Un terzo degli immatricolati pugliesi emigra verso le università del Nord

Un terzo degli immatricolati pugliesi emigra verso le università del Nord
di Maria Claudia MINERVA
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Venerdì 22 Giugno 2018, 11:44
Il dato è allarmante e riguarda l’emigrazione dei giovani: in Puglia, nell’ultimo anno, su 126mila studenti che si sono iscritti all’Università ben 40mila - vale a dire il 31-32% - hanno scelto gli Atenei del Centro-Nord. In pratica tre ragazzi su 10 hanno preferito andare fuori regione per compiere il percorso che li porterà a conseguire la sospirata laurea. E chissà se ritorneranno mai più a casa. Le cifre sono state anticipate dalla Svimez che lunedì prossimo, 25 giugno, a Roma – nella Sala degli Atti parlamentari - Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini” - presenterà il numero monografico della “Rivista economica del Mezzogiorno”, con un focus proprio sulla Puglia.
Dunque, una diaspora inarrestabile, che rischia di disperdere tutto il capitale umano, innescando un pericoloso effetto domino. Infatti, alla fuga dei cervelli si associa la perdita delle risorse per le Università, che vedono drasticamente ridursi i fondi di riparto, oltre a una perdita di consumi - almeno nel breve periodo - che penalizza la Puglia a vantaggio delle regioni ospitanti. Per non parlare poi del prezzo che, nel lungo periodo, pagheranno invece le aziende, le quali, non potendo contare su personale laureato e specializzato, non riusciranno ad essere competitive e a imporsi sui mercati nazionali e internazionali. In buona sostanza, detto in parole povere, se non si inverte la rotta il Sud andrà alla deriva.

La discussione mette insieme diverse posizioni che, come dice la Svimez, «si articolano su un ventaglio molto ampio tra quanti ritengono che le recenti riforme, introducendo parametri e vincoli che, rispondono essenzialmente a impellenti esigenze di congruità finanziaria, incidano in particolare sulla parte più debole del sistema, ponendo sotto crescente pressione le istituzioni e le “autonomie” accademiche meridionali e quanti, invece, suggeriscono di introdurre una riserva di risorse aggiuntive da destinare agli Atenei del Mezzogiorno, sulla base di obiettivi di policy espliciti, che tengano conto dei fattori di svantaggio del territorio, ma da allocare comunque sulla base di criteri di efficienza e premialità. E, infine, tra quanti non sottovalutando le problematiche di un modello di finanziamento unico e indifferenziato per tutte le Università statali quale quello adottato, temono che ciò penalizzi i piccoli Atenei ubicati prevalentemente nel Mezzogiorno e, più in generale, in aree a più basso sviluppo socio-economico».

Non emigrano solo gli studenti che scelgono di studiare fuori perché dopo la laurea è più facile trovare un lavoro a Torino o Milano piuttosto che a Bari o a Lecce, ma come ha sottolineato due giorni fa Bankitalia, nel rapporto “L’economia della Puglia”, che ha preso in considerazione gli anni tra il 2012 e il 2016, vanno via dalla regione anche molti laureati perché le imprese non assumono. Nello specifico, in Puglia risulta uno scarso utilizzo di personale qualificato, tanto che le assunzioni programmate di laureati hanno rappresentato il 12,4%. Il livello di capitale umano richiesto dalle imprese pugliesi risulta lievemente più alto rispetto alla media delle regioni meridionali (0,7 punti percentuali), ma ben inferiore alla media nazionale (3,3 punti). Con riferimento alle assunzioni in professioni a elevata qualifica il divario con la media nazionale è ancora maggiore.
Come hanno evidenziato i ricercatori di Bankitalia «i divari osservati possono riflettere anche differenze nella composizione settoriale e dimensionale della struttura produttiva esistente nelle diverse aree. La Puglia si caratterizza, al pari del Mezzogiorno, per una quota minore rispetto alla media del Paese di di conoscenza o da unità produttive di maggiori dimensioni». E, questo, appunto, perché in Puglia, nell’ultimo decennio, la quota di laureati sulla popolazione è cresciuta meno che nella media del Paese, anche per effetto delle emigrazioni dalla regione, risultate più intense per i laureati in possesso di caratteristiche più favorevoli all’inserimento lavorativo. In particolare giovani in possesso di lauree di area scientifica, economica o ingegneristica. Basti sapere che nel 2016 l’incidenza dei laureati sulla popolazione con età superiore a 15 anni era pari in Puglia al 10,1 per cento, il valore più basso tra le regioni italiane. Il dato risulta ancora più contenuto nei Sistemi locali del lavoro (Sll) non urbani (9,5 per cento).

Non solo. Di pari passo è progressivamente aumentato anche il movimento dei laureati pugliesi verso l’estero. Sempre nel 2016 - ultimo anno per il quale i dati sono disponibili - un quarto del totale dei laureati che ha lasciato la Puglia per lavoro è finito all’estero. Il trasferimento di capitale umano è solo l’ultimo tassello di un percorso di impoverimento economico e culturale del Mezzogiorno e della Puglia.
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