Difficoltà e importanza di una lingua in evoluzione

Difficoltà e importanza di una lingua in evoluzione
di Domenico LENZI
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Lunedì 20 Marzo 2023, 19:46

Alcuni giorni fa su Quotidiano di Puglia è apparsa la notizia, con nostro grande piacere, che il professor Rosario Coluccia è stato chiamato a dirigere la rivista “Studi di Grammatica Italiana” dell’Accademia della Crusca.Tra l’altro, nell’articolo si parla di “duttilità straordinaria di una delle lingue più belle del mondo” e della necessità di “cogliere l’uso flessibile dell’italiano”. Comunque, a nostro modesto avviso, è anche importante saper cogliere le necessità di cambiamento quando queste siano suggerite da difficoltà d’uso.

La lingua italiana è una delle più fedeli nel tradurre in segni scritti i suoi vari fonemi (suoni minimi percepibili in un linguaggio orale). Però analoga fedeltà non esiste in altre lingue. In quella inglese si pensi al suffisso "ough", che spesso viene letto af; per esempio, la parola "enough" (in italiano "abbastanza") si legge enaf. Situazioni di questo tipo rendono difficile la letto/scrittura della lingua inglese; e, nei paesi in cui questa è adottata, la pratica del dettato che da noi va raramente oltre la prima classe della scuola primaria continua fino alle scuole superiori.

Alla fine del secolo scorso ma attualmente la situazione non sembra sia mutata I.Y. e A.M.Liberman hanno scritto, in relazione al mondo anglo-americano, che "vari studi hanno stimato l'insuccesso nella lettura, attorno al 20-25% della popolazione scolastica() le opinioni sono divise sulle possibili cause e sui modi più idonei a risolverlo.
Ma è noto che il metodo più diffuso per avviare alla lettura dell'inglese è quello globale, che consiste nel considerare una parola aldilà della sua struttura alfabetica, come se fosse un segno unitario. Il guaio è che anche in Italia è stato adottato per molti anni lo stesso metodo; il che è assurdo, per il rapporto che c'è tra i nostri fonemi e la loro forma scritta. In seguito ci si è resi conto di questo errore, che però non è stato eliminato del tutto. E attualmente diversi insegnanti spesso parlano di metodo semiglobale, dimenticando che, in ogni lingua nazionale, la globalità nel leggere non è un mezzo, ma è un obiettivo, affinché la lettura possa svolgersi celermente, per meglio registrare mentalmente il significato di ciò che si legge.

Qui in Italia le difficoltà iniziali di lettura spesso riguardano casi di D.S.A. (Disturbi Specifici dell'Apprendimento: dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia). Questi, secondo alcuni sondaggi, nella nostra popolazione hanno un'incidenza di circa il 4%. Però noi potremmo cercare di attenuare il problema. Una delle cause di quei disturbi attualmente trascurata, forse perché spesso è transitoria è il difetto di lateralizzazione, che consiste nella incapacità di distinguere tra destra e sinistra. E non è un caso che alcuni bambini dislessici lamentino il fatto che le lettere ballino sul rigo. Ma, in realtà, è il loro sguardo che balla, indeciso sull'orientamento da prendere.

Certamente il lettore si chiederà che cosa c'entrino il professore Coluccia e l'Accademia della Crusca. Ma il fatto è che per i nostri bambini dislessici il problema potrebbe dipendere anche da quei pochi casi in cui nella nostra meravigliosa lingua non c'è corrispondenza tra forma orale e forma scritta. Perciò la Crusca potrebbe "perdonare" alcuni cambiamenti che risulterebbero provvidenziali. Si pensi al digramma "gn" nella parola "sogno". Nella forma orale di questa parola, del fonema g non c'è traccia, mentre si avverte il fonema n seguito da un altro fonema di fatto caduto in disuso nella sua forma scritta che un tempo si scriveva "j" (si pensi al mar Jonio") e che ora è stato sostituito da "i".

Attualmente, quel fonema in molte lingue viene tradotto graficamente con "y" (si pensi a "Yalta", "Yemen", "yard"). Perché non farlo anche noi? Così, invece di "sogno", "ragno", "cagna" potremmo scrivere "sonyo", "ranyo", "canya" . Analogo discorso si può fare per il digramma "gl" delle parole "soglia", "paglia", "gli", che si potrebbero scrivere "solya", "palya", "ly".

Ovviamente, conservando le scritture "gloria", "glicine", "glucosio" . Mentre "j" potrebbe essere usato come "g" dolce, conservando la scrittura "g" nella forma dura, superando così altre difficoltà iniziali di lettura. Per cui scriveremmo "jelo", "Jenova", "Jino", "jiro" e "jiacca, "jioco", "dijiuno" ; usando "g" nella forma dura, anche senza "h": "gallo", "gola", "pagerò", "segeria", "gianda", "Aligieri" (che forse ora mi destinerebbe all'inferno!), "giro"

Per noi adulti all'inizio ciò può risultare fastidioso, anche per la nostra tendenza a rimanere nelle nostre comode abitudini; così come gli Inglesi continuano a usare yard e miglia, rinunciando a usare metri e chilometri. Ma pochi aggiustamenti grafici potrebbero essere provvidenziali per chi si accosta per la prima volta alla letto/scrittura. In proposito il professor Coluccia a cui ho sottoposto la questione ha giustamente affermato che "Le proposte anche ragionevoli non diventano operative, se la maggioranza non le fa proprie". Ma in questo caso la stampa può svolgere un ruolo fondamentale. Da parte mia, a titolo di prova, nel seguito di questo articolo metterò subito in atto i miei suggerimenti.

Passando ad altro problema ma rimanendo in tema ricordiamo che con l'unificazione nazionale a opera dei Savoya si finì con l'assumere l'idioma fiorentino come lingua del renyo d'Italia; anche per effetto della fondamentale opera di Dante Aligieri. Non c'è dubbio che una lingua comune è un notevole collante; e, per la Comunità Europea, la sua mancanza è forse una delle rajioni per cui non siamo ancora jiunti a una vera unificazione. D'altro canto, l'adozione di un comune idioma non impone che ly stati dell'Unione Europea debbano rinunciare alle loro lingue nazionali, portatrici di bagaly culturali irrinunciabili. A conferma, la lingua partenopea, che fino all'avvento del renyo d'Italia fu una lingua nazionale, ha conservato intatte la sua vitalità e la sua funzionalità. Tuttavia, una lingua internazionale, da sentire come lingua propria, forse contribuirebbe ad attenuare dissidi e diffidenze. Non dimentichiamo che la Russia ha jiustificato l'invasione dell'Ucraina col pretesto di liberare popolazioni di lingua russa.

Ma come approdare a una lingua comune? In passato sono stati fatti moltissimi tentativi, tra i quali il più noto è quello dell'Esperanto, che però non ha attecchito.

Attualmente l'Inglese svolje un ruolo di lingua universale da cui non si può prescindere. Ma non si può prescindere nemmeno dalle difficoltà di cui si è parlato prima. Per l'Europa unita una soluzione potrebbe essere quella di assumere l'Inglese come lingua ufficiale; ma con ly opportuni cambiamenti nella grafia delle parole; magari dilazionati nel tempo, affinché siano automatizzati, ed eventualmente col contributo costruttivo di Renyo Unito e USA, che ne trarrebbero un indubbio jiovamento.

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