Senatore Casini, un tempo il termine geopolitica è stato associato al nazismo e detestato da molti studiosi. Lei invece ne rivendica l’importanza, soprattutto in chiave mediterranea.
«La Geopolitica è un'analisi dei rapporti tra un territorio, le sue problematiche geografiche e la politica degli Stati. Ed è importante avere un quadro geopolitico chiaro soprattutto del Mediterraneo, che ci riguarda da vicino. Perché da questa area e da questo mare, se troveremo la forza di risolvere i nostri problemi, potrebbero arrivare dei grossi vantaggi. In caso contrario ne saremo paradossalmente sommersi e travolti».
Quali sono a suo avviso i temi principali con cui l'Italia deve rapportarsi?
«In testa le implicazioni religiose, quelle commerciali, la lotta al terrorismo e le questioni energetiche. Il Mediterraneo è un crocevia di problemi che possono essere risolti se si affrontano alla radice con una strategia europea. Noi invece ci rendiamo conto del Mediterraneo solo per il fenomeno dell'immigrazione, che in realtà è il terminale di tutti questi fattori, in primis il processo di desertificazione dell'Africa che accentua la spinta all'immigrazione».
Immigrazione di cui lei sottolinea gli aspetti positivi spesso taciuti dalla politica...
«Sì, perché se costruiamo una strategia europea senza arrivare in ritardo su questo tema, potremmo trarne vari vantaggi, a partire da un riequilibrio demografico visto che viviamo uno squilibrio che con gli anni si accentuerà dal punto di vista economico, contributivo e di lavoro concreto. Se si pensa alla manodopera mancante anche in settori essenziali come la sanità».
A proposito di Mediterraneo, ha usato parole molto nette nei confronti di Israele e dei suoi rapporti con la Palestina. Parole che anche dalla sinistra, storicamente vicina alla causa palestinese, sono arrivate con molta fatica.
«Io mi definisco così: geneticamente amico di Israele, unica vera democrazia del Medioriente. E proprio perché amo Israele e sono preoccupato del suo futuro, avverso pienamente la politica di Benjamin Netanyahu, che sono convinto abbiamo la grande responsabilità di rischiare di portare Israele alla rovina. Il 7 ottobre Hamas ha compiuto un gesto degno dei nazisti ma già oggi il risultato di una reazione sproporzionata nei confronti dei palestinesi sta mettendo Israele sul banco degli imputati in tutto il mondo. In più Netanyahu, che non ha mai creduto all'idea dei due popoli due stati, ha bisogno che continui la guerra per evitare di fare i conti con le sue responsabilità».
Sempre in tema di conflitti recentemente ha preso posizione su Putin e la reazione di Salvini alla sua elezione. Ma ha detto che in Università non ne parla. Perché?
«Non a utilizzo mai l'Università per polemiche politiche anche se a volte il confine tra i ruoli è per forza di cose labile».
Di fatto la questione ucraina le sta a cuore. E non ha condiviso a pieno le parole del papa che parlavano di resa.
«Spesso le ho condivise e la mia devozione al papa come cristiano non è mai stata in discussione ma questo non mi esime dall'obbligo politico di assumermi laicamente le mie responsabilità, anche nei confronti dell'Ucraina».
Lei si dice convinto della necessità di un riequilibrio militare in Europa. Da cosa dovrebbe passare?
«Io credo che occorra un esercito europeo e una politica estera comune all’Unione. E questo ci porterebbe ad assumere responsabilità maggiori anche dal punto di vista militare».
Siamo in Puglia e in queste ore non si parla che del “caso Bari”, con la commissione propedeutica allo scioglimento del Comune nominata a tre mesi dalle elezioni. Che idea si è fatta?
«Mi sono fatto l'idea che un eccesso di polemica politica contrasti con l'esame obiettivo della situazione che si è creata. E i primi a sbagliare sono stati i parlamentari del centrodestra che, andando in processione dal ministro Piantedosi, da un lato lo hanno messo in difficoltà e dall'altro hanno dato l'idea di strumentalizzare dei fatti incresciosi capitati a Bari».
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