 saranno addirittura il 31,8% in meno rispetto ai residenti di quest’anno. Il calo sarà peggiore soltanto in Basilicata. È il triste destino dei territori di un Mezzogiorno dal quale si fugge senza guardarsi indietro verso l’estero e verso le regioni ricche del Nord: per Svimez, negli ultimi vent’anni hanno lasciato il Sud 1,2 milioni di giovani. Di questi, uno su quattro è laureato e secondo Gaetano Vecchione, economista all’Università di Napoli e consigliere scientifico Svimez, nel 2041 il Mezzogiorno perderà il 27% di iscritti negli Ateni, il Centro-Nord invece circa il 20 per cento. Se per il Sud si sommano anche gli effetti della denatalità, ci si rende conto di quanto cruciali siano, già oggi, le politiche per invertire la rotta investendo sui giovani e sul lavoro.

Tornando allo studio di Talents Venture, tra i quindici atenei che perderanno il maggior numero di studenti “in sede” (non sono tenuti in considerazione in questa statistica gli studenti che vengono da una provincia diversa rispetto alla città in cui sorge l’università) vi sono Foggia (-17% previsto da qui a sette anni), Unisalento (-13%), l’Università degli Studi di Bari (-12%) e il Politecnico di Bari (-12%). L’ateneo del capoluogo dovrebbe assistere a una diminuzione di oltre 500 iscritti al primo anno. C’è anche da considerare come una contrazione delle immatricolazioni abbasserà - e non è un problema secondario - il gettito fiscale a favore delle istituzioni accademiche. Il ragionamento, in sintesi, è semplice: avere meno ragazzi sul territorio vorrà dire avere meno studenti (mettendo a rischio la sussistenza di alcuni corsi e già al momento in Puglia il 20% degli insegnamenti ha meno di venti studenti) e quindi meno introiti per le università. E il timore è che alcuni atenei diventino “difficili da sostenere”. «Parlare di declino demografico - afferma Pier Giorgio Bianchi, ceo e co-founder di Talents Venture - significa discutere dell’esistenza stessa di molte sedi didattiche oggi attive. Le preoccupazioni riguardano soprattutto i territori più fragili, come quelli del Mezzogiorno, in cui gli atenei dovrebbero essere fondamentali leve di sviluppo. Si pensi che le 15 sedi didattiche presenti nei territori che registreranno il declino demografico più severo entro il 2030 sono tutte situate nel Mezzogiorno, e 6 di queste avevano già meno di 100 studenti iscritti al primo anno nell’anno accademico 2021/22». 

L'osservatorio

L’osservatorio universitario lancia una serie di proposte, che si muovono in due direzioni: le operazioni di sistema e quelle territoriali. Nelle prime, le operazioni di sistema, rientrano l’aumento del tasso di passaggio dei diplomati (la Puglia è ultima in Italia per numero di ragazzi che, una volta concluso il percorso di istruzione secondaria, decide di iscriversi a un corso di laurea), l’accesso ad altre fasce di popolazione e quindi l’andare a cercare iscritti non solo tra i giovanissimi e l’aumento del numero di studenti in arrivo dai Paesi dell’Unione Europea con programmi di studio come l’Erasmus. Le operazioni territoriali sono invece più complesse. Storicamente le migrazioni per motivi di studio vedono i ragazzi del Sud partire verso il Nord. Anche qui ci sarà una contrazione: ad esempio i pugliesi che optano per Bologna saranno il 5% in meno già nel 2030. Ma invertire le rotte delle migrazioni è una missione tutt’altro che facile.
Lo studio di Talents Venture, però, lancia un allarme, incrociando i dati dell’Istat e configurando un quadro drammatico da qui a 17 anni. Se il territorio si svuota di giovani, perderà potenziale, e anche possibilità di tenere in piedi le università. E saremo sempre più poveri, di idee e di talenti.

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