Il prete contro l'accoglienza vince il bando da 1,2 milioni

Il prete contro l'accoglienza vince il bando da 1,2 milioni
di Francesco CASULA
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Venerdì 18 Gennaio 2019, 09:36
Da sparare ai migranti ad accoglierli il passo non è affatto breve, ma qualcuno è riuscito a passare da una parte all'altra della barricata. Si tratta di don Luigi Larizza, parroco del Sacro Cuore di Taranto e presidente della cooperativa «Giovanni Paolo II». Sacerdote notoriamente vicino all'estrema destra tarantina e soprattutto grande nemico dei migranti.
Non solo. Larizza è diventato talvolta anche il simbolo a livello nazionale di quella parte della Chiesa che osteggia l'accoglienza anche difendendo e sostenendo il ministro dell'Interno Matteo Salvini. Eppure, questa volta è un evento di segno opposto a portare ancora una volta don Luigi al centro dell'attenzione migranti.
Qualcosa deve essere cambiato nel parroco di via Dante se proprio lui è sceso in campo per gestire l'accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Già perché la Giovanni Paolo II si è aggiudicata il bando da 1 milione e 200mila euro per gestire lo Sprar e cioè i servizi di «accoglienza, integrazione, e tutela rivolti ai titolari di protezione internazionale e di richiedi protezione internazionale o già titolari di un permesso umanitario».
Una storia che sembra incredibile visto che, come detto, proprio don Luigi è balzato più volte alle cronache anche nazionali per le sue idee in netta contrapposizione a quelle professate da Papa Francesco e dallo stesso vescovo di Taranto Filippo Santoro. Un cambio epocale per l'unico sacerdote che aveva accusato spesso persino i suoi confratelli di aver accolto immigrati perché attratti dal denaro. E anche agli ospiti dei centri non aveva risparmiato accuse e insulti. Stupratori, assassini e nemici del cristianesimo: nei suoi post sul social network facebook don Luigi non ha mai utilizzato toni pacati, anzi. Profondamente vicino, come detto, all'estrema destra ionica fu al centro delle polemiche nell'aprile 2016 per la celebrazione di una messa in suffragio di Benito Mussolini. La celebrazione era in programma il 18 aprile, giorno nel quale si ricorda il discorso del 1934 in cui Mussolini inneggiò alle opere costruite in Italia. Un'iniziativa che campeggiava sui manifesti funebri in tutta la città di Taranto e organizzata da «i missini di terra ionica», nostalgici del Movimento sociale italiano, in ricordo del Duce e di Giovanni Gentile.
Una vicenda talmente clamorosa da costringere l'arcivescovo, monsignor Filippo Santoro, a intervenire: prima la Curia fece sapere che la messa era stata richiesta per «Benito e Giovanni» senza specificare i cognomi e quindi l'identità dei defunti; poi annunciò che la messa in suffragio sarebbe stata rimandata e celebrata in modo privato e senza tutta questa pubblicità.
La posizione ufficiale della Chiesa tarantina fu molto chiara: una messa in suffragio non si nega a nessuno, tanto meno ai peccatori. Ma siccome la questione aveva travalicato lo spirito cristiano e la messa rischiava di connotarsi solo di valori ideologici, si decise per il rinvio momentaneo.
Ma come ha fatto la cooperativa Giovanni Paolo II ad aggiudicarsi l'appalto in un settore di cui non aveva, per quanto noto, esperienza? Don Luigi Larizza, infatti, si è sempre occupato di recupero di tossicodipendenti: le sue comunità nel territorio tarantino non hanno mai avuto nulla a che fare con il fenomeno delle migrazioni e dell'accoglienza. Ora a don Luigi e ai soci della cooperativa, però, toccherà accogliere e gestire i servizi dopo aver sbaragliato i concorrenti.
Alla proposta del Comune, infatti, avevano risposto l'associazione «Salam Ong», la «MediHospes», la «Indaco Service» e un raggruppamento temporaneo di imprese composto dal consorzio «Aretè» e dal consorzio «Gruppo luoghi comuni». Tutte, a eccezione della Giovanni Paolo II, sono state escluse dalla commissione giudicatrice in fase di selezione. La cooperativa di don Luigi Larizza, quindi, è rimasta l'unica in gara e così la commissione guidata dal dirigente Francesca De Francesco ha chiuso la gara con l'aggiudicazione definitiva.
Una decisione destinata a sollevare un vespaio di polemiche, soprattutto tra le associazioni che si occupano da tempo di accoglienza. Sorprese di vedere ora questo appalto in mano a chi aveva sempre criticato questo sistema quale fonte di business a favore dell'invasione.
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