Mingo si difende: «Quelle invenzioni facevano parte del mio lavoro»

Mingo si difende: «Quelle invenzioni facevano parte del mio lavoro»
di Alessandra LUPO
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Giovedì 6 Ottobre 2016, 18:35 - Ultimo aggiornamento: 20:00

Mingo, ossia Domenico De Pasquale, leader della coppia “Fabio e Mingo” fornisce la sua versione dei fatti sull’accusa di aver truffato Mediaset, avanzata dalla Procura di Bari alla chiusura delle indagini partita dalla “cacciata” degli inviati da “Striscia la Notizia”.
Mingo, nel fascicolo si parla di dieci servizi falsi, lo erano?
«Dipende da cosa si intende per vero o falso, nel nostro lavoro molto spesso si parte da fatti veri, che in taluni casi, come in quelli contestati, hanno un epilogo scenico. Ma si tratta di una procedura ben diversa dall’inventare una storia. E comunque, io avevo un contratto di attore televisivo, posso documentarlo, il che vuol dire che il nostro ruolo era a cavallo tra verità e finzione. E “Striscia” - come ha scritto nel suo libro lo stesso Antonio Ricci - è un varietà non è la verità».
Ci sono vari format basati sul verosimile, possiamo dire che fosse il vostro caso?
«Certo, ed è una prassi che non sconvolge la vita di nessuno oltre a non essere un reato: lo sarebbe se fossimo giornalisti ma a “Striscia” ci sono solo attori e nessuna redazione».
Lei ha sempre sostenuto che i servizi erano concordati con gli autori, fino a che punto?
«Fino al punto di concordare come vestirsi. E comunque a “Striscia” arrivava il premontato dei servizi, di solito della durata di 15-20 minuti di cui (sempre per contratto) si riservavano di fare tutte le verifiche necessarie prima di decidere se utilizzare il materiale, di cui andava in onda una versione di massimo 3 minuti».
Perché allora questo disconoscimento netto del vostro lavoro?
«Non lo so, è una storia assurda, la conclusione delle indagini peraltro arriva proprio dopo la nostra denuncia di pressioni su numerosi testimoni ascoltati in fase di indagini preliminari da parte di un ufficiale di polizia giudiziaria delegato dal pm».
Nelle indagini si parla anche di alcune presunte spese gonfiate.
«Di questo aspetto si è sempre occupata Corinne (moglie di Mingo ndr) manager della Mec Produzioni srl che aveva il contratto di appalto con reti televisive italiane per 160mila euro annui, spese comprese. Ogni spesa era a carico della società, non si capisce cosa avrebbero potuto gonfiare».
Però c’erano i figuranti, tra cui anche cameramen e collaboratori...
«Noi abbiamo indicato alcune persone che poi venivano pagate come figuranti da Mediaset, ma questo accadeva quando svolgevano realmente il ruolo di figuranti: ad esempio il cameramen che percepiva un compenso da cameramen di cui esistono le fatture, in alcune sporadiche occasioni è stato un figurante ed è stato pagato come tale, così come è accaduto a Corinne, quando c’era ad esempio da indossare una telecamerina nascosta e così via. Io credo che in fase di indagine non sia stata data la giusta attenzione al contratto tra la Mec e Mediaset: che spiega con esattezza chi deve fare cosa e come»
Nell’indagine si dice anche che Fabio non sapeva nulla di ciò che accadeva.
«È vero, ma non solo per i servizi contestati: Fabio veniva chiamato quando c’era da fare qualcosa ed era completamente estraneo a tutto: faceva davvero il figurante, non c’è alcuna dietrologia».

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