Giuliano e l'inno perfetto: nell’ultimo disco dei Negramaro
la ricerca (riuscita) degli “anthems”

Giuliano e l'inno perfetto: nell’ultimo disco dei Negramaro la ricerca (riuscita) degli “anthems”
di Luca BANDIRALI
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Giovedì 23 Novembre 2017, 12:07 - Ultimo aggiornamento: 12:09
Le canzoni da cantare insieme al pubblico durante un concerto, o anche tra amici sulla spiaggia, rappresentano un formato trasversale rispetto ai generi musicali; in inglese si chiamano “anthems”, cioè inni in senso lato, dall’inno nazionale al coro liturgico. Nella musica pop e rock in tanti provano a scrivere un anthem, ma non basta volerlo: il pubblico deve riconoscersi nell’inno, nelle sue parole universali, deve impadronirsi della melodia e aderire al ritmo.
Come ha scritto il neuroscenziato Daniel Levitin, “cantare tutti insieme provoca il rilascio di ossitocina, sostanza neurochimica implicata nella creazione di legami affettivi tra le persone”. La scrittura di Giuliano Sangiorgi è fortemente orientata alla costruzione di questo tipo di brani in grado di creare legami affettivi; essendo un autore intimista, capace di esplorare emozioni molto private, riesce come pochi altri a trasformare una palpitazione tenue e notturna nel battito di mani di una moltitudine in piena luce.
A proposito di chiaroscuri, il singolo che ha anticipato qualche settimana fa l’uscita del nuovo album dei Negramaro, si intitola proprio “Fino all’imbrunire”, ed è almeno potenzialmente l’inno perfetto. Si comincia con un’introduzione strumentale epica, da un bagno magmatico emerge un ritmica a battuta alta (125 battiti al minuto) che sostiene una melodia scarna e impressiva eseguita dal piano, in un disegno che richiama uno dei rock anthem più celebri degli anni Ottanta, “New Year’s Day” degli U2. La voce di Sangiorgi si è scurita, e sembra più agganciata ai significati da trasmettere che attratta dagli orpelli della tecnica; la sensazione è quella di un uomo che va dritto al punto, e i versi ripetuti amplificano ulteriormente questa chiarezza espositiva, pur senza mai sfiorare il rischio didascalico. In particolare il verso “tornerai anche tu tra gli altri” è un richiamo fortissimo alla dimensione dell’inno, perché intende prefigurare la situazione del cantare tutti insieme che è fondamentale affinché questo tipo di brano sia davvero completato. Questo verso ci ricorda che tutti i veri inni parlano anzitutto di sé stessi, di come funzionano; per fare un esempio, “Heavy Cross” dei Gossip inizia dichiarando che il mondo è troppo crudele per starsene da soli, dunque invita l’ascoltatore a fare una scelta partecipativa (“the choice is yours, so choose”). L’anthem veloce (anche “Heavy Cross” viaggia sopra i 120 bpm) è una forma molto interessante perché cerca un legame affettivo più dinamico, più rischioso rispetto alla cosiddetta “ballad”, il pezzo lento di sicura presa.
I quattro quarti ad alta battuta di “Fino all’imbrunire” rappresentano una struttura solidissima e la chiave d’accesso a un album che ha ambizioni di storytelling sempre al plurale, che poi è la caratteristica di un vero inno: il pronome personale più adatto è il “noi”, come nell’inciso del brano “La prima volta”, che recita “non c’è niente al mondo che possa somigliare in fondo a quello che eravamo, a quello che ora siamo, a come noi saremo un giorno”.
Le premesse sono perfettamente mantenute da un’altra traccia di “Amore che torni”, intitolata “New York e nocciola”, che ci offre un’impressionante progressione a cassa dritta, con interessanti variazioni ritmiche e soprattutto passaggi che trasformano il cantato in un flow, un flusso veloce di parole che Sangiorgi gestisce con la spavalderia di un rapper. Il brano che dà il titolo all’album si costruisce invece su una cellula di vocalizzi presi di peso dal repertorio di Lucio Dalla, a sottolineare una continuità con la generazione cantautorale che i Negramaro non hanno mai rinnegato, dalle cover alle collaborazioni.
Il marchio di fabbrica di Sangiorgi come songwriter è ancora legato agli incisi di pura melodia mediterranea, dissimulati da arrangiamenti rock, come “La chiave, le virtù, l’arroganza”, talvolta proverbialmente sostenuti dal charleston in off-beat (“L’ultima volta”). I testi girano spesso intorno al tema dell’incontro mancato, un grande classico dell’anthem, basti pensare a “Sandman” degli America, che cantavano “buffa la vita, io sono stato là, tu sei stato qua, non abbiamo mai avuto il tempo di bere quella birra”. L’incontro cercato dai Negramaro è quello con il pubblico, perché possa nascere un nuovo inno: il verso “amami anche se non mi conosci”, dal brano “Uno come me”, è in fondo un invito ad ascoltare questa musica, questa voce ormai matura e capace di nuove, più adulte vibrazioni, questa band che cresce nel tempo e che merita di essere amata, o almeno ascoltata, anche dai pochi che ancora non la conoscono.
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