TikTok, è l'ora dei "deinfluencer": antidoto social o calcolo di marketing?

Così si tenta di recuperare o forse mantenere i follower acquisiti

TikTok, è l'ora dei "deinfluencer": antidoto social o calcolo di marketing?
di Matteo Grandi
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 15 Marzo 2023, 12:47 - Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 07:38

Viviamo nell’era degli influencer.

Nuove star con potere di orientare, condizionare, indurre all’acquisto milioni di utenti in tutto il mondo. Una nuova era digitale in cui “people are media” e di conseguenza chi ha audience di rilievo da media si comporta. Non soltanto postando contenuti di valore, ma anche concedendosi più di una licenza in tema di pubblicità. Del resto, se l’influencer giusto “vende” il prodotto “giusto” al target “giusto” il gioco è quasi fatto. Prendiamo, per esempio, la fanbase di una qualsiasi beauty influencer: si tratta di follower non solo fidelizzati, ma anche affascinati dalla propria icona social della quale tendono a fidarsi ciecamente. Un rapporto di fiducia è alla base di operazioni di marketing da milioni e milioni di euro. È il motivo per il quale ormai praticamente tutti i brand scelgono i social e si affidano agli influencer per proporre e vendere i propri prodotti. Un business enorme in cui, però, il consumatore finale non è sempre del tutto consapevole e rispetto al quale l’utente medio ha pochi strumenti e soprattutto poca consapevolezza per difendersi. Insomma, sulla carta sembrerebbe un trend impossibile da frenare. Ma la rete ci ha insegnato che spesso, e quando meno te lo aspetti, succedono cose che possono sovvertire l’ordine costituito.

TENDENZE

Si inserisce più o meno in questo contesto la nuova, per certi aspetti imprevedibile, moda social del “deinfuencing”. Così, mentre brand e testimonial da centinaia di migliaia di follower pensavano di avere in mano, soprattutto su TikTok, il pallino del gioco e il timone della rotta rispetto all’orientamento degli utenti, ecco che d’un tratto bisogna fare i conti con il fenomeno del deinfluencing: una nuova coscienza dei consumatori online da cui è scaturito un movimento di monitoraggio e di critica della “merce” messa in vetrina dagli influencer.

I deinfluencer nascono così: autoproclamandosi il vero antidoto all’aggressivo marketing di TikTok. In pratica, gli anti-influencer si stanno specializzando in un trend alla rovescia: sconsigliare i prodotti da comprare o mettere in guardia da quelli che le star del social fanno passare come straordinari. Il tutto declinato in varie modalità. Si passa infatti dalle liste dei prodotti da non comprare agli inviti a non cedere alla tentazione del facile acquisto. Insomma, un ostacolo critico fra il consumatore finale e i contenuti sponsorizzati (più o meno dichiaratamente) da parte degli influencer più propensi alle televendite 3.0.

LA PERCEZIONE

 Un trend in qualche modo figlio di una tendenza rispetto alla quale gli esperti di marketing stavano mettendo in guardia già da un po’: l’appeal dei macro-influencer è in costante calo, in quanto percepiti come meno credibili. Discorso diverso per i micro-influencer di nicchia, i quali, proprio in virtù di una fanbase più contenuta ma estremamente fidelizzata e interessata alla specifica verticalità dei contenuti, vengono considerati ancora credibili. Il che non impedisce alle grandi aziende di continuare a investire fior di denaro sui “big” della rete, ma la tendenza e le derive che ne conseguono sono senza dubbio una spia evidente del percepito da parte degli utenti. E spiegano come gli equilibri e la fiducia si stiano lentamente ma inesorabilmente spostando. Eppure, la domanda sorge spontanea: chi sono davvero i deinfluencer? Tenetevi forte: sono influencer a loro volta. Solo che invece che monetizzare con i brand che sconsigliano, hanno deciso di rafforzare il proprio rapporto con la fanbase proponendosi come ultimi, sinceri, baluardi della consapevolezza. Insomma, più che una scelta etica sembra una scelta di convenienza: se in questo momento i follower chiedono sincerità, meglio perdere qualche contratto che qualche follower. È anche questa, a suo modo, una legge di mercato.

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