Melucci: «Dico addio alla corrente di Emiliano. Ora basta con liti e attacchi continui»

Melucci: «Dico addio alla corrente di Emiliano. Ora basta con liti e attacchi continui»
di Michele MONTEMURRO
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Giovedì 8 Marzo 2018, 12:44 - Ultimo aggiornamento: 16:13
«Quella di Fronte Democratico, per quel che mi riguarda, la reputo una stagione finita». È stato il primo sindaco d’Italia ad aderire alla corrente politica del governatore di Puglia Michele Emiliano e a distanza di 72 ore dal voto di domenica scorsa il tarantino Rinaldo Melucci prende clamorosamente le distanze da quello che si può già definire il suo ex compagno di “battaglia” contro le posizioni del governo nazionale sull’Ilva.

Sindaco Melucci, il Pd in Puglia perde il 5% rispetto alla media nazionale: Emiliano quante responsabilità ha su questo risultato, considerato che solo qui ha avuto un ruolo importante nella definizione delle candidature nei collegi plurinominali?

«Intanto in Puglia i dissidi interni al partito sono stati più ruvidi che altrove e questo ha pesato anche rispetto alla percezione che i cittadini hanno su un’amministrazione. Ho apprezzato le parole del riconfermato presidente del Lazio Zingaretti, secondo cui non si può pensare di fare sempre campagna elettorale contro qualcuno. Anche a livello romano sono stati commessi tanti errori, ma almeno per quanto mi riguarda la stagione delle “correnti” è finita, io stesso ora desidero ragionare nell’ambito di un’area riformista, che non significa compromettere i rapporti personali ma fare politica nuova, costruire il partito e ripartire da chi sta con i cittadini».

Sta prendendo le distanze da Emiliano?

«Assolutamente sì, ci sono state troppe fughe in avanti. Solo che fino ad oggi sono stato più in silenzio rispetto ad altri avendo un profilo più istituzionale». 

Dal punto di vista politico è lapalissiana la distanza tra lei ed Emiliano nei confronti del M5S: mentre lui insiste nel suggerire al partito di dialogare con Di Maio, a lei in Consiglio comunale a Taranto le chiedono di dimettersi. Quali sono le altre criticità che ha riscontrato?
 
«Partiamo da un dato. Io considero che oggi il partito esiste ancora e ha un segretario. Emiliano ha ragione quando dice che fisiologicamente il centrosinistra in passato ha avuto il voto dei cinquestelle, ma a livello locale ci sono distanze: per esempio non potrei seguire quella linea su Ilva. Anche sulla sanità sono abbastanza critico con il mio governatore, considerato che ha licenziato lui il Piano di riordino ospedaliero. Devo mettere al primo posto il territorio, non la “corrente” e su questo nelle ultime settimane ho meditato a lungo. Prima si diceva delle candidature nei plurinominali: io stesso ho appreso i nomi dai giornali. Un leader politico deve almeno condividere le scelte, invece noi siamo stati schiacciati dalla lunga notte dei coltelli romana e dall’agire solitario di Michele Emiliano che magari ci azzecca. Mi sono stancato di tutte le beghe e delle “correnti”».

Come legge l’adesione al Pd di Calenda, col quale soprattutto Emiliano ha avuto forti contrasti su Ilva e Tap? 

«Io ho mandato gli auguri a Calenda per il suo tesseramento, non mi sembra che Emiliano abbia fatto altrettanto. Non è una rottura, ma se il governatore dovesse rimanere su certe posizioni sarebbe difficile poter continuare a fare cose assieme; gli rinnovo il mio affetto, ma da oggi non mi sento più stretto da una “corrente”. Devo pensare a ricostruire il partito a livello jonico, non è possibile spararsi continuamente addosso e questo è il pensiero che nel Pd nutriamo un po’ tutti in Italia».

Non teme ora una ripercussione nella sua squadra tra assessori e dirigenti baresi che le sono stati suggeriti da Emiliano? Il suo vicesindaco Rocco De Franchi è stato nella giunta di Emiliano al Comune di Bari…

«Il vicesindaco De Franchi è “area Melucci”, non lo definirei più interno all’organigramma di Emiliano. I consiglieri comunali sono rappresentanti del territorio e l’altro assessore barese Di Paola non è un uomo di Emiliano, lo chiamai io perché già lo conoscevo. De Franchi, che ha avuto una traiettoria brillante, anche lui credo sia deluso da certe candidature».

Con l’elezione di cinque parlamentari del M5S in provincia di Taranto, le si sarebbe potuto chiedere se avrebbe voluto aprire la sua giunta ai cinquestelle, ma oramai è una domanda anacronistica…

«Assolutamente non ci penso proprio, non ho lo stesso modo di lavorare di Emiliano. I cinque stelle in Consiglio comunale hanno detto che ce ne dobbiamo andare a casa, non mi sembra che ci siano i presupposti».
 
E se Di Maio riuscisse a formare il governo?

«Siamo stati critici con un governo del nostro stesso colore politico quindi non mi spaventa farlo con altri. Semmai Taranto ha recuperato una sua caratura nazionale in pochi mesi e quindi sono gli altri che devono avere l’approccio al rispetto e preoccuparsi di confrontarsi con noi. Ci sono grandi temi sui quali conta poco il colore politico, ma devono avere a che fare con questo sindaco e posso così eliminare alibi per chiunque».

Il Pd sembra orientato alla frammentazione o alla scissione dopo le dimissioni annunciate da Renzi, secondo lei in Puglia da dove bisogna ripartire?

«Mi permetta di manifestare la mia soddisfazione per la performance di Lucio Lonoce nell’uninominale 10 perché, nello tsunami generale, ha portato a casa un risultato dignitoso. La socialdemocrazia europea non credo sia finita, ma andrebbe ripensata. Se il partito dovesse andare incontro alla scissione non avremo fretta a riposizionarci e valuteremmo con cautela perché i nostri sono orizzonti locali, legati al territorio e non rispetto a leader e “correnti”. Quella di Fronte Dem, per quel che mi riguarda, la reputo una stagione finita».
 
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