Alberto Pellai: «Disagio giovanile, adulti senza autorevolezza: basta smartphone e social»

Alberto Pellai: «Disagio giovanile, adulti senza autorevolezza: basta smartphone e social»
di Paola ANCORA
4 Minuti di Lettura
Sabato 18 Maggio 2024, 05:00

Medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva, ricercatore e scrittore italiano, Alberto Pellai firma un libro, il suo ultimo, che si intitola “Allenare alla vita” (Mondadori) e ha l’intento di consegnare ai genitori e al mondo adulto una visione critica dei falsi miti che negli ultimi 15 anni hanno reso l’educazione un territorio instabile e causa di fragilità nella crescita dei figli. Un manuale di grande attualità e utilità, a leggere le cronache dell’inchiesta su un presunto racket di prostituzione minorile a Bari.
 

Professor Pellai, alcune delle 16enni coinvolte in quell’indagine hanno spiegato di averlo fatto per avere un brivido, per trasgredire. Una fisiologica sbandata legata all’adolescenza oppure dietro queste dichiarazioni c’è anche dell’altro?
«Diciamo che adolescenza è un tempo di grande sensation seeking, ovvero di ricerca di sensazioni forti. In qualche caso, ci si butta magari su uno sport estremo, che in sé ha dei rischi, ma viene praticato con un allenatore, in un contesto educativo e formativo che mi consente di acquisire delle competenze che resteranno per la vita. Ma qui siamo su un altro territorio, perché la trasgressione è legata alla sessualità, che provoca sensazioni fortissime, è adultizzante. Dopo l’avvento dei social media, la pornografia e la sessualità sono oggi zone nelle quali non si trasgredisce più: abbiamo normalizzato qualsiasi cosa».

Cosa vuol dire?
«Se parliamo di pornografia, va ricordato che qualche anno fa era vietata ai minori di 18 anni, ora è accessibile in qualsiasi forma, a qualsiasi età e senza interventi limitativi da parte degli adulti. Qual è la zona di trasgressione quando hai 15-16 anni? Un tempo era il petting ed erano gli adulti a gestire il confine. Oggi si è andati incredibilmente oltre e il mondo adulto è diventato persino sfruttatore e manipolatore della sessualità dei ragazzi. Siamo davanti a un vuoto etico spaventoso». 
A quale trauma potrebbero andare incontro, prendendo coscienza di cosa si è consumato in questi mesi di festini e trasgressioni?
«La presa di coscienza è un percorso che dovranno affrontare ora che non si trovano più in quel gioco eccitante e remunerativo che credono di aver vissuto. Ed è un percorso che comincia proprio con l’impatto avuto con il mondo della giustizia: si renderanno conto delle conseguenze enormi che certe cose hanno sulla vita di tantissime persone, capiranno che la legge tutela e protegge ciò che a loro sembrava un gioco. Se tu sei un minore, non sai gestire questa dimensione della vita: qualsiasi persona adulta deve sentire il bisogno di proteggerti, non di sfruttarti. La traumatizzazione verrà affrontata anche in questa logica. Sono state intercettate dal mondo adulto che, davanti alla loro inesperienza, avrebbe dovuto proteggerle e invece ha mancato». 
C’è poi l’altra prospettiva, quella che riguarda proprio gli adulti, gli uomini - professionisti facoltosi, persone legate alla criminalità organizzata, padri di famiglia insospettabili - che hanno approfittato di queste ragazzine. È sempre avvenuto o c’è qualcosa, in questa vicenda, che attiene più strettamente all’epoca che viviamo?
«Prima questi comportamenti venivano forse immaginati, ma agiti molto meno.

C’erano dei confini etici, dei freni inibitori, al punto che questo genere di cose venivano fatte lontano, si pensi al turismo sessuale. Ora, con i social media, queste azioni vengono costantemente raccontate e normalizzate, con una perdita di sensibilità tale che la sessualità dei ragazzini non è più qualcosa da proteggere, ma da sfruttare. E ciò si verifica parallelamente al fatto di aver cancellato dalla sessualità la sua dimensione emotiva e relazionale, trasformandola in una palestra di eccitazione, in un motivo di guadagno economico dentro una dinamica di mercato. Si pensi a Onlyfans».

Professore come si rimedia? Non si può tornare indietro.
«E invece si deve. Nel libro “Allenare alla vita” è proprio questo invito che rivolgo al mondo adulto: serve una totale inversione di rotta. Gli adulti devono recuperare autorevolezza: nel mondo virtuale ne hanno solo gli influencer. I nostri figli vanno allontanati e tenuti fuori dal mondo del profitto facile, dove non ci sono regole di nessun tipo. Riportarli alla vita reale è la priorità».
Cosa devono fare, praticamente, i genitori?
«Mai lo smartphone prima della fine delle scuole medie inferiori, no ai social prima del 16 anni. Dobbiamo liberare le scuole dai telefonini, che hanno un potere magnetico sulla vulnerabilità dei più piccoli».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA