Grazie alla commessa Cimolai
350 operai tornano al lavoro

Grazie alla commessa Cimolai 350 operai tornano al lavoro
di Alessio PIGNATELLI
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Sabato 21 Aprile 2018, 09:26
Un reparto dell’Ilva da tempo fermo riparte grazie a una commessa legata ai lavori di copertura dei parchi minerali a opera della ditta Cimolai. Il Pla2, ossia il reparto produzione lamiere, in stand-by da agosto con circa 350 operai in cassa integrazione: per circa un mese riprenderà a sfornare piastroni che saranno utilizzati dall’azienda friulana per la mastodontica opera. Una notizia accolta e sottolineata dal tweet del ministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda: “È ripartito oggi a Taranto il reparto di produzione lamiere 2 dell’Ilva. Servono lamiere per i lavori di copertura dei parchi minerari iniziati a febbraio. È davvero una bella notizia per la città e per i 350 lavoratori che sono rientrati in fabbrica”.
In un incontro tenutosi ieri tra i rappresentanti aziendali e le organizzazioni sindacali, Ilva ha annunciato la ripartenza di un reparto che per anni ha servito grandi e importanti multinazionali. Al Pla2 è stato sfornato acciaio di diverse dimensioni grazie a una gamma produttiva molto vasta. Lamiere con spessore dai 10 millimetri fino ai piastroni. Quindi prodotti che, nel tempo, sono serviti a costruire macchine agricole o sono stati spediti ad aziende come Daewoo, Fiat o Fincantieri.
Dallo scorso agosto, i circa 350 lavoratori erano in cassa integrazione per mancanza di commesse dovuta ai noti problemi del siderurgico. Di ieri la notizia della ripartenza dovuta all’acquisizione della commessa Cimolai, legata alla copertura dei parchi.
«Per noi è un primo segnale positivo verso i lavoratori di questo reparto, costretti da tempo a convivere con gli ammortizzatori sociali - commentano le rappresentanze sindacali unitarie Fim Cisl dell’area laminazione, Paolo Panarelli e Giovanni Laterza -. Più che la durata della commessa che sarà di sole 4 settimane, è il segnale che c’è movimento, c’è la possibilità e la speranza che si ritorni alla normalità. Nello stesso tempo è un buon segnale per la città che, sotto il profilo ambientale, vede venire alla luce sul territorio un’opera attesa da molti anni seppure in fase ancora embrionale».
Intanto dalla prossima settimana si riparte con la negoziazione sindacale vincolante al ministero dello Sviluppo economico. Dopo l’ultimo riavvicinamento sulla parte salariale con ArcelorMittal, capofila della cordata Am InvestCo, le organizzazioni sindacali torneranno a Roma lunedì e martedì.
«Bisognerà continuare a lavorare insieme e in maniera serrata - aggiunge il segretario generale della Fim Cisl Taranto Brindisi, Valerio D’Alò - per la ricerca di una possibile intesa che porti risposte ai tanti lavoratori degli impianti fermi ormai da troppo tempo e alla città che aspetta le opere di messa in sicurezza e ambientalizzazione del sito. Il tempo in questa vertenza resta una variabile non trascurabile e che non gioca a nostro favore, bisogna fare presto e bene. Di queste ore le notizie negative da parte delle ditte di appalto, alcune denunciano situazioni oramai allo stremo dovute ai crediti pregressi ante Amministrazione straordinaria e difficoltà con i pagamenti standard. Sono tutte partite che possono vedere una soluzione solo con la positiva conclusione della vertenza».
«Ribadiamo - conclude D’Alò - che per il sindacato resta fondamentale la tutela dei livelli occupazionali diretti e dell’indotto/appalto, la realizzazione del piano ambientale ed industriale, di cui chiederemo cronoprogramma di investimenti e opere, e le garanzie sotto il profilo normativo e salariale dei dipendenti, tutto questo oggetto dei prossimi incontri al Mise».
Intanto da Bruxelles l’agenzia Reutersi riferisce che ArcelorMittal sarebbe sulla buona strada per ottenere la luce verde dall’antitrust dell’Unione Europea all’acquisto di Ilva, dopo l’impegno a vendere vari impianti in Europa per dissipare i dubbi sulla concorrenza espressi dalla Commissione Ue. ArcelorMittal ha offerto di vendere la sua unica fabbrica di acciaio galvanizzato in Italia (a Piombino) e altri impianti in Romania, Macedonia, Repubblica Ceca, Lussemburgo e Belgio. Le fonti riferiscono che le concessioni sono di molto superiori a quelle che inizialmente l’azienda era pronta a fare. La Commissione Europea era preoccupata che l’accordo per l’acquisto del più grande impianto siderurgico per capacità produttiva, quello di Taranto, potesse ridurre la concorrenza nel settore dei laminati di acciaio in carbonio e aumentare i prezzi per i clienti nell’Europa meridionale.
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