Xylella, l'intervista/Martelli: «Convinti del lavoro svolto, poi vedremo chi ha ragione»

Xylella, l'intervista/Martelli: «Convinti del lavoro svolto, poi vedremo chi ha ragione»
di Maria Claudia MINERVA
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Domenica 17 Gennaio 2016, 17:58

La Xylella fastidiosa avanza irrimediabilmente, favorita dall’immobilismo, diretta conseguenza dello stop ai piani del commissario, bloccati prima dalle ordinanze del Tar poi dall’inchiesta della Procura di Lecce. «Era previsto che, in assenza di azioni di contrasto, la malattia si sarebbe diffusa ulteriormente. Si è però ritenuto di operare in altra direzione e questo ne è il risultato» sottolinea Giovanni Martelli, professore emerito dell’Università di Bari, personaggio chiave della vicenda sia perché è stato il primo a intuire la presenza di Xylella in Puglia (avendola vista in azione in California quando ancora si riteneva che fosse un virus), sia perché citato dalla Procura pur non essendo tra gli indagati. «Come ricercatori andiamo avanti per acquisire altri elementi di carattere epidemiologico per orientarci su quelli che potrebbero essere i futuri sviluppi dell'epidemia. Questo è il nostro compito tutto ciò che riguarda invece la gestione della malattia riguarda la Regione Puglia e il Ministero».
Professore, c’è pericolo che in questa situazione di stallo l’epidemia dilaghi?
«Certamente, il pericolo è immanente ed è molto forte soprattutto se si continua a non prendere coscienza del problema, e cioè che gli ulivi stanno seccando per colpa della Xylella. Gli olivi muoiono, e questo è un fatto incontrovertibile, anche un cieco se ne accorgerebbe toccandoli. Per noi gli ulivi seccano per colpa del batterio, ma molti continuano a credere a cose diverse. La malattia avanza e se lei mi chiede il perché, non posso che risponderle che la causa principale, se non unica, è la Xylella. C’è chi sostiene che le prove di patogenicità non hanno dato risultati. Non è così. I sintomi cominciano ad apparire. Diamo tempo al tempo e si vedrà chi ha ragione. C'è chi non crede a quanto noi diciamo? Bene, dimostri il contrario».
Su cosa punta ora la ricerca?
«Attualmente siamo alla ricerca del perché, da quanto si vede in campo, il Leccino resiste alla Xylella. Pur infettandosi, questa varietà di ulivo non deperisce, mostra solo sintomi leggeri e produce. Gli studi in corso indicano chiaramente che il Leccino ha caratteristiche genetiche che abbiamo già in parte identificato che gli permettono di contrastare l'effetto della infezione da Xylella. La ricerca di altre varietà resistenti è fondamentale anche per il futuro dell'olivicoltura salentina. È stato così avviato un campo sperimentale nel Leccese, nel cuore dell’infezione, in cui saranno piantate, oltre al Leccino, varietà che interessano anche altri Paesi olivicoli per i quali è importante avere notizia del comportamento delle loro cultivar nel malaugurato caso che il contagio sfugga dalle aree in cui è per il momento confinato. L’altra linea che seguiamo è, invece, di tipo epidemiologico, perché è fondamentale conoscere a fondo le modalità di diffusione dell'infezione e l'efficienza della sputacchina (Philaenus spumarius) l'unico vettore a tutt'oggi accertato. Tra le diverse azioni di contrasto previste nel piano Silletti c’erano anche interventi specifici sui vettori ma, purtroppo, Il piano è stato fermato».
Il vettore può essere trasportato passivamente ovunque, non crede che sarà difficile contenere la malattia in un’area circoscritta?
«Per questo il piano Silletti aveva previsto che nel caso in cui ci fosse stato un trasporto passivo a distanza di chilometri sarebbe stato necessario intervenire - esattamente come è accaduto ad Oria, dove si è sviluppato un focolaio improvviso - eliminando tempestivamante gli alberi secondo le indicazioni concordate con la Ue dal Ministero. Solo così si sarebbe potuto tentare di fermare l’infezione. Il piano non prevedeva l'abbattimento indiscriminato di tutte le piante infette. Questo dovrebbe essere chiaro una volta per tutte e per tutti. Ma non sono sicuro che tutti vogliano capire».
Ritiene che il lavoro fatto finora sia andato nella direzione giusta o si sarebbe potuto fare di più?
«Il lavoro conoscitivo fondamentale è stato già fatto, quello che manca sono soprattutto alcuni aspetti che riguardano l’epidemiologia, cioè la valutazione di come la malattia si muove in funzione dell’attività dei vettori. Poi c'è molto da fare nella direzione della lotta alla Xylella quando ha infettato le piante, per tenerle in vita. Avremo potuto fare di più e più rapidamente se i ripetuti appelli alla Regione per disporre di fondi che ci avrebbero permesso di accendere contratti a tempo determinato con laureati e/o tecnici non fossero caduti nel nulla. Promesse a voce tante, ma niente di più».
Quanto è concreto il pericolo di un contagio della malattia fuori della Puglia e dell’Italia?
«Oltre 20 anni addietro una proiezione fatta dal Prof. Purcell sulla diffusione della Xylella nel bacino del Mediterraneo aveva identificato le aree a rischio di infezione elevato, medio e basso. Il Salento è una di quelle ad alto rischio per motivi climatici. Le altre regioni a rischio elevato sono la Calabria, la Sicilia e la Sardegna. Andando verso nord il rischio diminuisca ma non scompare del tutto. Purcell aveva previsto anche una altissima diffusione del contagio in una specifica zona della Corsica (estremo sud-ovest) come si è puntualmente verificato di recente. Si è trattato pertanto di proiezioni molto sensate, confermate appieno da un recentissimo studio di alcuni colleghi dell'Università di Napoli, i quali con modelli previsionali non empirici, hanno confermato le proiezioni fatte da Purcell. Ciò dimostra che si può indagare sulla Xyella anche al di fuori della zona ove essa è insediata. Chi ha delle idee e ha voglia di svilupparle può farlo liberamente e senza ostacoli entro e fuori la Puglia. Bari ha il “monopolio” della ricerca? Lo si è affermato, ma l'episodio napoletano lo smentisce».
Lei non è tra gli indagati, ma la Procura quasi ironizza sul suo lavoro.
«Io sono assolutamente sereno e tranquillo. Lavoro nell'Università da 60 anni. Quello che dovevo fare l’ho fatto e continuerò a farlo finché ne avrò la forza e la voglia».

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