L'ingegno salentino per il sound degli U2

L'ingegno salentino per il sound degli U2
di Ennio CIOTTA
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Sabato 9 Dicembre 2017, 12:14 - Ultimo aggiornamento: 12:40
Un ingegnere del suono pugliese alla corte degli U2. Il suo nome è Marc Urselli, è nato in Svizzera ma ha vissuto a Grottaglie prima di volare negli Stati Uniti e farsi strada nel mondo della musica. A soli quarant’anni nel suo sterminato curriculum ci sono cinque nomination ai Grammy Awards con ben tre vittorie, decine di colonne sonore per il cinema e la tv, la produzione di centinaia di dischi e innumerevoli tour in giro per il mondo. Fra i suoi clienti: U2, Nick Cave, Lou Reed, John Zorn, Les Paul, Laurie Anderson, Sting, Joss Stone, Macy Gray, Courtney Love, John Patitucci, Ornette Coleman, Joan Jett, Blixa Bargeld (Einsturzende Neubauten), Devendra Banhart, The Beach Boys, Eric Clapton, Jeff Beck, Mike Patton dei Faith No More, Keith Richards dei Rolling Stones, Rufus Reid, Lionel Loueke, Buddy Guy, Richie Sambora di Bon Jovi, Bill Frisell, Joe Perry degli Aerosmith, Mick Hucknall di Simply Red.
Come inizia la sua avventura negli Stati Uniti?
«Ho iniziato ad andare a New York alla fine degli anni Novanta quando proprio non ce la facevo più di stare in Puglia. Lì ho iniziato come “stagista” non pagato in un grosso studio di registrazione. Pulivo i gabinetti, facevo il caffè e lo portavo ai clienti. Facevo turni da diciotto ore al giorno, spesso finivo per dormire sul divano dello studio, senza potermi fare una doccia, e per andare a casa dovevo prendere due metro e un bus perché potevo permettermi solo una casa così lontana. Ogni volta che pioveva, la casa (che era una stanza in un seminterrato con altre due persone in altre due stanze) si allagava con 2, 3 centimetri d’acqua. Dopo un paio di anni di gavetta ho iniziato a poter fare da assistente sulle sessioni di registrazione. A poco a poco mi sono fatto valere e adesso quello stesso studio lo gestisco dal 2005».
In questi giorni, tra gli altri, sta lavorando con gli U2. Com’è lavorare con una band del loro calibro?
«E’ stato molto emozionante ma anche molto stressante. Ci hanno detto che avrebbero avuto 2-3 ore di tempo a disposizione la sera prima di una delle date del loro ultimo tour. Ci hanno dato meno di quarantotto ore di preavviso quindi siamo dovuti volare da New York a New Orleans (dove loro si trovavano), affittare uno studio tutto il giorno e prepararlo affinché fosse tutto pronto e perfetto al loro arrivo. Le loro guardie del corpo e security sono venute a ispezionare il luogo nel pomeriggio e in mattinata ci hanno mandato la lista di richieste per cose tipo catering e spazi adibiti al loro personale. La crew degli U2 è arrivata nel primo pomeriggio per settare i loro strumenti. Quindi noi mentre preparavamo lo studio l’assistente del produttore ha dovuto procurarsi tutto l’occorrente e preparare le anticamere dello studio. Loro quattro (gli U2) sono arrivati alle sei di sera con quasi quaranta persone al seguito e dopo qualche intervista e i vari convenevoli abbiamo registrato il pezzo che dovevamo registrare, tutti e quattro in presa diretta, dal vivo. Poi abbiamo aggiunto qualche chitarra e qualche voce e in questi giorni sto lavorando al mix. Dovrebbe uscire in primavera su una compilation di artisti vari».
In passato ha lavorato con Lou Reed ed eravate legati da un rapporto di stima reciproca e di amicizia. Che ricordo ha di lui?
«Ho grandi ricordi di Lou. Era un amico e un grande artista. Abbiamo lavorato insieme per sette anni e fatto tante cene, registrazioni e tour vari. Era sempre un piacere vederlo e ogni volta che mi vedeva sorrideva. Mi manca molto e mi manca quel periodo della mia vita».
Che percezione c’è dell’Italia, ed in particolare del sud Italia, negli Stati Uniti?
«Dipende a chi lo si chiede. Io partirei con una critica all’Italia, e in particolare al sud Italia. Se invece lo si chiede agli americani, molti di loro non conoscono neanche il sud Italia. Se sono stati in Italia sono stati a Roma o Venezia e non si sono mai spostati oltre. Ad oggi ogni volta che qualcuno mi chiede da che parte dell’Italia vengo devo spiegare che la Puglia è il tacco dello stivale perché non hanno mai sentito nominare la Puglia, ma va benissimo così. Già la Puglia è piena di turisti europei l’estate, se ci aggiungiamo anche gli americani veramente non ci sta più nessuno».
Cosa consiglierebbe a un giovane musicista?
«Cambiare lavoro o prepararsi a una vita dura e piena di mille sacrifici per ogni soddisfazione. Non dico certo che uno non debba seguire le proprie passioni, non sarei qui se non l’avessi fatto, ma dico che uno deve essere sicuro al mille per mille che si tratti di una passione seria, duratura e che non riesca a immaginarsi una vita senza quella passione al centro di tutto. Non c’è tempo né per la famiglia né per la vita ordinaria (infatti entrambe le cose non mi interessano minimamente), c’è tempo solo per la musica a tempo pieno».
Ha lavorato e continua a farlo con alcuni dei musicisti più interessanti al mondo fra i quali Mike Patton, John Zorn e Lou Reed. Qualche aneddoto particolare legato a questa esperienza?
«Gli aneddoti sono mille. Potrei raccontare di quando ho portato Lou Reed a casa dei miei genitori in Puglia a mangiare le lasagne e lui aveva detto che avrebbe preferito una cotoletta per tenersi leggero, ma poi appena ha assaggiato le lasagne di mia madre non ha più toccato la cotoletta. Oppure di quando con Lou eravamo in giro a piedi a Gerusalemme e la gente ci seguiva perché voleva una foto, ma quando ci hanno fermati abbiamo capito che in realtà non avevano proprio riconosciuto Lou e pensavano invece (erroneamente) che la nostra guida turistica fosse Steven Spielberg e volevano farsi la foto con lui. Oppure potrei raccontare di quando in tour con Mike Patton ci ha fermati la polizia in Texas e ci ha fatti scendere tutti dal tour bus accusandoci di avere droga e minacciando di arrestarci tutti, quando in realtà il poliziotto era un amico di Mike e lui aveva organizzato l’intero scherzo per farsi una risata a spese di tutti gli altri. Quello che conta è che questa gente lavora con me perché abbiamo instaurato un buon rapporto di lavoro e perché sono molto bravo in quello che faccio. La grossa differenza fra l’Italia e l’America è proprio quella: qui si vive in una società meritocratica, non esiste la raccomandazione e la mafia, non importano i titoli di studio o di chi sei figlio o quante lauree hai. Se sei bravo e ti fai valere puoi costruirti una carriera ed una vita. Devi però credere in quello che fai fino in fondo ed investire la tua intera vita in quello, senza pausa, senza compromessi, senza esitazione».
Cosa le manca di più dell’Italia?
]«Dell’Italia veramente poco. Sto molto meglio qui. Mancano ovviamente famiglia e amici, ma la mia vita è qui ed è molto più dinamica, interessante, stimolante, ispirante, emozionante e piena di attualità. Forse quello che mi manca di più del sud Italia sono il cibo e la cultura di equilibrio fra produzione e coltivazione che esiste ancora in Puglia ma sta sparendo un po’ ovunque nel mondo occidentale, anche al Nord Italia».
Progetti in cantiere?
«Oltre ai vari dischi (incluso quello con il brano degli U2), sto lavorando a tre mie produzioni: una è un disco che sto facendo con Blixa Bargeld, il cantante degli Einsturzende Neubauten (con arrangiamenti di archi di Enrico Gabrielli dei Calibro 35, Mariposa, Der Maurer, Afterhours, PJ Harvey ecc). Poi sto producendo un disco di collaborazioni fra musicisti della scena doom metal (Neurosis, Sunn O, Ulver, Blind Idiot God, Khanate) e cantanti della Mongolia, Siberia, Tuva e altri posti dove esiste una tecnica di canto che si chiama throat-singing e consiste nel generare una polifonia di suoni con l’interno della gola (fra i vari esponenti nel genere presenti nel disco ci sono Huun Huur Tu, Alash, Kushuntang, Yat-Kha ecc). Infine sto facendo un disco di doom metal ispirato alla tradizione giapponese con un batterista di taiko (quei grossi tamburi che si suonano con delle grosse bacchette di legno) del gruppo giapponese Kodo e vari musicisti della scena sperimentale giapponese. Praticamente non ho mai un attimo di pausa».
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