Operazione Sophia: il comando della task force torna all’Italia

Operazione Sophia: il comando della task force torna all’Italia
di Francesca RANA
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Venerdì 15 Dicembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 12:02
Il nome di una bimba somala, nata su una nave tedesca e sbarcata a Taranto nel 2015 con 453 migranti, continua ad essere il simbolo di uno scopo, salvare vite umane, e di un compito importante nel Mediterraneo. Ieri mattina, alla stazione navale Mar Grande, la Spagna, a bordo di nave Cantabria, ha ceduto nuovamente all’Italia, dopo tre mesi e mezzo, il comando della task force di Operazione Sophia, la missione di Eunavfor Med prolungata fino al 31 dicembre 2018, attivata due anni fa contro il traffico di esseri umani e successivamente impegnata in formazione della Guardia Costiera libica e contrasto al traffico di armi. Inni di Unione Europea, Spagna ed Italia hanno preceduto il passaggio di consegne. La futura unità navale di bandiera, flaghip, sarà nave Etna, pronta a mollare gli ormeggi verso sud. Quando il rear admiral Javier Moreno assunse il ruolo di force commander il 31 agosto su Nave San Giusto, nelle dichiarazioni del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, emerse subito l’intreccio di finalità tra la missione europea e l’accordo bilaterale Italia/Libia. 
Il contrammiraglio, Giuseppe Berutti Bergotto, al suo secondo incarico in questa missione, sarà il nuovo force commander e cederà il testimone al contrammiraglio Alberto Maffeis appena tornerà in servizio. 
In virtù di ruolo strategico e posizione, l’operation commander unico, al vertice, è sempre stato l’ammiraglio di divisione, italiano Enrico Credendino, il più adatto a tracciare bilanci ed analizzare la situazione: «Nelle ultime settimane, c’è stato un netto calo di partenze ed arrivi di migranti dalle coste libiche. Il risultato l’abbiamo conseguito addestrando Guardia Costiera e Marina libiche, oggi molto più attive, grazie a quattro navi italiane donate. Combattono in maniera più efficace i traffici illeciti e salvano molte più vite umane. Il numero di morti in mare si è dimezzato grazie ai loro soccorsi nelle loro acque territoriali dove c’erano più morti».
 
Le capacità tecniche sono questioni pratiche, i diritti umani sono invece un percorso formativo culturale ed etico profondo e l’operation commander non si è sottratto ad una domanda su una questione chiave e delicata: «Chiaramente, noi abbiamo iniziato ad addestrare i libici da zero. Insieme a noi, ci sono i team di Unhcr, Oim, Croce Rossa. Le organizzazioni internazionali contribuiscono al training su diritti umani, diritto internazionale e questioni di genere». L’Italia ha sempre fornito una nave, mezzi aerei, prossimamente i droni e le basi logistiche di Taranto prima di tutto, ritenuta una “location” irrinunciabile, Augusta e Pantelleria. Nella Permanent Structured Cooperation (Pesco), in formalizzazione definitiva proprio ieri ed oggi all’Euro Summit a Bruxelles ed all’ultimo Consiglio Europeo di quest’anno, si stanno accordando 25 nazioni ed in Eunavfor Med sono addirittura 27. 
Conseguentemente, Operazione Sophia è stata, in effetti, una sorta di apripista di una Difesa Comune Europea: «Sicuramente, con la partecipazione di tutti i paesi membri (inclusa Malta, eccetto la Danimarca, assente in tutte le missioni navali militari, ndc) dimostra grande solidarietà. La marittima è la prima forza navale nel Mediterraneo, robusta, importante. Dall’inizio, hanno contribuito in maniera rilevante e tutti hanno voluto dare un contributo, un segnale di un cammino. Speriamo acceleri il più presto possibile». Nei prossimi giorni, si illustreranno le intese Eu/Nato e gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, ed ancora una volta, in mare, sono stati pionieri di un coordinamento, avviando la cooperazione con l’alleanza atlantica, in Mediterraneo, nella missione Sea Guardian.
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