Attenzione all’anno del Bufalo. E non sarà certo per le doti leggendarie di questa creatura del calendario cinese, simbolo di resistenza, affidabilità, solidità e prosperità, se il 2021 del Dragone rischia di essere una minaccia per il resto del mondo. Dunque meglio trasformarlo in opportunità, avvertono gli esperti. Del resto, la pandemia si è risolta in una nuvola passeggera per l’economia del celeste impero. Il duro lockdown del 2020 ha solo sfiorato la resilienza degli utili delle società domestiche. E così mentre il Pil saliva del 2,3% (rispetto al -3,5% degli Usa e il -6,8% dell’Eurozona), l’unica economia in crescita tra le big spingeva l’indice MSCI China A Onshore del 40% lo scorso anno. Merito di una gestione “militare” della pandemia che ha permesso agli stimoli dati all’economia di arrivare in fretta al cuore del Pil. Una rianimazione accelerata e anticipata rispetto al resto del mondo che ha fruttato non poco in termini di chiarezza sulle prospettive di utili. Ecco perché i rituali delle celebrazioni del nuovo anno, che dovrebbero portare fortuna e prosperità nel 2021, cadono di fatto su un terreno fertile. La Cina ha superato per la prima volta 100 trilioni di yuan in termini di Pil (circa 14,7 trilioni di dollari). E farà anche molto di più nei prossimi anni, giura Dws. L’orizzonte, entro il 2030, è il sorpasso degli Usa in termini di Pil nominale. Intanto ha già superato l’Ue per produzione economica, con una quota del Pil globale arrivata al 18% subito dietro i primi in classifica, gli Stati Uniti, a quota 27%. Non solo. La sua quota di mercato delle esportazioni è salita al record del 14%, spiega Sean Taylor di Dws. L’ennesima prova della straordinaria flessibilità di una economia che ha risposto in un batter di ciglia alla richiesta globale di attrezzature mediche anti-Covid e dispositivi per lo smart working. E ancora: per la prima volta la Cina ha investito in ricerca più degli Stati Uniti.
IL PIANO AL 2025
Ora non resta che puntare tutto sul quattordicesimo piano quinquennale che entrerà in vigore a fine marzo. Spingere innovazione e tecnologie significa per il presidente Xi Jinping rafforzare la competitività della Cina e ridefinire il suo ruolo nel commercio mondiale. E allora il primo obiettivo è ancora l’espansione di digitalizzazione (ogni aumento dell’1% migliora la produttività dallo 0,3 allo 0,4%) e commercio elettronico. Seconda priorità, dare un taglio secco alla dipendenza dalle catene del valore straniere, soprattutto Usa, in settori strategici: dall’It alla robotica, dai semiconduttori all’aerospazio. In cinque anni la Cina dovrà passare dal 30% al 70% in termini di produzione interna dei chip per l’industria dei semiconduttori. E questo è solo un esempio: lo scopo è dare vita a nuovi campioni nazionali. Il terzo obiettivo è il primo impegno nella storia cinese alla lotta contro il cambiamento climatico: la promessa per il 2060 un’economia a zero emissioni. E se le energie rinnovabili non sono mai state così convenienti, la Cina ha già un ruolo dominante nella fornitura globale per fonti verdi e batterie. I produttori di turbine eoliche rappresentano il 26% della capacità mondiale. Sulle batterie agli ioni di litio si arriva al 78%, a fronte del 91% dei wafer di silicio per l’energia solare. Fa parte del piano anche il controllo delle strutture per la raffinazione dei minerali destinati all’energia pulita, come il cobalto e il litio. Una dote preziosa per diventare un elettro-Stato. Sono ben undici, però, a sentire gli esperti di Ubs, i trend che definiranno il Paese nell’anno del Bufalo. Meglio tenerli bene in conto per poterne beneficiare. Primo fra tutti il Pil. Secondo il Fmi salirà dell’8,1% nel 2021, ben più degli Stati Uniti (+5,1%), dell’area euro (+4,2%) e del Giappone (+3,1%). E chissà che non arriverà anche oltre, grazie al bonus vaccini, considerato il 9% ipotizzato da Schroders (con il balzo del 15-20% nel primo trimestre) e il più 10% preventivato da Aberdeen Standard Investments. Decimale più decimale meno, è già scritto che la grande Cina offrirà comunque anche il contributo maggiore alla crescita economica globale (oltre il 19% contro il 17,5% Usa). E visto che da quelle parti vanno sprecati ogni anno circa 35 milioni di tonnellate di cibo – abbastanza da sfamare fra 30 e 50 milioni di persone - la lotta allo spreco alimentare sarà un’altra delle missioni cruciali. «Per contenere lo spreco, ridurre l’inquinamento e tutelare l’approvvigionamento alimentare - spiega Ubs nel suo report - il governo introdurrà leggi ad hoc per limitare gli ordini al ristorante, proibire i video sui social media che incitano alle abbuffate e sanzionare gli avventori che al ristorante lasceranno troppi avanzi».