Ilva, la Fiom boccia i ricorsi
Landini: «Non si pensi di chiudere la fabbrica»

Ilva, la Fiom boccia i ricorsi Landini: «Non si pensi di chiudere la fabbrica»
di Alessio PIGNATELLI
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Giovedì 14 Dicembre 2017, 05:55 - Ultimo aggiornamento: 12:51
È possibile un’Ilva compatibile grazie agli interventi tecnologici e ambientali che devono avvenire al più presto. Ma la strada non può essere quella dei tribunali bensì quella del confronto sui tavoli negoziali faticosamente ottenuti. È il concetto che accomuna Cgil e Fiom, rappresentati ieri da Maurizio Landini e Francesca Re David in un confronto-dibattito aperto tenutosi a Taranto.
“Ilva: contrattazione difficile”: il titolo del convegno organizzato dalla Cgil sintetizzava così la complicatissima vertenza del siderurgico che miscela diversi protagonisti e, spesso, protagonismi. A coordinare i lavori è stato Giovanni D’Arcangelo della segreteria jonica mentre tra i relatori presenti c’erano il segretario regionale della Cgil, Pino Gesmundo, il segretario provinciale della Cgil, Paolo Peluso, il presidente di Legambiente Taranto, Lunetta Franco e Mimmo Nume presidente dell’Ordine dei Medici di Taranto. Assente il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci: a portare i saluti di Palazzo di Città è stato il consigliere delegato Emidio Albani.
«L’Italia è un consumatore di acciaio grazie a tante filiere che lo utilizzano - ha introdotto Peluso - Poiché siamo a Taranto, questa premessa non è sufficiente. Nonostante le prescrizioni Aia del 2012 e del 2014 abbiamo la rappresentazione plastica di un quartiere in ostaggio durante i wind days. Solo ponendo alcune condizioni possiamo ragionare sul rilancio produttivo. Non avremmo desiderato ricorsi al Tar ma dal tavolo non possono restare fuori gli enti locali, continuiamo a dirlo. Troppo spesso, però, diciamo le stesse cose ma da podi diversi».
 
Un monito a riequilibrare e condividere le scelte ripetuto anche da Gesmundo che ha rimarcato la necessità di «un’alleanza forte ma trasparente: gli enti locali devono svolgere la rappresentanza che spetta loro ma non possiamo scoprire dai giornali che si decide di assumere un altro percorso».
Seduti a pochi posti di distanza, Francesca Re David e Maurizio Landini. Rispettivamente leader della Fiom da qualche mese ed ex segretario storico delle tute blu per anni. Posizioni ovviamente molto simili sulla vicenda Ilva. Ha parlato prima Re David: «Siamo un sindacato e siamo costretti a fare i conti con la realtà materiale che abbiamo di fronte. Non siamo per la chiusura dell’Ilva: lo diciamo con trasparenza. Siamo il secondo paese produttore e consumatore di acciaio. L’industria si fa con l’acciaio. Pensiamo vada fatto con il minor impatto possibile e utilizzando le migliori pratiche in Europa. Non c’è un piano B: c’è una situazione determinata entro cui dobbiamo trattare. Poi non è detto che si raggiunga necessariamente un accordo».
E se tutto saltasse, la segretaria ha ammonito: «Rimarrebbe tutto così, non è che arrivano soldi per bonificare. Siamo stati noi a chiedere e pretendere un coinvolgimento degli enti locali. La loro denuncia è legittima ma non appropriata nei tempi. Bisogna discutere dei temi. Se c’è una legge regionale che dice di fare una valutazione del danno sanitario, si faccia».
Maurizio Landini, attualmente nella segreteria nazionale della Cgil, è stato il numero 1 della Fiom dal 2010 allo scorso luglio. Ha chiuso i lavori riverberando un messaggio: «C’è bisogno di mettere insieme idee, fare uno sforzo di ascoltare. I ricorsi sono inopportuni e vanno ritirati. C’è il tavolo di trattativa ed è quella la sede in cui trovare le soluzioni ai problemi che sono stati posti. In questa fase vogliamo essere chiari: non intendiamo cadere in polemiche o conflitti di altra natura. C’è bisogno di misurarsi per capire se dopo tanti anni troviamo una soluzione. Dico con altrettanta chiarezza: non pensiamo che si risolva il problema chiudendo l’Ilva. Da Crotone a Bagnoli abbiamo esperienze senza lavoro, soldi e con inquinamento».
Su eventuali modifiche al ciclo produttivo, Landini ha specificato che «se si parla di decarbonizzazione, gli unici che lo fanno sono nei paesi dove il gas arriva sotto l’impianto. Mittal è stata molto esplicita da questo punto di vista: ci sono le tecnologie ma ci devono essere le condizioni. Non escludiamo nulla ma bisogna vedere concretamente cosa si può realizzare».
Landini ha aperto alla possibilità di un accordo di programma frutto esclusivo del Tavolo per Taranto «sulle questioni ambientali in un percorso di verifica quotidiano». Dopo l’auspicio dell’ingresso di Cassa depositi e prestiti nella cordata Am InvestCo per una sorta di garanzia statale, il messaggio conclusivo: «La sfiducia e la diffidenza a Taranto ci sono. Il valore della vertenza Ilva ha un significato fondamentale per il Paese: vogliamo che tutti i passaggi siano fatti con trasparenza e rispetto».
 
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