Ilva, volano insulti e querele sull’accordo di programma

Ilva, volano insulti e querele sull’accordo di programma
di Alessio PIGNATELLI
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Domenica 14 Gennaio 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 11:14
Accuse, insulti e querele. Il caso è deflagrato in questi ultimi giorni e ha spaccato il fronte ambientalista tarantino. L’appoggio al ricorso degli enti locali contro il decreto del presidente del consiglio dei ministri che contiene il piano ambientale per la nuova Ilva e il successivo Accordo di programma proposto da Comune di Taranto e Regione Puglia hanno creato incomprensioni e divisioni. E anche alcuni strascichi giudiziari. 
Partiamo allora dalle origini per spiegare come si è creato un fronte variegato di associazioni e cittadini che sin dall’inizio hanno appoggiato l’azione amministrativa del sindaco Melucci. Era lo scorso mese di dicembre quando, in una riunione alla sede dell’Abfo, alcuni rappresentanti storici dell’universo ambientalista insieme a semplici cittadini incontrarono gli avvocati dello studio legale Sacconi. In quella sede si decise di appoggiare un atto amministrativo, ossia il famoso ricorso al Tar. «Un sostegno all’azione di Palazzo di Città al di là del partito che lo governa - precisa Luciano Manna, esponente dell’associazione Peacelink -. Avevamo preso questa posizione già da tempo assumendoci onori e oneri. Anche il rischio economico. Questo è stato visto da alcuni come un endorsement a una forza politica, in questo caso il Partito democratico. Un’associazione deve fare politica nel senso più nobile e rivendico il diritto di poter colloquiare con un tesserato del Pd. Rivendico altresì il diritto di appoggiare un atto amministrativo e di criticarne uno successivo, cioè l’Accordo di programma che in alcuni punti sconfessa quello stesso ricorso. La nostra è cittadinanza attiva e non può essere delegittimata così». 
Succede, infatti, che gli enti locali mantengono il ricorso nel merito e, qualche giorno dopo, presentano al governo una bozza di Accordo di programma che subisce delle critiche da diverse associazioni. Compreso da Peacelink e dal suo presidente, Alessandro Marescotti, che in un post su Facebook espone forti perplessità su alcuni punti del testo di Comune e Regione. E qui si scatena la polemica che degenererà. Michele Riondino, artista tarantino e da sempre in prima fila nella lotta ambientalista accanto al comitato dei cittadini e lavoratori Liberi e Pensanti, critica duramente Peacelink.
 
In un lungo commento così attacca: “Tra un po’ voi ambientalisti tornerete a tuonare contro chi vi ha comprati e comincerete a gridare tutta la vostra indignazione e tornerete ad accusare i soliti noti di dividere il fronte della lotta alla fabbrica. Come se con il vostro parteggiare per questo sindaco e questo governatore fosse stata una mossa intelligente. Nella sfavillante teoria del gioco di cui Alessandro (Marescotti) tanto si pavoneggia come può essere definito questo atteggiamento di Comune e Regione? Vi siete offerti ai doppiogiochisti e ora state facendo il gioco di chi lavora per l’incremento della produzione e non siete più né verdi né ambientalisti, siete diventati industrialisti e pretendete di averlo fatto in nome di tutti con la solita presunzione che vi contraddistingue”. L’accusa è così sintetizzabile: secondo Riondino il movimento ambientalista si è fatto sfruttare e strumentalizzare da Comune e Regione per poi essere in realtà abbandonato con la realizzazione dell’Accordo di programma. Quella discussione poi degraderà e, alla richiesta di Luciano Manna di interrompere certe allusioni (“Sostenere però che siamo stati comprati è diffamazione. Bada a ciò che dici sul social. La legge non ammette ignoranza, la maleducazione invece te la abboniamo noi”), i toni si accenderanno ancora di più. «Alcune espressioni utilizzate da Riondino sono state decisamente sopra le righe - prosegue Manna - dalla forte critica si è arrivati alla diffamazione. Tutti stimiamo Riondino per le sue doti artistiche, abbiamo condiviso anche un pezzo di strada. Fino al 2013 le telefonate con Marescotti erano quotidiane. Quel commento pubblico in cui dice che siamo stati comprati significa che abbiamo avuto un profitto economico da parte di politici. Ha amplificato una gogna mediatica. È diffamazione e ho già contattato i miei legali».
Una disputa social dove lo stesso Riondino ha voluto chiarire tramite suo profilo che “il signore in questione usa minacce, per altro molto deboli e che inevitabilmente qualificano l’uomo e l’attivista come semplicissimo hater, per aizzare odio nei miei confronti”. Pubblicando anche la chat che è poi degenerata al fine non solo di “dimostrare la mia buona fede e totale innocenza di fronte alle accuse di diffamazione e ingiuria ma semplicemente per dimostrare come gli ambientalisti tarantini ritengono di essere la manna scesa sul cielo di Taranto”. Una polemica che, secondo i tanti commenti, non giova a nessuno. Anzi, fa il gioco di chi continua a dire che non c’è unità. Una polemica virtuale destinata ad avere strascichi nella realtà dei tribunali. 
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