La scelta dei tre cantanti (più un quarto artista ripescato da quelli scartati dalle altre squadre) è avvenuta durante i cosiddetti “knockout” della trasmissione, in onda tutti i giovedì sera su Rai 2.
Nei primi knockout della stagione di The Voice of Italy 2018, il Team Al Bano ha dovuto rinunciare a tre dei suoi talenti in favore di colui che per primo ha conquistato un posto nella sua formazione: Tekemaya, ammaliante drag queen dall’ugola d’oro che dopo il grande classico “Quizas Quizas Quizas”, l’altra sera ha stregato tutti con “Un anno d’amore”.
nel ruolo inedito di coach, l'artista di Cellino San Marco ha dunque scelto in squadra un conterraneo: Francesco Bovino ha infatti 41 anni ed è nato e cresciuto a Galatina. Il suo travestimento non è certo un’improvvisata così come la sua carriera da cantante: dopo il diploma al Cet di Mogol è stato alla Scuola di musical di Roma, diretta da Rossana Casale. E dal 2009, dopo l’esperienza al Muccassassina e Mammamia, ha inaugurato le serate queer del Picador, di cui è direttore artistico dal 2009.
Ha portato magistralmente in scena due grandi classici in arrivo dall’universo queer, chi li ha scelti?
«Il repertorio viene deciso con Al Bano, poi naturalmente intervengono gli altri coach, ma è lui ha dare l’imprinting sull’esibizione».
Per Al Bano si tratta di un ruolo nuovo, com’è con voi artisti?
«Una persona meravigliosa: ha uno spessore incredibile ed è estremamente autorevole. Un grande professionista, insomma»
Crede che si sia divertendo?
«Sì, ma è anche serio e professionale: ha una grande attenzione
Gli altri coach?
Su cosa le consigliano di affinarsi?
«Al Bano mi ha fatto un’osservazione preziosa: al di là del mio aspetto sofisticato, riesco a mantenere una grande pulizia nell’esecuzione canora. E mi ha consigliato di puntare ancora di più su questo aspetto».
Lei si presenta in tv nei suoi panni artistici abituali questo è un valore aggiunto?
Il Picador, di cui è direttore artistico, è una realtà unica nel Salento e in Puglia. Com’è il rapporto tra drag queen e pubblico?
«Buono, è un format che funziona: io l’ho importato da Roma ed è una delle serate più colorate che abbiamo, con un pubblico decisamente trasversale».
Il gayfriendly è sempre più cool, insomma?
«Sì, anche se l’organizzazione è Lgbtqi di fatto queste serate hanno un pubblico che all’80% è etero. Per quello che possa voler dire».