Raid per vendicare il familiare ucciso: scattano 2 condanne

Raid per vendicare il familiare ucciso: scattano 2 condanne
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Mercoledì 14 Febbraio 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 16:27
Avrebbero voluto vendicare il brutale omicidio di Francesco Galeandro. Colpendo il fratello del killer. Quel raid punitivo, però, era sfumato all’ultimo momento. Ma questo non li aveva salvati dalle manette.
Per quel raid, i due imputati hanno scelto di essere processati con il rito abbreviato, e sono stati condannati dal gup del tribunale di Taranto dottor Martino Rosati.
Sott’accusa figuravano Angelo e Alberto Galeandro, rispettivamente padre e figlio di 72 e 33 anni.
Nel giugno scorso erano finiti in cella con le contestazioni di concorso in tentato omicidio e detenzione e porto abusivo di arma. Le manette erano scattate in esecuzione del provvedimento restrittivo spiccato dal gip su richiesta del pubblico ministero Antonella De Luca.
Ieri, assistiti dagli avvocati Luigi Danucci e Gaetano De Marco, i due uomini sono stati condannati a tre anni e 8 mesi (Alberto Galeandro) e a 4 anni (Angelo Galeandro).
Il giudice ha riqualificato il reato originario in quello di minaccia a mano armata.
A suo tempo, l’operazione aveva rappresentato l’ennesimo capitolo della pericolosissima faida esplosa a Pulsano. Un dissidio tra gruppi rivali deflagrato nel luglio del 2016, quando sotto i colpi di un commando di mala cadde Francesco Galeandro, figlio e fratello dei due imputati.
Un delitto spietato che avrebbe innescato una catena di ritorsioni. Con i Galeandro per nulla disposti a lasciare fare alle forze dell’ordine. Eppure i carabinieri da tempo avevano fatto luce su quel delitto. Il mandante, i sicari e i fiancheggiatori, infatti, sono rinchiusi in cella. Questo, però, sembra non avere saziato la sete di vendetta dei familiari della vittima. Con l’anziano padre in prima fila. L’episodio che lo aveva portato in cella insieme con il figlio Alberto risale al 27 marzo scorso. Quel giorno i due avrebbero fatto irruzione nel cortile di un’impresa. L’obiettivo del raid era Alberto Mandrillo, fratello di Vito Nicola Mandrillo, indicato come uno degli esecutori materiali del delitto avvenuto alla periferia di Pulsano il 22 luglio di un anno fa. Secondo gli inquirenti, padre e figlio avrebbero meditato di vendicare la morte del familiare colpendo proprio il fratello del killer, seguendo una terribile rituale da “occhio per occhio dente per dente”. Quel giorno avrebbero puntato la pistola contro il malcapitato, ma all’ultimo momento l’agguato sarebbe sfumato. Un momento di esitazione avrebbe consentito alla vittima del raid di sfuggire a un destino che sembrava già scritto. Sarebbe riuscito a ripararsi dietro un muretto, mentre padre e figlio desistevano dalle loro intenzioni temendo l’arrivo dei carabinieri. I dettagli della spedizione punitiva erano stati ricostruiti grazie alla denuncia della vittima e alle immagini della videosorveglianza. Un cumulo di elementi che aveva convinto il magistrato a decretare le misure restrittive.
Così padre e figlio erano stati arrestati e condotti nel carcere di Largo Magli. Il loro arresto era giunto al termine di una catena di episodi di violenza che gli investigatori ritengono collegati all’omicidio alla periferia di Pulsano.
 
Con incursioni e attentati che avrebbero colpito direttamente o per vie trasversali soggetti riconducibili agli ambienti nei quali sarebbe stata decisa la morte di Francesco Galeandro.
Nel dettaglio, nell’inchiesta sul raid è stato fatto riferimento ad un paio di violenti pestaggi e a diversi attentati intimidatori, tutti avvenuti nel versante orientale della provincia.
Una sequenza di aggressioni che i militari ritengono indiscutibilmente connesse al desiderio di vendetta per l’omicidio di cui rimase vittima Francesco Galeandro.
Per la cronaca, per questo omicidio è già scattata una raffica di condanne, nell’ambito del procedimento definito dalla dottoressa Antonella De Luca.
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