L'intervista/Xylella, la rabbia degli olivicoltori baresi: «La Regione avrebbe dovuto agire subito invece di inseguire i populismi»

L'intervista/Xylella, la rabbia degli olivicoltori baresi: «La Regione avrebbe dovuto agire subito invece di inseguire i populismi»
di Maria Claudia MINERVA
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Venerdì 25 Maggio 2018, 09:21 - Ultimo aggiornamento: 14:05

L’ampliamento della zona cuscinetto proposto dal Comitato Ue ha creato non pochi allarmismi nella provincia Barese, cuore pulsante dell’olivicoltura pugliese. «Siamo molto in apprensione per quello che sta succedendo, ma non da oggi, sono anni ormai che seguiamo con ansia questa fascia che sale verso Bari e che purtroppo non trova soluzioni». Carlo Barnaba, tra i titolari dell’azienda agricola “Chianchizza” dei fratelli Barnaba - 150 ettari di terreno e 18mila ulivi, tra cui 6mila secolari e 12mila più giovani), con sede a Monopoli, è molto preoccupato per il futuro del comparto.
Secondo lei, questo disastro si sarebbe potuto evitare?
«Sono arrabbiato perché se la questione fosse stata affrontata a dovere in tempo utile, oggi non avremmo certamente questi danni, e probabilmente anche nella provincia di Lecce il problema si sarebbe potuto circoscrivere. Ora ci troviamo di fronte a un dramma epocale che, purtroppo, non trova soluzioni».
Di chi è la colpa?
«Sicuramente la Regione ha sbagliato a non prendere decisioni drastiche e univoche e a seguire tutti quei richiami populisti che non hanno aftto altro che far moltiplicare la batteriosi. Abbiamo rincorso le cicale...».
Lei, quindi, sposa in pieno le tesi sostenute dalla Scienza e i decreti di contrasto al batterio?
«Certamente, non ci sono altre strade da seguire. Però, purtroppo, ancora oggi, con tutto ciò che sta accadendo, ci sono casi in cui non si rispettano i protocolli ministeriali, aggravando così l’espansione del batterio. Poi c’è anche da dire che mentre le aziende nella zona cuscinetto si sono date da fare con le buone pratiche agricole per sconfiggere la sputacchina, che è il vettore della xylella, gli enti pubblici, come province, comuni, ecc, non hanno mosso un dito, annullando così gli effetti benefici delle azioni portate avanti dai privati. E ora ci ritroviamo con l’Europa pronta a stringere i cordoni delle risorse e ad ampliare l’area cuscinetto. Se non osserviamo alla lettere le indicazioni che ci vengono dagli scienziati rischiamo di distruggere quel patrimonio ricchissimo creato dai nostri nonni. Infatti, se i nostri ulivi oggi sono ancora qui è grazie al lavoro di chi ci ha preceduto».
Sacrificherebbe i suoi ulivi se dovessero infettarsi o rientrare nell’area dei cento metri in cui vige l’obbligo di abbattere anche le piante sane?
«Sì, se l’unica speranza per salvarci dalla xyella resta quella. Meglio sacrificare cento alberi piuttosto che perderne migliaia. Del resto, basta vedere cosa è successo ad Oria, dove in tre anni si è passati da un unico albero infetto a centinaia. Non possiamo rischiare di perdere gli oliveti della provincia di Bari che è la più olivetata d’Italia e dove si produce il maggior numero di ettolitri di olio extravergine. Dobbiamo impegnarci tutti per salvare questo patrimonio, la piana degli ulivi innanzitutto».
Cosa pensa dei sindaci che hanno emanato le ordinanze per vietare l’uso degli insetticidi, come invece impone il decreto Martina?
«Penso che stiano percorrendo una strada sbagliata, i trattamenti fitosanitari se sono necessari devono essere fatti. È come per le nostre malattie, non possiamo non fidarci del medico che ci prescrive gli antibiotici per le infezioni. Ad oggi questi trattamenti risultano indispensabili per fermare il vettore della xylella. non possiamo non attenerci all’obbligo. Noi dobbiamo attenerci alle regole, sperando che la ricerca continui a lavorare e a scoprire un metodo, a trovare altre soluzioni per fermare la batteriosi. Noi siamo sempre stati dalla parte della Scienza e abbiamo sempre osservato quanto disposto sia dall’ultimo decreto Martina sia le norme indicate nel Piano Silletti».
Avete paura che il batterio possa comparire da un giorno all’altro anche nelle vostre zone?
«Abbiamo tanta paura, fino a qualche anno fa se vedevamo qualche ramo secco tra gli ulivi non ci preoccupavamo più di tanto. Oggi, invece, ci mettiamo subito in allarme. Il pericolo di un’infezione è grande. Per questo mi auguro che il mondo olivicolo abbia uno scatto di reni, una reazione per reagire e affrontare la malattia nel modo più giusto, abbandonando populismi e false illusioni. Anche alla Regione chiedo una visione univoca sul controllo della malattia e il recupero di risorse per far ripartire il comparto nelle zone più devastate dal batterio».

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