Giulia Innocenzi: «In "Food for profit" raccontiamo il laro oscuro della zootecnia»

Giulia Innocenzi: «In "Food for profit" raccontiamo il laro oscuro della zootecnia»
di Andrea CHIRONI
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Martedì 19 Marzo 2024, 16:59 - Ultimo aggiornamento: 17:07
Arriva in Puglia, primo appuntamento alle 21 di lunedì 18 marzo al cinema DB d'Essai di Lecce, "Food for Profit", il documentario-denuncia realizzato da Giulia Innocenzi e Pablo D'Ambrosi che indaga il lato oscuro dell'industria agro-alimentare e i suoi rapporti con i più alti livelli della politica. Con oltre 500 proiezioni in meno di un mese dalla sua uscita, è al primo posto in Italia per occupazione delle sale facendo leva unicamente sull'iniziativa di associazioni, sale indipendenti e realtà locali. La tappa leccese è solo la prima a cui seguirà un mini tour organizzato dall'associazione Animal Law Italia, che dal 3 al 7 aprile vedrà l'autrice Giulia Innocenzi presentare il film in varie località pugliesi: Andria, di nuovo Lecce, Racale, Valenzano, Bari, Cerignola, Trani, Acquaviva delle Fonti, Mola. Mentre il 24 e 27 aprile a Zollino.
«Siamo molto contenti di poter presentare il film in Puglia spiega Giulia Innocenzi perché questa regione è al centro degli interessi di diversi gruppi produttori di carne per fare allevamenti biologici, che comunque presentano a loro volta diverse criticità che ho mostrato in passate inchieste. La Puglia è una regione che sta aprendo le porte all'industria zootecnica quindi bisogna tenere alta la guardia, perché questo è un momento cruciale per capire che tipo di produzione vuole avere, se vuole puntare su agricoltura e allevamenti veramente verdi ed ecosostenibili, oppure se scegliere i grandi gruppi industriali della zootecnia».
Il vostro docufilm, anche se non è il primo a trattare queste tematiche, non ha un distributore ed è stato "bannato" dalle maggiori piattaforme on-demand. Giulia Innocenzi, come mai?
«Il problema è la politica. Case di distribuzione, produttori, piattaforme hanno paura delle conseguenze, anche legali. Nessuno era mai arrivato a filmare di nascosto degli europarlamentari. Noi invece abbiamo infiltrato un finto lobbista a Bruxelles e abbiamo mostrato come i grandi gruppi alimentari allungano le mani sui finanziamenti della Politica Agricola Comunitaria, facendo dirottare i soldi verso gli allevamenti intensivi. Alla fine la società di produzione ce la siamo dovuta fare da soli».
Maiali con sei zampe, bovini con due uteri, editing genetico, ai politici avete fatto proposte fantascientifiche.
«Già adesso gli animali vengono selezionati geneticamente per massimizzare i profitti e ridurre i tempi di commercializzazione dei prodotti. Polli che raggiungono il peso per la macellazione dopo 35 giorni, scrofe con più capezzoli per nutrire sempre più suinetti, vacche che producono più latte, noi ci siamo ispirati a queste realtà per inventarci progetti di sana pianta e vedere la reazione dei parlamentari e nessuno ci ha mandati a quel paese. Hanno detto che non hanno pregiudizi».
Made in Italy, benessere animale: quanto ci possiamo fidare delle etichette?
«Il 90% del tanto celebrato Made in Italy proviene da questi insalubri luoghi di tortura e sulle etichette il consumatore non ha nessuna possibilità di sapere se quello che sta mangiando proviene da questo tipo di allevamenti. Da anni abbiamo chiesto la presenza di informazioni per individuare l'origine delle carni ma l'industria degli allevamenti si è sempre messa di traverso. Se i consumatori sapessero che i prodotti provengono da quei capannoni-lager gli passerebbe la voglia di mangiarli».
Tra le prime reazioni al vostro documentario c'è stata quella di un politico pugliese, Paolo De Castro, ex-ministro dell'agricoltura e attuale eurodeputato, come stanno le cose?
«De Castro si è sentito offeso personalmente ma quello che abbiamo fatto è stato soltanto riportare le sue parole. Noi lo invitiamo a vedere Food for Profit insieme perché ci piacerebbe organizzare un dibattito con lui e con altre voci su quello che denunciamo nel film».
 
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