Taverna e la madre "abusiva", pasionaria tra complotti e slang; una carriera a colpi di antipolitica

Taverna e la madre "abusiva", pasionaria tra complotti e slang; una carriera a colpi di antipolitica
di Simone Canettieri
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Mercoledì 10 Ottobre 2018, 08:47
Rappresenta quasi un genere letterario, lo chiamano il paolatavernismo. Da quando la senatrice del Quarticciolo è comparsa sulla scena pubblica - sono ormai più di cinque anni - a forza di invettive pronunciate, anzi urlate, in uno slang romanissimo si è guadagnata una fetta di popolarità dentro e fuori il M5S. «Ao, io so de borgata e parlo come magno», ha sempre detto in pubblico e privato per esaltare il suo essere ultra-pop. Un Funari femminile pronta a guardare la telecamera e a dirla pane al pane e vino al vino. Con condimento di parolacce, alla bisogna. Una tecnica che va detto di sicuro finora ha sempre funzionato soprattutto sul palco e tra i militanti. Essendo espressione del «basso» salito nell' «alto» nei palazzi del potere, la grillina ha sempre voluto mantenere un profilo ruspante.

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Arricchito da una serie di grida, con complotti ovunque. L'ultimo in ordine di sequenza è quello sui vaccini e sui big delle case farmaceutiche. Lo scorso agosto per esempio uscì un mitico video in cui Taverna dava la sua ricetta con aneddoto personale: «Nessun bambino non vaccinato è malato. Un bambino non vaccinato è un bambino sano, sano, sano. È terribile il messaggio che è passato di un bambino che non è vaccinato è portatore di che Io quando ero piccola, quando avevo un cugino che aveva una malattia esantematica, facevamo la processione a casa di mio cugino, perché così la zia si sbrugliava' tutti e 7 i nipoti, tutti e 7 avevano la patologia e se l'erano levata dalle p». Parole che provocarono un certo imbarazzo nel Movimento ormai diventato istituzionale e di governo. Al punto che lo scorso 14 settembre decise di prendere una posizione netta: «Non parlerò più di vaccini, ho fatto immunizzare mio figlio ma non credo nell'obbligo per legge». E qualcuno, anche tra i più ferventi no-vax, ne rimase un po' interdetto. Anche se rimane ormai alla storia della città, una mitica affermazione pronunciata da Taverna a tre mesi dalle elezioni per il Campidoglio, nel 2016: «A Roma c'è un complotto per far vincere il M5S». E così fu, infatti. E proprio la senatrice si mise a sorvegliare su Palazzo Senatorio, anche se con esiti poco brillanti.

GLI SCONTRI
Andò in rotta di collisione con Virginia Raggi per l'onnipresenza di Raffaele Marra e creò ancora più caos interni per via di una lettera a Di Maio sull'assessore Paola Muraro indagata. Informazione che l'attuale capo politico negò di conoscere fino alla pubblicazione del documento sul Messaggero (in quell'occasione saltò il direttorio). Tra Raggi e la famiglia Taverna i rapporti da tempo ormai non sono cordialissimi. Perché proprio la sorella di Paola, Annalisa, in momento di ira si rivolse così alla sindaca: «Se non te dai una calmata te appendemo per le recchie». Tutto in romanesco, ovvio. Giusto a far vedere il marchio di casa. Insieme appunto ai complotti, visti un po' ovunque come quello sul referendum «a rischio brogli» in Italia e all'estero. Un personaggio - molto amato ma anche temuto - all'interno del M5S. Capace di riposizionarsi con agilità da politica provetta. Prima anti-Di Maio poi sotto la sua ala protettiva. Al punto che alle ultime regionali, Roberta Lombardi (che ieri in privato l'ha comunque difesa) rimase male per la totale assenza in campagna elettorale della sodale. Ma come avverte sempre «io nun so' politico! Nun te poi permette de chiamamme politico!». Soprattutto se ci sono una casa e l'opportunità politica di mezzo.
 
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