"Pasolinaccio", l'omaggio al poeta di Marinelli e Montanari

"Pasolinaccio", l'omaggio al poeta di Marinelli e Montanari
di Eraldo MARTUCCI
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Venerdì 15 Marzo 2024, 17:07

Sono passati 102 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922), e 49 dalla sua morte, anni che hanno visto la Storia accelerare a gran velocità e il mondo frammentarsi. Tanto eclettica quanto insistita, animata da una "disperata vitalità", l'opera di Pasolini possiede la particolarità di aver fatto trionfare insieme, in tutti gli ambiti della sua investigazione culturale (letteratura, poesia migliaia di versi -, cinema ventiquattro film -, teoria, critica, drammaturgia e musica), il sentimento e il pensiero critico. Un genio ribelle e controcorrente che viene raccontato in maniera personale nell'ultimo lavoro teatrale dei Premi Ubu Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, fondatori del Teatro delle Albe di Ravenna. "Pasolinacci e Pasolini - quattro movimenti di ascolto", questo il titolo dello spettacolo - a sottolinearne l'approccio sonoro incarnato nella parola scenica grazie alla musica dal vivo di Daniele Roccato - che sarà in scena oggi alle 20.45 ai Cantieri Teatrali Koreja di Lecce per la XXVII edizione di "Strade Maestre". Marco Martinelli ha anche tenuto in questi giorni un laboratorio teatrale, "Io sono noi", che vedrà la restituzione pubblica domani alle 19 sempre ai Koreja.
Martinelli, come è nata l'idea di questo spettacolo?
«Il nostro omaggio a Pasolini è nato due anni fa come pezzo radiofonico in occasione del centesimo anniversario della nascita, e fu trasmesso su Radio 3 proprio il giorno del "compleanno". La commissione è venuta da Laura Palmieri, giornalista Rai che ci conosce da sempre e sapeva del nostro legame con Pasolini. E ci ha chiesto di raccontarlo dal nostro punto di vista».
A quando risale il vostro "incontro" con Pasolini?
«Sin dall'adolescenza, prima ancora di iniziare a fare teatro, quando andavamo a vedere i suoi film, da "Accattone" a "Mamma Roma", dal "Vangelo secondo Matteo" a "Uccellacci e uccellini", con il cui titolo abbiamo "giocato" per quello del nostro lavoro».
Dalla radio al teatro: come è avvenuto questo passaggio e come si svolge il racconto?
«Direi in continuità, perché la sera della diretta non eravamo in studio ma in un altro posto con il pubblico che assisteva a questa lettura. E tutti ci chiesero di non farlo finire lì ma di portarla in giro perché, a loro dire, reggeva anche dal punto di vista teatrale. E così, insieme a Luca Pagliano che cura il disegno luci ed Ermanna che si occupa della scena, lo abbiamo fatto diventare una lettura - concerto. Io racconto il nostro Pasolini, Ermanna invece presta la sua voce al poemetto del 1964 "Una disperata vitalità", e Daniele Roccato con il contrabbasso cuce e intarsia le nostre parole spaziando con la sua musica e reinventando la tradizione, da Bach a "Bella Ciao"».
Ritorniamo al titolo parafrasato appunto da "Uccellacci e uccellini". Cosa rappresenta per voi questo film?
«Per noi il suo vero testamento non è "Salò", l'ultimo film sempre definito il "canto di morte" e "inferno terribile". Noi invece pensiamo che il suo vero messaggio sia presente in "Uccellacci e uccellini", film di una grazia lunare, capace sì di guardare il mondo nei suoi orrori ma anche di tenere viva una speranza. Succede negli ultimi fotogrammi quando il corvo virtuale, in cui Pasolini ironicamente si raffigura, afferma che le ideologie sono finite ma non gli ideali per i quali ha combattuto e che consegna a chi verrà dopo di lui. E lo dice, paradossalmente, prima di essere divorato da Totò a da Ninetto Davoli. E noi crediamo che sia questa l'unica parola di Pasolini che possiamo dire oggi, periodo in cui viviamo tutti i giorni un inferno che non è però senza uscita».
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