Sanremo, lo specchio del Paese

Sanremo, lo specchio del Paese
di Davide Desario
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Lunedì 11 Febbraio 2019, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 09:04
Sanremo non è sempre Sanremo. Anche il Festival, infatti, ha ceduto al declino di un Paese che sa, ormai, solo polemizzare mettendo in discussione, spesso senza neanche conoscere a fondo i fatti, le questioni più serie e più banali. La storica abitudine di dividersi tra guelfi e ghibellini, Vax e No-Vax, juventini e antijuventini travalica quotidianamente ogni buon senso.

Così la sua sessantanovesima edizione non sarà ricordata per musica e cantanti (eppure qualcosa di buono c'era) ma solo e soltanto per le polemiche. Fin dall'inizio, con lo scivolone da pivello di Claudio Baglioni che si incarta sui migranti. Poi le accuse di conflitto d'interesse per il Divo Claudio e quelle di plagio per certi brani. Peggio ancora il monologo della prima sera di Claudio Bisio che cerca di inibire le critiche della stampa dicendo che così si mischia agli haters dei social network. E non poteva che finire peggio, con la rivolta di certi politici e il web più becero contro la vittoria di Mahmood, la cui colpa non è quella di cantare una canzone mediocre ma di avere un padre egiziano. Vittoria arrivata con un discutibile capovolgimento di classifica: il pubblico ha stravotato Ultimo e la giuria d'onore (onore?) e la sala stampa hanno, invece, spinto per Mahmood. Già, la sala stampa: certi giornalisti criticano il giovane Ultimo per i suoi atteggiamenti da bulletto ma poi alcuni di loro fanno peggio facendosi immortalare, come ultrà stile Genny la carogna, a urlare parolacce e offese al trio del Volo (gli unici a non degradare). Sanremo non è sempre Sanremo, ma è sempre più lo specchio del Paese. E l'immagine che riflette fa un po' vergognare.
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